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L'approfondimento

Marco Salerno (Articolo 9): “50 anni di beni culturali in Sicilia, proposte per i prossimi 50 anni”

mercoledì 12 Novembre 2025

“Pur riconoscendo particolarmente critica l’attuale condizione del sistema di tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale ed ambientale della nostra Isola, si avanzano, in estrema sintesi, alcune considerazioni che potrebbero in breve tempo consentire una più agevole conduzione dell’intero apparato amministrativo e tecnico dell’Amministrazione regionale dei beni culturali”. A sottolinearlo è Marco Salerno, già direttore generale dei Dipartimento Beni culturali della Regione Siciliana, oggi esponente dell’associazione “Articolo 9”, che raggruppa studiosi e intellettuali accomunati dalla volontà di salvaguardare, tutelare e valorizzare il patrimonio culturale.

“Occorre innanzitutto – sottolinea Salerno – che nell’ambito del piano assunzionale regionale, si trovi spazio per almeno un centinaio di dirigenti tra tecnici (in maggior parte, archeologi, storici dell’arte, bibliotecari) ed un congruo numero di amministrativi, reclutati attraverso la formula del “corso – concorso” al fine di professionalizzare, in maniera specifica e per almeno un anno, le diverse qualifiche occorrenti. Occorre dotare musei, gallerie, e biblioteche di un bilancio autonomo per consentire una gestione più efficiente delle loro azioni di tutela e valorizzazione. È necessario ripristinare un più stretto rapporto con il mondo universitario per contribuire alla ricerca e agli studi deli beni culturali, sviluppando azioni d’informazione anche nelle scuole”.

“Sembra opportuno – prosegue Marco Salerno – un utilizzo più diffuso degli accordi di collaborazione con le amministrazioni locali (art 112 codice beni culturali) per collegare con queste le linee d’intervento finalizzate al restauro e alla valorizzazione del patrimonio culturale posseduto, mediante convenzioni da monitorare periodicamente. Incentivare il rapporto pubblico privato nell’ambito della valorizzazione del patrimonio culturale come proposto dall‘art 151 del codice dei contratti e regolato con il decreto del ministero della cultura n. 79 del 29 luglio 2025 (anche in tema di sponsorizzazioni culturali). Necessario anche incrementare la pubblicizzazione delle opportunità offerte dall’Art bonus, strumento di agevolazione fiscale per chi effettua erogazioni liberali a favore del patrimonio culturale. Occorre effettuare un coordinamento dei programmi gestiti dalle diverse realtà territoriali (Comuni, consorzi comuni, città metropolitane, Gal, distretti turistici) che si occupano a vario titolo di interventi in favore dei beniculturali, per razionalizzare le loro azioni evitando duplicazioni e ottimizzando i risultati”.

“Serve poi predisporre frequenti campagne di manutenzione del patrimonio culturale evitando così di dover effettuare continui e successivi interventi di restauro sugli stessi edifici ed aree archeologiche. Le misure proposte potranno offrire nuova vitalità alle azioni a difesa della  valorizzazione del patrimonio culturale siciliano, se il Governo della Regione convintamente ne individui la priorità per lo sviluppo della nostra Isola”, aggiunge Salerno.

 

Di seguito un articolato ragionamento di Marco Salerno su 50 anni di Beni Culturali in Sicilia

 

“Quando nel 1975, esattamente cinquant’anni addietro, con i decreti del Presidente della Repubblica nn.635 e 637, furono rese esercitabili in Sicilia le competenze esclusive in materia di “accademie, biblioteche, musei, gallerie, tutela del paesaggio e delle cose artistiche e storiche” previste dall’art.14 dello Statuto della Regione siciliana, (fino ad allora esercitate dalla Direzione Generale Accademie e Biblioteche del Ministero della Pubblica Istruzione), l’Amministrazione statale contava nell’intero territorio dell’Isola meno di un centinaio diunità di personale addetto.

Furono invece escluse dal trasferimento di competenze, le materie relative agli Archivi di Stato in quanto dipendenti, in quel momento, dal Ministero degli Interni. Una completa ed interessante ricostruzione dell’iter approvativo dei decreti presidenzialiè rintracciabile tra le pagine della rivista dell’Assemblea Regionale Siciliana “Cronache parlamentari siciliane” (anno XV nn.7-8 luglio agosto 1975, pag. 488).

