di Gianfranco D’Anna –
I Padrini sono morti, la mafia no. Anche se Riina e Provenzano in apparenza non hanno lasciato eredi, a poco più di un mese dalla scomparsa dell’87enne capo dei capi di cosa nostra, i bilanci dei successi investigativi si intrecciano con i segnali di riorganizzazione delle cosche.
Ma a meno di svolte clamorose il trend della mafia che muore in carcere si intensificherà, lascia intravedere il procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Francesco Lo Voi, in un’intervista esclusiva all’agenzia ITALPRESS. Da oltre tre anni Procuratore Capo del capoluogo Siciliano, una lunga e prestigiosa carriera anche internazionale di magistrato in prima linea nelle inchieste e nei processi contro boss e gregari, Lo Voi evidenzia quali sono le prospettive della lotta contro cosa nostra nel 2018: “Negli ultimi anni – dice – il contrasto a ‘Cosa nostra’ è stato particolarmente intenso ed efficace, essendosi riusciti a ottenere numerose condanne per associazione mafiosa e reati collegati. Questo trend va proseguito ed incrementato con l’aggressione ai patrimoni illecitamente costituiti e l’individuazione dei canali finanziari di reinvestimento e riciclaggio. Su questo fronte – sottolinea il Procuratore Lo Voi – abbiamo interessanti spunti di indagine che confidiamo possano dare buoni risultati”.
In merito agli assetti delle cosche dopo la morte di Riina, commenta: “Come ho già dichiarato, sarebbe prematuro e velleitario fare previsioni. Le indagini in corso ci diranno quali saranno i nuovi assetti e quali adattamenti cosa nostra riterrà di apportare alla propria organizzazione che però, è bene ricordarlo, si basa su regole certe e finora sempre rispettate”.
Alla domanda se la chiusura della stagione dei padrini della generazione e della tradizione mafiosa del dopoguerra potrebbe avviare una nuova fase di collaborazioni con la giustizia o di dissociazione dei capimafia 50enni condannati al carcere a vita e se c’è la speranza di una nuova ondata di pentiti di spessore, risponde: “Cosa nostra ha subito colpi durissimi negli ultimi trent’anni, in particolare dopo la stagione delle stragi che ha fatto comprendere la follia di un progetto criminale di violenta contrapposizione allo Stato. Non escludo che il fallimento di quella strategia possa portare alcuni esponenti mafiosi di rilievo a rivedere le proprie posizioni e ad avviare un percorso di collaborazione. L’esperienza insegna che la forza e la costanza dell’azione repressiva facilitano le dissociazioni e le collaborazioni con la giustizia”.
Narcotraffico, riciclaggio, racket delle scommesse clandestine e del gioco d’azzardo, appalti: mutazione genetica o arretramento di cosa nostra rispetto alla ‘Ndrangheta? “Si tratta – spiega – di due aspetti in realtà diversi. Cosa nostra non ha ‘scelto’ di lasciare spazio alla ‘ndrangheta; e’ la ‘ndrangheta che ha occupato spazi che cosa nostra ha ‘dovuto’ lasciare per effetto dell’azione repressiva. Inoltre la mafia calabrese si è mostrata meno permeabile dalle indagini e dal fenomeno delle collaborazioni, e per questo ha guadagnato credibilità anche verso le altre organizzazioni internazionali. Peraltro, l’interesse recentemente registrato di ritornare ad occuparsi di settori criminali più remunerativi costituisce uno degli aspetti più preoccupanti della permanente vitalità di cosa nostra”.
Provvedimenti legislativi per l’ulteriore potenziamento delle indagini antimafia dei quali si avverte l’esigenza? “L’attuale quadro normativo italiano – risponde Lo Voi – è già sufficientemente adeguato per la prosecuzione dell’azione di contrasto alla mafia. Ciò che occorre è un impegno costante da parte di tutti gli attori del sistema e l’attribuzione di risorse proporzionate alla sfida, senza distrazioni o sottovalutazioni, a cominciare dalla politica, per evitare di ricadere nei tragici errori del passato”.
E sullo stato dei rapporti e delle collaborazioni internazionali per il contrasto delle connection mafiose con gli Stati Uniti e i paesi extraeuropei, a cominciare da Australia, Russia e Cina, commenta: “Il panorama della collaborazione internazionale e’ tuttora fatto di luci ed ombre. Con alcuni Paesi – tra cui gli Usa – la collaborazione e’ decisamente positiva. Con altri, anche all’interno dell’Unione Europea, meno. Ma il vero nodo irrisolto e’ costituito dalle possibilità che i nuovi mercati – anche digitalizzati e globalizzati – stanno offrendo a tutte le mafie, specialmente tramite i paesi offshore che offrono coperture finanziarie quasi impossibili da scoprire. Su questo aspetto occorre senza dubbio fare molto di più”.