Condividi
L'allarme

Medici aggrediti ogni giorno, Madeddu: “Siamo al bollettino di guerra. La politica? Immobile”

mercoledì 21 Maggio 2025

In Sicilia, nel 2024, si sono registrati oltre 180 episodi di violenza ai danni di medici e operatori sanitari, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. Un fenomeno che appare in continua e allarmante escalation, soprattutto considerando che molti episodi restano sommersi, non denunciati o minimizzati.

A confermare questa tendenza preoccupante sono i dati relativi al primo quadrimestre del 2025, che evidenziano un ulteriore aumento delle aggressioni di quasi il 40% rispetto allo stesso periodo del 2024.

Anselmo Madeddu, presidente dell’Ordine dei Medici di Siracusa, interviene con fermezza dopo le recenti aggressioni all’Arnas Civico di Palermo e ai soccorritori del 118 in diverse aree dell’Isola, denunciando un fenomeno di violenza contro i camici bianchi che appare ormai del tutto fuori controllo in Sicilia.

“Non possiamo continuare a stupirci delle aggressioni contro i medici se non affrontiamo, con onestà e decisione, le condizioni in cui oggi si lavora nei Pronto Soccorso e nei reparti più esposti della sanità pubblica evidenzia il presidente -. Le aziende sanitarie bandiscono concorsi, ma molti vanno deserti. Non perché manchino medici, ma perché sempre meno professionisti sono disposti a lavorare in ambienti diventati insostenibili, sotto ogni profilo: turni massacranti, responsabilità enormi, scarse tutele, carenza di personale, aggressività crescente”.

La formazione non basta

Non c’è dubbio che la prima azione urgente fosse intervenire sulle regole di accesso a Medicina e alle Scuole di Specializzazione, per riadeguare l’offerta formativa alla domanda reale del territorio. Qualcosa si è fatto, ma è solo un pezzo del problema. Formare più medici non serve a nulla se poi non si crea un sistema in cui valga la pena restare – spiega -. Il tempo, per un medico, è diventato un bene di lusso. Tempo per sé, per la propria famiglia, per la propria salute fisica e mentale. Ma anche tempo per i pazienti, per spiegare, ascoltare, comunicare davvero. Ma quando sei in turno da 12 ore, in un reparto scoperto, con file interminabili e richieste urgenti che si accavallano, il primo a pagare è proprio il rapporto umano. E senza rapporto umano, la medicina perde una delle sue funzioni fondamentali”.

Restare nel pubblico o nel privato?

“Ed è qui che emerge la vera domanda : vale ancora la pena restare nel sistema pubblico?
I miei colleghi, spesso sottopagati e stremati, si trovano a lavorare in condizioni estreme, esposti non solo allo stress e alla fatica, ma anche alla rabbia crescente dell’utenza – prosegue -. Insulti, minacce, aggressioni fisiche sono ormai all’ordine del giorno. Alcuni finiscono addirittura in tribunale per cause temerarie, che nel 97% dei casi si concludono, dopo anni, con l’accertamento dell’innocenza. Ma nel frattempo quei medici hanno perso serenità, dignità, e in molti casi anche la salute”.

“Chi sceglierebbe consapevolmente di lavorare in un posto dove non sa nemmeno se tornerà a casa incolume? È chiaro che serve fare di più: servono tutele concrete e immediate per chi ogni giorno indossa il camice, oltre a quelle già previste dalla legge sulla procedibilità d’ufficio. Il fenomeno della violenza non può essere liquidato con una semplice condanna. Va compreso, affrontato alla radice. Serve il coraggio di analizzarne tutte le cause: sociali, culturali, organizzative, politiche. Perché è da lì che passa il cambiamento vero”, sottolinea.

Il medico al centro della società

Se non si comprende che è necessario restituire centralità alla figura del medico nella scala dei valori della società, sarà la tenuta sociale dell’intero Paese a entrare in crisi – aggiunge –. Oggi chi cura rischia di essere messo in discussione da chi urla più forte sui social. E se il primo ‘stregone’ da smartphone finisce per avere più credibilità di un medico che ha studiato anni ed esercita con serietà, allora il problema non è solo sanitario: è culturale”.

“Chi ha responsabilità politiche non può più voltarsi dall’altra parte. Deve fare un passo in più. Dare valore, protezione e ascolto a chi ogni giorno si prende cura degli altri non è una concessione, è un dovere. È una scelta che riguarda la salute pubblica, la coesione sociale, la sicurezza di tutti – conclude -. Perché, alla fine, chi aggredisce un medico non colpisce solo una persona. Colpisce se stesso, la comunità, il futuro di un sistema che dovrebbe esistere per garantire vita, cura, rispetto“.

Questo articolo fa parte delle categorie:
Condividi
ilSiciliaNews24

Lavoratori Almaviva, Tamajo: “Discutiamo sull’attivazione del 116-117. Lavoriamo senza chiacchiere e strumentalizzazioni” CLICCA PER IL VIDEO

L’assessore regionale alle Attività produttive Edy Tamajo, ha incontrato oggi i sindacati per fare il punto della situazione.

La Buona Salute

La Buona Salute 63° puntata: Ortopedia oncologica

La 63^ puntata de La Buona Salute è dedicata all’oncologia ortopedica. Abbiamo visitato l’Ospedale Giglio di Cefalù, oggi punto di riferimento nazionale

Oltre il Castello

Castelli di Sicilia: 19 ‘mini guide’ per la sfida del turismo di prossimità CLICCA PER IL VIDEO

Vi abbiamo accompagnato tra le stanze di 19 splendidi Castelli di Sicilia alla scoperta delle bellezze dei territori siciliani. Un viaggio indimenticabile attraverso la storia, la cultura, l’enogastronomia e l’economia locale, raccontata dai protagonisti di queste realtà straordinarie.