Con l’approvazione dei richiamati decreti presidenziali, frutto anche dello straordinario impegno di un visionario dirigente regionale, Alberto Bombace e con l’avallo del pentapartito che governava in quegli anni la Sicilia, si avviò uno straordinario dibattito culturale e politico tendente da un lato a dare corpo a nuove declinazioni del concetto di “ tutela del paesaggio e del Patrimonio storico artistico della Nazione” come previsto dalla Carta costituzionale e dall’altro a predisporre  nuove iniziative legislative per l’autonoma costruzione di strumenti di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale siciliano.

Al riguardo va ricordato il grande “Incontro dibattito” svoltosi presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo nel marzo del 1976 con la partecipazione dei massimi studiosi del settore (i professori Bonacasa, Caronia, Calvesi, Tusa, Carapezza, Pasqualino, Buttitta, Rigoli, Figurelli, De Miro, Rizza, Pelagatti, Voza, Collura, Bellafiore, Monaco, Agnesi, Paolini, Carta, Gulì, La Cecla, Manni, Caronia, Alaimo, Mazzamuto  per ricordarne solo alcuni) che, sulla scorta delle “Ottantaquattro Dichiarazioni”, proposte dalla Commissione nazionale d’indagine per la tutela e valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e delpaesaggio (Commissione Franceschini – Papaldo, 1964/1967), ha offerto al legislatore regionale le principali linee culturali per la emanazione delle leggi fondamentali di settore.

L’ampio dibattito che coinvolse così la politica, l’intero mondo culturale, le autorità ecclesiastiche, il terzo settore, ha generato cinque disegni di legge presentati dalle diverse forze parlamentari che sedevano all’ Assemblea Regionale Siciliana, proposte poi confluite, dopo la riunione in tre ipotesi di legge, nell’approvazione delle norme fondamentali per il settore culturale in Sicilia.

IL Governo nazionale frattanto aveva deliberato la nascita del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali con un apposito decreto legge del 1974, spinto oltre che a seguito delle iniziative di alcune associazioni culturali, anche per cercare di offrire una articolata risposta ai catastrofici eventi avvenuti a causa dell’alluvione di Firenze del 1966 che tanti tesori culturali aveva distrutto e che poneva numerosi interrogativi sullo stato attuale del patrimonio culturale nazionale.

È opportuno ricordare, in questa sede, che la prima delle “Dichiarazioni”, proposte dalla richiamata Commissione Franceschini Papaldocontiene, per la prima volta, la definizione di “bene culturale”da applicare – affermava la “dichiarazione”, a tutto ciò che ”costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà” (La definizione sembra però esser stata coniata in origine dall’associazione Italia Nostra).

Vennero promulgate così in Sicilia, la legge 1 giugno 1977, n.80 recante “Norme per la tutela, la valorizzazione e l’uso sociale dei beni culturali” che ha disegnato la nuova struttura amministrativa che avrebbe curato i beni culturali siciliani e la legge 7 novembre 1980,n.116 che ha invece dettato disposizioni sul personale e sul funzionamento dell’Amministrazione regionale dei beni culturali”.

Il primo Direttore Regionale del neonato Dipartimento dei Beni culturali e dell’educazione permanente dell’Assessorato Regionale fu proprio il Bombaceche aveva curato da parte siciliana la redazione dei citati decreti attuativi delle competenze in materia e che dirigerà quel dipartimento fino al 1992 quando verrà assegnato al Dipartimento regionale Enti locali.

Per un approfondimento sulla figura dell’uomo e del dirigente Bombace si confronti l’opuscolo di Menena, “Il Dottore Alberto”, custodito presso la Biblioteca Centrale della Regione siciliana, a lui peraltro intitolata.

Soprintendenze, Musei, Gallerie, Aree archeologiche, Biblioteche divennero così regionali e si diede avvio ad una straordinaria campagna di reclutamento del personale attraverso numerosi concorsi e con la collaborazione degli istituti universitari si è provveduto a formare una classe dirigente particolarmente specializzata negli interventi di tutela, restauro, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale.

