Ora è inarrestabile. Il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, in carcere al 41 bis da 26 anni, torna a parlare in videoconferenza al processo ‘ndrangheta stragista in corso a Reggio Calabria.
Dopo tanti anni di silenzio, venerdì scorso, nell’interrogatorio da parte del pm Giuseppe Lombardo, Graviano aveva lanciato pesanti accuse contro l’ex premier Silvio Berlusconi, affermando di averlo visto quando era latitante, “a Milano almeno tre volte” (LEGGI QUI).
Oggi il faccia a faccia con l’ex pm Antonio Ingroia che rappresenta le parti civili, cioè i parenti dei due carabinieri uccisi dalla mafia. A fine udienza, la volta scorsa, Ingroia aveva detto: «In fondo ha pure ragione quando dice di non essere il “vero” responsabile delle stragi. I “veri” responsabili sono i mandanti, non gli organizzatori ed esecutori. Solo che lui ha pagato. Gli altri no. Anzi, se ne sono avvalsi».
“Io – dice oggi Graviano – sono stato arrestato per un progetto che è stato voluto da più persone. È dimostrato dal fatto che ogni giorno ricevevo visite, e non so se venivano registrato. C’erano carabinieri, poliziotti. E alla fine mi hanno detto: ‘Ora le accuseremo per tutte le stragi d’Italia, da qui non uscirà più. E poi ho ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare di Roma”, ha detto in videoconferenza.
Poi il nuovo affondo contro il leader di Forza Italia: “Avevo chiesto al mio compagno dell’ora d’aria, Umberto Adinolfi, di avvicinare persone vicine a Berlusconi per ricordargli il suo debito. C’erano soldi che mio nonno aveva consegnato a Silvio Berlusconi, all’inizio degli anni Settanta, si era stabilita la percentuale del 20% da allora in poi. C’era una scrittura privata che diceva di quell’investimento. Voglio ricordargli che sono ancora vivo, a differenza di mio cugino Salvo che nel frattempo è morto. E i patti vanno rispettati. Doveva rispettare un accordo che riguardava alcuni investimenti fatti con mio nonno”.
Adinolfi gli fece capire, come risulta dalle intercettazioni, di avere “un buon gancio”. Ma oggi Graviano chiede di non fare il suo nome. “Dottore, non mi faccia fare il nome, per cortesia”. E alla domanda del pm Lombardo che gli chiede se “già prima dell’aprile 2016 aveva provato a fare arrivare un messaggio all’ex premier Berlusconi”, Graviano replica: “Sì. A me interessava che venissero rispettati gli impegni presi con i creditori che avevano il 20% della società”.
Ribadisce anche, come già detto nella scorsa udienza, che esisteva una “scrittura privata” che avrebbe provato quegli affari tra Berlusconi con il nonno materno. Poi, spiega ancora che il nonno avrebbe “investito 20 miliardi di vecchie lire” con “un gruppo imprenditoriale di Milano” che avrebbe fatto capo proprio a Berlusconi.
“Non ho fatto le stragi, sono innocente. Ho una dignità, una serietà, non dico bugie”, ribadisce Graviano.
“BERLUSCONI HA TRADITO PURE DELL’UTRI”
“Silvio Berlusconi ha tradito anche Marcello Dell’Utri – ha aggiunto – Le leggi che ha fatto Berlusconi hanno danneggiato anche Dell’Utri, che è stato condannato. Le leggi approvate da Berlusconi hanno danneggiato anche tutti i detenuti al 41 bis”.
Tutte da interpretare le frasi di Graviano. Che voglia mandare dei messaggi è chiaro.
Pochi giorni fa aveva detto al pm Lombardo: “Vada a indagare sul mio arresto e sull’arresto di mio fratello Filippo e scoprirà i veri mandanti delle stragi, scoprirà chi ha ucciso il poliziotto Agostino e la moglie, scoprirà tante cose”. Oggi ha ribadito le “ombre” sul suo arresto, avvenuto a Milano il 27 gennaio 1994.
“PARLERÒ DI VIA D’AMELIO”
Graviano ribadisce al pm Giuseppe Lombardo di essere pronto a parlare anche di “altri argomenti, quando mi interrogherete in nuove occasioni”. Già nella scorsa udienza aveva detto di sapere delle circostanze sull’agenda rossa sparita di Paolo Borsellino ma anche sull’omicidio del poliziotto Nino Agostino.
“Porterò altra documentazione su via D’Amelio, porterò a tante malefatte che ancora sono nascoste”. E parlando al Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo dice: “Io non ho fiducia nei suoi colleghi che hanno fatto i processi”. E precisa: “Non collaborerò mai, mai accetterò un ricatto, possono venire quanto vogliono, possono mettermi in croce. Qualcuno non vuole la verità, ma una verità. Per fare carriera”.
IL MISTERO DEL FIGLIO CONCEPITO AL 41 BIS
Fra i misteri dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano ci sono anche i due figli, concepiti mentre i boss erano al 41 bis. Giuseppe Graviano nega la circostanza delle visite della moglie in carcere: “Mia moglie non è mai entrata in carcere, nella cesta della biancheria. Forse, parlavo di mio fratello, che venne messo nella mia stessa cella. Non posso raccontare come andò. Ho approfittato di un attimo di distrazione degli agenti del Gom“.
In una intercettazione Graviano diceva: “Io tremavo, lei era nella cesta delle robi”; ma lui smentisce: “A cosa interessa una cosa mia personale in questo processo? La politica non c’entra in questa situazione, questa intercettazione non risponde alla realtà. Non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio”.
PRONTO UN LIBRO SULLA MIA VITA, MI CHIAMANO “MADRE NATURA”
Il boss Giuseppe Graviano starebbe per pubblicare un libro sulla sua vita. Ad annunciarlo è lo stesso boss nel corso della videoconferenza nel processo sulla ‘ndrangheta stragista a Reggio Calabria. “Io penso che sia pronto, forse anche più di un libro”, dice. E il pm Lombardo gli legge una intercettazione in carcere del 2018 quando gli figlio Michele gli dice che la casa editrice sarebbe pronta a pubblicare il libro “ma con uno pseudonimo”. E il boss avrebbe detto “Madre Natura”, cioè il soprannome con cui lo hanno definito i pentiti di mafia. «Pure gli agenti in carcere mi chiamano con questo nome – dice lui – Io non lo sapevo. Ma poi che c’è di male? A Brusca lo chiamano il ‘porco’ e almeno a me mi chiamano ‘Madre Natura’».
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