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Nel ramo delle malattie cardio vascolari una molecola, in particolare, si è distinta per innovazione e sicurezza: il Rivaroxaban. Questo è il primo anticoagulante disponibile che agisce come un inibitore diretto del fattore Xa. L’inibizione prodotta dalla molecola blocca la via comune della cascata della coagulazione, in tal modo viene osteggiata la formazione di trombina e conseguentemente lo sviluppo di trombi.
A parlarne a ilSicilia è il dott. Vincenzo Cirrincione, medico cardiologo che ha sperimentato in prima persona la molecola in questione: “Il rivaroxaban può essere utile nella fibrillazione atriale, ovvero per questioni di cortocircuito elettrico della parte superiore del cuore (l’atrio) che è come se stesse ferma, onde evitare la formazione di coaguli, si usa questo farmaco“, spiega il medico.
Il rivaroxaban ha determinato, durante lo studio originale nel 2011, una rivoluzione nel campo degli anticoagulanti utilizzati fino a quel momento, che richiedevano anche un grosso impegno da parte del paziente: “Eravamo abituati a usare un farmaco anticoagulante (inibitore della vitamina k) per 50 anni. Uno dei primi, infatti, ad essere trattato con questo anticoagulante “Varfarin” è stato il presidente USA Dwight Eisenhower. Dagli anni ’50 al 2013 quindi si è utilizzato questo tipo di farmaci che comportavano la necessità di un controllo settimanale del sangue per valutarne l’efficacia“, continua Cirrincione.
Dal 2013 la rivoluzione conseguente al rivaroxaban è stata drastica: non si necessita più di controlli assidui e non viene utilizzato unicamente in casi di fribrillazione atriale, ma anche per contrastare la trombosi venosa profonda: “La flebite ne è un esempio come anche l’embolia polmonare e in questi casi il farmaco ha avuto grande efficacia: la mortalità e la morbilità sono diminuite grazie all’impiego di questo principio attivo“, continua a spiegare il cardiologo.
Un altro aspetto del rivaroxaban è la possibilità di intervenire sui dosaggi nel contrastare anche altre patologie. Nel contrastare le malattie cardiache di grave entità come quelle sopracitate, quindi impiegato come anticoagulante, viene utilizzato un dosaggio variabile da 15 a 20 mg, mentre utilizzando un basso dosaggio (2,5 mg) è utile per la sindrome coronarica acuta, ad esempio, poiché la somministrazione del principio attivo riduce il rischio di un altro attacco di cuore o di morire a causa di una malattia correlata al cuore o ai vasi sanguigni: “Il farmaco è stato studiato a 20 mg, ma in un paziente con una situazione renale compromessa bisognerà ridurlo – aggiunge il medico – In uno studio, al quale ho partecipato, concluso nel 2017, che ha preso in considerazione circa 17 mila pazienti, si è studiato come in un dosaggio più basso pari a 2,5mg il rivaroxaban non ha più effetti di anticoagulante, ma, associato all’aspirina, può essere impiegato in pazienti con cardiopatia ischemica. In questi soggetti l’incidenza di problemi grossi o mortalità è inferiore al 42%“, conclude Cirrincione.