Nicolò Clemente, 53 anni, imprenditore edile di Castelvetrano, in provincia di Trapani, è stato condannato a 15 anni di carcere per associazione mafiosa dal Tribunale di Marsala.
I giudici (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino) hanno escluso l’aggravante del “ruolo direttivo” in seno a Cosa Nostra, ma per l’imprenditore hanno disposto anche tre anni di libertà vigilata quando uscirà dal carcere e la confisca di beni, società e conti correnti. Per l’imputato, il pm della Dda di Palermo Alessia Sinatra aveva invocato 20 anni di reclusione.
LA VICENDA
Nel luglio 2018, Nicolò Clemente venne arrestato dagli uomini della direzione investigativa antimafia di Trapani. Furono, allora, sottoposte a sequestro preventivo anche due società edili a lui “riconducibili” (la “Calcestruzzi Castelvetrano srl” e la “Clemente Costruzioni srl”) ed eseguite diverse perquisizioni a presunti mafiosi di Castelvetrano.
L’operazione si inserì nell’ambito delle attività volte a colpire i mafiosi “vicini” al superlatitante Matteo Messina Denaro. Un’opera, si sottolineava nel comunicato della Dia, condotta anche “attraverso l’individuazione e l’eliminazione dal mercato delle imprese mafiose che costituiscono le principali fonti di approvvigionamento finanziario dell’organizzazione mafiosa castelvetranese“.
Le indagini sfociate nell’arresto di Clemente e nel sequestro delle due imprese scaturirono dalle dichiarazioni rese dal defunto collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Matteo Messina Denaro, e in misura minore anche dall’imprenditore Giuseppe Grigoli, entrambi condannati in via definitiva in quanto ritenuti appartenenti alla famiglia mafiosa di Castelvetrano. Meno di un anno fa, sempre la Dia gli ha sequestrato anche la società “Selinos”, nonché diversi terreni, fabbricati e depositi bancari il cui valore è stato stimato in circa sei milioni di euro.