Buongiorno, miei cari lettori, Liberi Nobili, ci tengo tanto a ringraziarvi per tutti i consensi che ricevo, i messaggi, le conferme, le condivisioni. So di non utilizzare un linguaggio semplice e di scegliere argomenti che non sono fruibili da tutti e, anche se ancora siete pochi, siete in crescita e, di questo, vi ringrazio tantissimo! La mia rubrica esiste anche grazie a voi, veri Editori di Laura Valenti e, spero, possa crescere e acquisire una maggiore visibilità non per acritico eccesso di benevolenza nei miei confronti ma perché è un onore fare parte del tutto e contribuire, nel mio piccolo, a sollecitare l’evoluzione e il giusto approccio alla salute mentale, fisica e relazionale.
Oggi farò un breve accenno a tutti quei malesseri psicologici che portano l’individuo alla sensazione di impasse emotivo, con la conseguente paura di perdere il controllo della mente. A questi soggetti mi preme dire che si tratta di una prova evolutiva molto importante per cui vale la pena resistere, perseverare e vincere, grazie anche alla figura di un esperto del settore che non abbia solo un ascendente su quello specifico individuo ma che sia anche preparato cognitivamente ed emotivamente a farsi carico di una simile responsabilità.
C’è un solo modo per guarire da ogni male ed è sintetizzabile in un verbo che comprende tante diverse azioni: fare!
La prima cosa da fare è ascoltare i sintomi, parlarne con lo psicologo. Non bisogna solo raccontare le esperienze e i vissuti che sono impressi nella mente ma descrivere tutti i sintomi psico-fisici attraverso i quali si può arrivare a comprendere cosa e dove non funziona, quali messaggi il corpo invia e che parlano nitidamente e con pathos di quello che fa soffrire di più l’individuo. Il paziente ha una memoria emotiva che viene manifestata attraverso il dolore e il disagio che si avvertono in una determinata e non casuale parte del corpo. Ovviamente io mi occupo di analizzare e comprendere il perché, l’origine, il come fare per sbloccare la situazione ma i sintomi fisici vanno attenzionati, in parallelo, da un medico con una specifica specializzazione. Lo Psicologo è come un medico di base, ha e deve avere le competenze, le capacità, la sensibilità e i contatti per orientare e direzionare correttamente i pazienti, non soltanto emotivamente, dunque. Se mi manca un contatto, se non comprendo a quale medico inviare il paziente con dei sintomi che, secondo me, non vanno trascurati, chiamo uno dei colleghi medici di mia fiducia, descrivo il caso e mi faccio dare un nominativo adeguato. Tac: il paziente è soddisfatto, rassicurato e ben curato!
Come spiego, spesso, a coloro che hanno paura del proprio lato oscuro, fatto di ossessioni e compulsioni, di manie dalle quali non riescono a liberarsi, io tendo a spiegare alcuni concetti fondamentali, che se fanno propri, se riescono a interiorizzarli, li aiutano molto. Come ho detto, si tratta di un discorso evolutivo, voluto dall’alto, da un lato, e causato da noi e dall’ambiente in cui viviamo, dall’altro. Non bisogna soccombere alla “patologia” ma opporsi, resistere, imparare a gestirla e controllarla. Il mio compito è proprio quello di comprenderne il funzionamento e l’attivazione, in modo da suggerire il miglior percorso di guarigione o variazione armonica della personalità. Un sintomo, quindi, non va represso ma ascoltato, prima, ed educato, controllato, reso produttivo, dopo.
Ci sono tre passaggi importanti che ho individuato e che voglio condividere con voi, sperando di potervi aiutare anche se non siete miei pazienti e sono:
- Imporsi delle regole/divieti;
- Compensare il sintomo e questo è possibile dopo aver agito un lavoro psicoanalitico e neuroscientifico, anche grazie alle tecniche di disvelamento ipnotiche;
- Sublimare, trasformare in positivo, canalizzare le energie in circolo, rendere produttivo il sintomo.
Parto dal principio che la mente non vuole farci del male ma che è solo attraverso il dolore che possiamo evolvere. Nel caso in cui il soggetto è affetto da una dipendenza da cellulari e social network, per esempio, grazie alle tecniche di rilassamento WILDE SYSTEM il paziente ha ricordato un evento traumatico legato a questi oggetti e servizi di rete sociale e che ha a che fare con delle ferite relazionali inferte da coetanei. La soluzione è, quindi, da un lato, costruire relazioni stabili, sicure e intime, tagliare i rami secchi, fare pulizia vibrazionale.
Dall’altro, però, ho rilevato delle capacità inaudite riferite all’uso e alla comprensione delle applicazioni così gli ho suggerito di idearne una o di lavorare nel settore della telefonia o dei social. Penso a tanti geni della letteratura e della scienza che sono stati chiusi per ore nel loro laboratorio a creare utili e valori che sono rimasti eccellenti, irripetibili e diuturni di generazione in generazione. La domanda che mi faccio sempre è, cioè: e se la mente volesse a tutti i costi vivere un potenziale e noi stessimo lì a perdere tempo prezioso per capire come reprimere una necessità evolutiva piuttosto che come sublimarla e compensarla?