Uccisione di animali, la violazione di sigilli, falsi per soppressione, detenzione e commercio di sostanze alimentari nocive, adulterazione di sostanze alimentari, furto, ricettazione, diffusione di malattie infettive, omissioni d’ufficio, abusi d’ufficio ed altri reati sono contestati a ventisei indagati nell’ambito dell’operazione sulla macellazione clandestina. Sono iniziati stamane gli interrogatori e a essere sentiti per primi i due indagati ristretti nel carcere di Gazzi, Salvatore Borgia e Nicolino Gioitta, e sei di quelli ai domiciliari, Tindara e Carmelo Ferraro, Giacomo Agostino Ninone, Salvatore Artino Inferno ed i due veterinari Antonino Ravì Pinto e Fortunata Grasso. Il gip ha disposto il divieto di colloquio tra avvocati e assistiti fino al termine degli interrogatori, lunedì.
Gli interrogatori di garanzia delle persone coinvolte nell’indagine ‘Gamma Interferon” sulla macellazione clandestina dureranno fino a lunedì e sono appena cominciati: Fortunata Grasso, veterinaria messinese finita ai domiciliari, ha respinto le accuse in particolare nelle parti in cui le vengono contestate contiguità con allevatori che, invece, ha negato di conoscere. Ha anche raccontato al Gip Andrea La Spada le procedure ordinarie che sovraintendono all’esecuzione dei controlli negli allevamenti. Per tali procedimenti i veterinari del dipartimento di Sant’Agata sono finiti pesantemente sotto accusa, sospettati di aver occultato la presenza di focolai infettivi negli allevamenti, fatto sparire capi affetti da brucellosi e di aver favorito il traffico clandestino di carni attestando il falso con documentazioni necessarie al trasporto dei capi e infine con la produzione di certificati per il mantenimento della qualifica aziendale. Respingono le accuse anche Tindara Ferraro, Giacomo Agostino Ninone e Salvatore Artino Inferno. La Ferraro, compagna di Salvatore Borgia, ha illustrato al giudice le modalità di acquisizione dei suini, lasciati liberi prima del procedimento di tatuatura tra il sessantesimo ed il novantesimo giorno: secondo gli inquirenti una pratica che sarebbe invece stata adoperata fraudolentemente per celare la provenienza illecita dei capi di bestiame. Il macellaio di Mirto, Ninone, ha chiarito alcuni passaggi circa la sua attività dichiarandosi non parte del gruppo della commercializzazione della carne non controllata attraverso la sua macelleria.
Antonino Ravì Pinto, Salvatore Borgia e Nicolino Gioitta si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Ravì Pinto è il referente del dipartimento di sanità pubblica veterinaria dell’Asp di Sant’Agata finito ai domiciliari, Borgia e Gioitta sono indicati dagli investigatori come i leader dei due gruppi che gestivano i traffici illeciti di bestiame sui Nebrodi. Nei confronti di 26 degli indagati è contestata l’associazione a delinquere per reati quali l’uccisione di animali, la violazione di sigilli, falsi per soppressione, detenzione e commercio di sostanze alimentari nocive, adulterazione di sostanze alimentari, furto, ricettazione, diffusione di malattie infettive, omissioni d’ufficio, abusi d’ufficio, falsi in atti pubblici e truffe ai danni dell’Agea. Tutti gli avvocati difensori, cui il Gip ha posto il divieto di colloquio con i loro assistiti fino al termine dell’esecuzione degli interrogatori di garanzia, hanno già preannunciato il ricorso al Tribunale del Riesame contro l’ordinanza di applicazione delle misure cautelari.