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Le denunce

Maltrattamenti e violenze nel carcere di Trapani, arrestati undici agenti penitenziari: quarantasei gli indagati

mercoledì 20 Novembre 2024
Carcere Pietro Cerulli

Venticinque poliziotti penitenziari, accusati a vario titolo e in concorso di tortura, abuso d’autorità contro detenuti del carcere Pietro Cerulli di Trapani, e falso ideologico, sono stati raggiunti da misure cautelari e interdittive: 11 arresti domiciliari e 14 sospensioni dal pubblico ufficio.

Emessi decreti di perquisizioni, per un totale di 46 indagati. Le indagini sono partite nel 2021. L’ordinanza del Gip di Trapani, su richiesta della Procura, è stata eseguita dal nucleo investigativo regionale della polizia penitenziaria di Palermo, con l’ausilio di alcuni reparti territoriali coordinati dal nucleo investigativo centrale.

Le indagini

L’indagine condotta dal nucleo investigativo regionale di Palermo, coordinato dal nucleo investigativo centrale, sono scattate dopo alcune denunce effettuate dai detenuti del penitenziario trapanese che avrebbero subito maltrattamenti in luoghi privi di telecamere, che una volta installate avrebbero registrato violenze reiterate da parte di agenti nei confronti di detenuti.

carcere Pietro Cerulli

Secondo le indagini, nel carcere Pietro Cerulli Trapani non venivano perpetrate solo violenze fisiche ma risulterebbero anche false relazioni di servizio, artatamente utilizzate per calunniare i detenuti e coprire gli abusi. “Un conto è l’uso legittimo della forza, un altro è la violenza sproporzionata e il disprezzo verso chi è già in una condizione di estrema debolezza”, ha detto il comandante del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria. Il procuratore ha fatto emergere che circa “un quarto\un quinto degli agenti, circa 55 agenti, è coinvolto nell’indagine” e che grazie alla collaborazione della direzione del carcere e la restante parte sana dell’amministrazione penitenziaria sono state installate le telecamere nascoste che hanno documentato tutti gli abusi e le violenze che avvenivano nel reparto”.

Alcuni agenti di polizia penitenziaria sono coinvolti sotto il profilo omissivo. “Erano presenti non solo non sono intervenuti né li hanno neanche denunciati, quindi il problema si è allargato a macchia d’olio”, ha aggiunto.

I detenuti ritenuti “problematici” venivano portati nella palazzina blu in isolamento dove, per regolamento, non potevano esserci le telecamere. Qui sarebbero avvenute le percosse e le aggressioni che i pm di contestano a decine di agenti penitenziari di Trapani indagati. I carcerati venivano derisi, insultati e picchiati. Per lo più si trattava di carcerati con la semi infermità mentale. Sono state ricostruite 14 aggressioni ma secondo l’accusa gli episodi sarebbero di più. Il “sistema” di punizioni è torture si è interrotto perché nel 2023 la palazzina è stata dichiarata fatiscente e chiusa.

L’hanno portato nell’ufficio dell’isolamento e davanti ad una decina di agenti penitenziari, l’hanno prima denudato e poi schernito per le dimensioni dei genitali. Poi gli hanno fatto percorrere il corridoio della sezione completamente nudo. E’ una delle accuse che la Procura di Trapani fa a un gruppo di agenti penitenziari del carcere cittadino a cui viene contestato il reato di tortura. La vittima in questo caso era un detenuto marocchino a cui- si legge nel decreto di perquisizione che parla di trattamento inumano e degradante- “è stato causato un verificabile trauma psichico”.

Gli agenti penitenziari arrestati

Questi i nomi dei poliziotti penitenziari arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul carcere di Trapani:

Sono agli arresti domiciliari Filippo Guaiana, 40 anni di Trapani, Antonio Mazzara, 60 anni di Trapani, Filippo Bucaria, 54 anni di Paceco, Claudio Angileri, 58 anni di Marsala, Claudio Di Dia, 56 anni di Trapani, Andrea Motugno, 36 anni di Napoli, Francesco Pantaleo, 35 anni di Marsala, Salvatore Todaro, 44 di Erice, Stefano Candito, 55 anni di Erice, Roberto Passalacqua, 48 anni di Erice, Antonino Fazio, 29 anni di Erice.

Sono stati sospesi dalla polizia penitenziaria, Massimo Anzelmo, 43 anni di Erice, Paola Patrizia Basiricò, 50 anni di Erice, Salvatore Curatolo, 54 anni di Trapani, Angelo Drago, 60 anni di Trapani, Antonino Ficara, 58 anni di Trapani, Alessandro Iabichella, 52 anni di Trapani, Francesco Marrone, 56 anni nato in Germania, Giuseppe Martines, 40 anni di Erice, Guglielmo Montalto, 56 anni di Trapani, Andrea Pisciotta, 47 anni, a Trapani, Giuseppe Francesco Prestifilippo, 55 anni di Trapani, Nicolò Rondello, 56 anni di Erice, Salvatore Schifano, 58 anni di Trapani, Pasquale Tartamella, 58 anni di Trapani.