Va ricordato che il personale statale in servizio in posizione di “comando” in Sicilia all’atto del trasferimento delle competenze venne poi definitivamente trasferito nell’organico regionale nel 1985. Programmi, strumenti, linee operative, nuovi organismi, implementarono così la struttura regionale, con scelte che da un lato confermarono, regionalizzandole, le preesistenti istituzioni statali in Sicilia e dall’altro innovarono il sistema, con soluzionioriginali che furono poi replicate dallo stesso Ministero dei Beni Culturali (come la istituzione della così detta “Soprintendenza unica”, organismo tecnico scientifico con compiti di tutela valorizzazione e coordinamento di sezioni tecnico scientifiche negli ambiti provinciali), Ministero con il quale non vennero mai meno i rapporti tecnici anche attraverso appositi accordi e convenzioni. Vanno ricordate, in particolare, le convenzioni sottoscritte, tra il 1984 e 1986 con l’Istituto Centrale per il Restauro dei Beni Culturali, con l’Istituto Centrale per Il Catalogo Unico, con l’Istituto Centrale per la patologia del libro, organismi tecnici del Ministero dei Beni culturali.

Anche l’istituzione di apposite sezioni tecnico scientifiche per i beni naturali e naturalistici e per i beni etnoantropologici presso le Soprintendenze costituì una novità nel panorama delle tutele dei beni culturali, riconoscendone il valore al pari degli altri settori disciplinari

In breve tempo fu costruito un capillare sistema di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale siciliano che ha richiamato l’interesse di numerosi studiosi e incrementato significativamente i flussi turistici verso l’Isola, con benefici anche sotto il profilo economico.

Non occorre sottolineare particolarmente, in quanto sotto gli occhi di tutti, i benefici che dalla valorizzazione del patrimonio culturale possono giungere all’intera regione: dalla formazione scolastica e culturale dei nostri giovani, all’incremento delle ricerche archeologiche e scientifiche, allo sviluppo di imprese culturali, a nuove occupazioni, allo scambio di esperienze nazionali ed internazionali

Sulla base di questi principi, gli anni ottanta e novanta videro l’impegno di una straordinaria struttura amministrativa che completando i propri quadri operativi, in maniera capillare, dava vita a continue azioni di tutela con numerosi interventi di restauro, sperimentando la interdisciplinarietà delle azioni per la conservazione e la fruizione del patrimonio culturale

Emblematico, ad esempio, l’intervento effettuato verso la metà degli anni ottanta presso la Biblioteca Lucchesiana di Agrigento dove per la prima volta le azioniper il restauro della struttura architettonica dell’edificio, della grande libreria settecentesca ivi conservata e del prezioso patrimonio librario, vennero affrontati unitariamente attraverso lo strumento della interdisciplinarietà voluto dalle nuove leggi regionali che invitarono in questa prima azione, architetti , storici dell’arte e bibliotecari a sedere allo stesso tavolo.

Numerosissime le iniziative condotte in questi anni, per volontà dell’instancabile direttore Bombace, che non mancò di coinvolgere le più alte istituzioni statali,per consentire la tutela del patrimonio culturale siciliano e tra queste si ricordano le acquisizioni alla Regione di Palazzo Mirto, del castello di Maredolce, di gran parte dell’Albergo dei Poveri, del Teatro di Santa Cecilia, di Villa Napoli, di Palazzo Riso a Palermo, del Museo del Carretto (Palazzo d’Aumale) a Terrasini, della Casa Museo Di Antonino Uccello a Palazzolo Acreide, del castello Svevo di Augusta; l’acquisizione di collezioni quali quella delle carrozze d’epoca del Martorana, delle monete greche della raccolta Pennisi Floristella di Acireale, della collezione malacologica a Terrasini e attraverso gli incontri con gli archeologi George Vallet a Megara Iblea, con Beppe Voza a Siracusa, con Bernabò Brea  a Lipari furono intrapresi interventi di valorizzazione per aree e musei archeologici della Sicilia insieme a tutti i Soprintendenti dell’Isola.

Furono realizzate numerosissime mostre in Sicilia e all’estero, con la collaborazione degli istituti universitari, fu realizzato in Sicilia il Servizio Bibliotecario Regionale che in collegamento con quello nazionale consente l’accesso ai cataloghi di migliaia di  biblioteche;  fu dato avvio ad una larghissima azione di catalogazione dei beni culturali dell’Isola, attraverso l’estensione anche in Sicilia dell’esperienza dei “giacimenti culturali” che diede l’occasione di nuova occupazione a giovani specializzati nel settore culturale; si diede vita al Nucleo Tutela del Patrimonio  Culturale dei Carabinieri con prima sede in Palermo e con competenza su tutto il territorio regionale.

