E’ diventato definitivo, dopo che la Cassazione ha respinto il ricorso, il decreto di confisca dei beni dal valore complessivo stimato oltre 150 milioni di euro, emesso, dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo su richiesta della procura, nei confronti dell’imprenditore Andrea Impastato, nato a Cinisi e deceduto a 64 anni, nel 2022.
Le indagini sono state condotte dalla divisione anticrimine della questura di Palermo e hanno scoperto un impero economico formato da numerose imprese nel settore edile, in quello dei trasporti, dell’estrazione del materiale da cava, del turismo, e numerosi beni immobili. Beni per lo più affidati a prestanomi e fiduciari, reclutati nel suo nucleo familiare.
Andrea Impastato è figlio di Giacomo detto “u sinnacheddu“, esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi, insieme al defunto Tano Badalamenti, e il fratello di Luigi. Giacomo indiziato per mafia, fu ucciso, a 38 anni, a Palermo a colpi d’arma da fuoco in un agguato il 22 settembre 1981. Impastato è stato arrestato nel 2002 e nel 2005 è stato condannato dalla corte d’appello a 4 anni di reclusione con l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Nel 2008 è scattato il provvedimento di sequestro dei beni. Trai i beni nelle province di Palermo e Trapani, ci sono diverse abitazioni, una cava, beni agricoli tra cui numerosi appezzamenti di terreno, complessi industriali di oltre 50 mila metri quadrati, una grossa struttura alberghiera a San Vito Lo Capo e numerose società, attive nel settore turistico, commerciale, edilizio e dei trasporti, oltre a rapporti bancari e finanziari.