 

IL COMMENTO DI UILPA 

Apprendiamo con sgomento di un’indagine nei confronti di numerosi appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di Trapani. Nutriamo incondizionata fiducia negli inquirenti e nella magistratura e auspichiamo che si faccia al più presto piena luce sull’accaduto. Valga per tutti, però, la presunzione d’innocenza, nella speranza che gli indagati possano dimostrare la correttezza del loro operato“. Lo dice Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria.

Sono ormai decine le indagini, pressoché in tutta Italia, a carico di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria – aggiunge – e centinaia gli agenti indagati, sospesi dal servizio e talvolta condannati. Ovviamente, chi sbaglia deve essere individuato e perseguito, ma se a farlo, anche solo in via presuntiva, sono centinaia, diventa evidente la patogenicità del sistema che non solo non protegge, ma evidentemente favorisce e addirittura induce all’errore. Non si può parlare di mele marce, ma è la cesta marcia che fa imputridire ciò che contiene“.

La crisi penitenziaria – conclude – perdura da troppo tempo ed è ormai giunta al limite del baratro più totale. Non solo il sovraffollamento detentivo, sono oltre 15mila i detenuti oltre la capienza, le carenze organiche, alla Polizia penitenziaria mancano più di 18mila unità, ma anche le deficienze organizzative e negli equipaggiamenti, così come la sostanziale assenza di un vertice. Ci chiediamo se ci sia concretamente e, in tal caso, di cosa si occupi il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il quale incidentalmente sarebbe anche il capo del Corpo di polizia penitenziaria. Urgono misure tangibili, la Polizia penitenziaria è stremata nelle forze, mortificata nell’orgoglio e persino impaurita nello svolgere il proprio lavoro. Dall’inizio dell’anno sono oltre 3mila le aggressioni che ha subito. Chi detiene le responsabilità politiche e amministrative intervenga tangibilmente, altrimenti si faccia da parte. In qualche caso, siamo certi, operatori e detenuti neppure se ne accorgeranno“.

IL COMMENTO DEL SAPPE

“Trovo ingiusto e ingiustificato il clamore mediatico su episodi che sarebbero avvenuti all’interno della casa circondariale di Trapani e sui quali sta indagando la magistratura: i processi si devono fare nelle aule di giustizia e non sui giornali”. Lo dice il segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria, Donato Capece, commentando l’ordinanza nei confronti di 25 poliziotti penitenziari in servizio presso la casa circondariale di Trapani. Capece esprime “sorpresa e amarezza” e, spiega, “la presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra carta costituzionale così come il carattere personale della responsabilità penale e quindi credo si debbano evitare illazioni e gogne mediatiche. Confidiamo nella magistratura perché la polizia penitenziaria, a Trapani come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere, a anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale – ma ancora sconosciuto – lavoro svolto quotidianamente con professionalità, abnegazione e umanità. Parecchi poliziotti penitenziari, negli ultimi anni, sono finiti in cella con quella terribile accusa. Ma sono finiti in cella sempre in custodia cautelare e mai a seguito di una condanna definitiva al carcere”. Per il Sappe, “accade spesso, purtroppo, che in casi di grande risonanza mediatica, gli opinion makers e parte della stampa non si limitano a raccontare i fatti, ma alimentano una vera e propria campagna contro la polizia penitenziaria. Anche se le accuse, per quanto gravi, sono ancora al vaglio della magistratura, ciò non impedisce a politici e media di evocare immagini di violenze sistemiche e abusi impuniti, puntando il dito contro gli agenti molto prima che i processi abbiano chiarito le loro responsabilità”, conclude Capece

IL CODACONS ANNUNCIA LA COSTITUZIONE DI PARTE OFFESA

Il Codacons ha annunciato la propria costituzione di parte offesa nell’ambito del procedimento giudiziario. L’avvocato Danilo Frattagli, presidente provinciale del Codacons di Trapani, ha ricevuto mandato dall’associazione di procedere formalmente per la costituzione di parte offesa, al fine di tutelare i diritti dei detenuti che hanno subito maltrattamenti.

Secondo quanto riportato, 25 poliziotti penitenziari sarebbero accusati a vario titolo di reati quali tortura, abuso d’autorità contro i detenuti e falso ideologico. Le accuse, che vedono un totale di 46 indagati, sarebbero state confermate dalle riprese effettuate in seguito all’installazione di telecamere in aree precedentemente non sorvegliate.

Il Codacons rende noto sin d’ora la propria disponibilità ad assistere tutte le vittime di questi presunti abusi, garantendo loro supporto legale e tutela dei diritti. “Se confermate, tali condotte configurano una grave violazione delle norme che sorreggono le funzioni pubbliche a cui devono sottostare gli agenti che dovrebbero tutelare la dignità e i diritti di ogni individuo, anche di chi si trova in stato di detenzione. Per questo motivo – conclude il Codacons – chiediamo che i responsabili vengano destituiti dal servizio e perseguiti con la massima severità prevista dalla legge“.

 

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