Trasferito ad altro incarico nel 1992, la difficile eredità lasciata dal Direttore Bombace,  fu raccolta con enormi difficoltà dai diversi dirigenti che furono chiamati a ricoprire quel ruolo, sia per l’interruzione del proficuo dialogo con le istituzioni statali, sia per la complessità del sistema “beni culturali” che non poteva essere compreso come da chi quella struttura aveva pensato e creato. Anche di tali difficoltà hanno scritto nel 2018 Antonio Gerbino e Francesco Santalucia intitolando simbolicamente il loro lavoro “Il Patrimonio degli equivoci” ( ed. Torri del Vento, Palermo).

Sarà agli inizi degli anni 2000 che l’Assessorato regionale dei beni culturali ritorna ad essere centrale nell’attenzione dei programmi di sviluppo dell’Isola predisposti dalla Giunta regionale.  Nel luglio del 2000, infatti il Governo guidato dall’onorevole Leanza chiama a ricoprire il ruolo di Assessore regionale dei beni culturali ed ambientali, l’onorevole Granata che, ricco di una formazione giuridica e sensibile alle tematiche ambientali e culturali, imprime un forte accelerazione alle azioni di tutela e valorizzazione dei beni culturali siciliani.

Sono gli anni dell’avvio in Sicilia del Programma Operativo Regionale 2000/2006 che porterà ad utilizzare più di 120 miliardi di lire per la conservazione ed il restauro di numerosi edifici civili e religiosi d’interesse storico, artistico, di musei e gallerie, di biblioteche, di aree archeologiche. Si realizzano mostre e convegni che mettono in luce anche patrimoni artistici conservati da sempre in depositi e magazzini.

Con l’ausilio di collaboratori di straordinario valore amministrativo e tecnico chiamati al vertice del Dipartimento (si ricordano quì per il loro impegno profuso per la salvaguardia del patrimonio culturale, il direttore regionale Giuseppe Grado, l’archeologo Sebastiano Tusa, l’architetto Guido Meli,  con la collaborazione dell’intellettuale Aurelio Pes e del consulente Ferruccio Barbera)si realizzaronomanifestazioni, convegni, incontri scientificiche diedero nuova attenzione al patrimonio culturale, suscitando la sensibilità di un vasto pubblico ai temi ambientali e culturali. Il Convegno “La nuova frontiera dei beni culturali in Sicilia. Stati generali dei Beni Culturali ed Ambientali in Sicilia a 25 anni dall’avvio della gestione autonoma regionale” ha fatto il punto sulla situazionedi quegli anni, fornendo ulteriori indicazioni operative per la valorizzazione del patrimonio culturale.

Appena insediatasi la nuova Giunta regionale, dovette affrontare numerose ed insistenti azioni di protesta da parte di un nutrito gruppo di proprietari (?) di costruzioni edificate in area sottoposta a vincolo totale di inedificabilità nella Valle dei Templi di Agrigento.

La risposta del Governo regionale non tardò e dopo numerosi incontri tra tutte le forze politiche in Assemblea Regionale, coordinate dall’Assessore Granata con il supporto del Direttore Generale Giuseppe Grado che possedeva una grandissima esperienza in tematiche ambientali acquisita nei precedenti incarichi regionali, venne approvata la legge regionale n.20 del 2000 che ha istituito il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi e ha introdotto il Sistema regionale dei parchi archeologici in Sicilia.

La norma, identificata l’area di intervento (quella già prevista con precedente decreto del Presidente della Regionedel 13 giugno 1991) consente una gestione “autonoma” delle “aree archeologiche ambientali e paesaggistiche e naturale attrezzata” in cui è stato suddiviso il parco, nei limiti imposti dalla stessa legge.

Un apposito Consiglio di amministrazione ed un Direttore gestiscono le attività di tutela e valorizzazione sulla base dei contenuti tecnici di un “Piano del Parco”che “individua e definisce la destinazione d’uso del territorioe dei manufatti legalmente esistenti, nonché l’inserimento di tutti quegli elementi ritenuti indispensabili per una corretta e migliore fruizione del Parco”. Al di là delle modifiche poi introdotte nel corso degli anni al testo di legge, vanno sottolineati alcuni aspetti fondanti l’idea stessa della costruzione del “organismo Parco”.

