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Mazzette per lavori all’Ucciardone, c’è l’ombra della mafia

mercoledì 17 Maggio 2017
Il carcere dell'Ucciardone
Il carcere dell’Ucciardone

Il tribunale di Palermo ha condannato a tre anni di carcere l’imprenditore Francesco Spezia e il suo collaboratore, il geometra Giuseppe Pilato, accusati di corruzione. A due anni è stato condannato, invece, Salvatore Torcivia, funzionario del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, imputato di turbativa d’asta. L’accusa era rappresentata dal pm Paolo Guido. Il processo ruota attorno ad alcuni lavori di ristrutturazione realizzati nel carcere Ucciardone di Palermo dalla Spe.fra, impresa di Spezia. Secondo l’accusa le aggiudicazioni sarebbero state pilotate – da qui l’accusa di turbativa d’asta – per favorire l’impresa di Spezia, ritenuto vicino alla famiglia del boss latitante Matteo Messina Denaro.

Nell’inchiesta, nata proprio da un’indagine della dda sul clan del capomafia ricercato, che portò all’arresto anche della sorella Patrizia, finì pure Giuseppe Marino, altro funzionario del provveditorato che avrebbe intascato una mazzetta per agevolare la ditta. Marino, che ha fatto l’abbreviato ed è già stato condannato, è figlio di un ex magistrato palermitano. Secondo il pm, Torcivia avrebbe affidato direttamente alla Spe.fra due appalti, uno da 44mila euro, l’altro da 37mila, per realizzare un impianto di sicurezza e un impianto termico nel carcere. In una intercettazione il geometra Pilato chiede al funzionario: “Me lo dice lei che ribasso dobbiamo mettere?”. “Torcivia – dicono i magistrati – interveniva ancora prima che venisse predisposto un bando di gara ovvero una qualsivoglia procedura volta ad ottenere da parte dell’ ente appaltante le condizioni migliori e al miglior prezzo“. Nella parte che coinvolse Marino, invece, l’inchiesta ipotizzava che, in cambio di una mazzetta, Marino avesse affidato con la procedura della somma urgenza lavori per 162mila euro a Spezia per realizzare una cucina in un’ala del carcere.

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