Meritorio infatti appare, dopo aver identificato l’area da tutelare, averne affidato la cura e la sua valorizzazione ad un Consiglio composto dai soggetti già responsabili a vario titolo dell’area (il sindaco, il presidente dell’allora provincia, i tecnici della Soprintendenza per i beni culturali, le associazioni ambientalistiche) che, sulla base di un progetto, di un “piano” realizzato da studiosi e tecnici del settore, applichino le indicazioni suggerite  e valorizzino le straordinarie potenzialità del luogo, sotto l’aspetto archeologico, paesaggistico ed ambientale.

Aver concesso inoltre al Parco della Valle dei Templi di Agrigento una piena autonomia contabile ed amministrativa,attraverso l’istituzione di un proprio apposito bilancio, ha consentito uno sviluppo coordinato e responsabile del territorio con significative ricadute positive anche sul fronte economico. Le attività di tutela, restauro e valorizzazione di quello straordinario patrimonio culturale si sono incrociate inoltre con attività turistiche (oggi il Parco conta circa un milione di visitatori l’anno) e agricole (nell’area si è prodotto vino ed olio).

La felice intuizione della nuova formula di organizzazione del Parco Archeologico e Paesaggistico di Agrigento ha indotto il Legislatore del tempo ad estendere l’iniziativa verso un “Sistema dei Parchi archeologici siciliani” (previsti dalla parte seconda della stessa legge 20/2000) nella considerazione che il territorio regionale, ricco di emergenze culturali di rilevante valore, abbisognasse di idonei strumenti di valorizzazione. Negli anni successivi, infatti, in ossequio alla norma indicata, si è data vita alla istituzione del sistema dei parchi archeologici comprendente quelli di Gela, Catania, Piazza Armerina, Isole Eolie, Naxos e Taormina, Tindari, Solunto, Kamarina, Siracusa Eloro e Villa del Tellaro,Leontinoi, Segesta, Selinunte, Marsala.

Altri interventi legislativi sottolinearono con forza, in quei primi anni duemila, il rinnovato interesse verso la tutela del patrimonio culturale siciliano, giungendo a istituire, ad esempio, il Museo regionale di Arte Moderna e Contemporanea nel Palazzo Riso di Palermo (art.18 della legge regionale n.9/2002) e prevedendo interventi finanziari per questo settore (art.20).

Alle richieste d’aiuto formulate dai Comuni, inoltre, per la gestione dei loro patrimoni culturali si diede risposta, in un quadro organico di interventi, con l’autorizzazione per gli stessi enti locali ad avvalersi delle società miste costituite dalla Regione per la custodia, conservazione e fruizione dei beni culturali (art 22).

Di enorme importanza, ancora, la istituzione con l’art.28 della legge finanziaria regionale per il 2004, della prima Soprintendenza del Mare in Italia, per tutelare, gestire e valorizzare la cultura del mare in Sicilia e dei tesori in esso presenti.

Ricerche e interessanti ritrovamenti furono effettuati attraverso l’operosa attività della Soprintendenza del Mare la cui direzione fu subito affidata al compianto archeologo Sebastiano Tusa.

Si completa così una lunga azione di rivitalizzazione del settore culturale in Sicilia che,  non troverà adeguato seguito negli anni successivi, sia per una significativa riduzione degli stanziamenti ordinari, necessari alla manutenzione di una così complessa macchina amministrativa, sia per le successive norme che hanno concesso numerosi prepensionamenti del personale regionale, sguarnendo gli organici del dipartimento dei beni culturali della Regione, sia per una scemata sensibilità generale verso la tutela del patrimonio culturale.

L’Amministrazione, oggi, si è vista costretta così a “concentrare”, sui pochi dirigenti rimasti, le responsabilità della gestione di soprintendenze, musei, gallerie, biblioteche, dando vita a numerosi incarichi “ad interim” con l’inevitabile discontinua presenza nelle strutture affidate, a volte, anche a funzionari specializzati in settori diversi rispetto a quelli cui vengono preposti”.

 

 

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