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Il Report di Agenas

Medici in crescita, infermieri in calo: la Sanità davanti alla sfida del ricambio generazionale

venerdì 3 Ottobre 2025

Dietro i numeri rassicuranti si nasconde una fragilità che rischia di diventare il vero tallone d’Achille della Sanità italiana.

Secondo l’ultimo rapporto di Agenas, nel 2023 il Servizio sanitario nazionale contava 701 mila dipendenti, quasi 52 mila in più rispetto al 2019. L’Italia si conferma sopra la media europea per numero di medici: 5,3 ogni mille abitanti, contro i 4 della media UE.

Ma questo primato si regge su un equilibrio fragile. La carenza di infermieri resta evidente: in Italia sono 6,8 ogni mille abitanti, mentre in Europa la media è di 8,2. È un rapporto che penalizza i reparti, dove il peso dell’assistenza ricade su poche spalle.

A complicare il quadro c’è anche l’età avanzata dei professionisti, con quasi il 44% dei medici che ha più di 55 anni e circa il 21% che ha già superato i 65. Nei prossimi dieci-quindici anni migliaia di camici bianchi andranno in pensione, portando via competenze preziose e aprendo un vuoto difficile da colmare. Solo tra i medici ospedalieri, Agenas stima circa 39 mila uscite entro il 2038, con picchi che superano i 3.200 pensionamenti l’anno.

Per non farsi travolgere da questa “ondata di pensionamenti”, la programmazione diventa decisiva. I numeri dei laureati in Medicina sono cresciuti: nel 2014 erano meno di 7 mila, nel 2024 hanno superato le 9.400 unità. Lo stesso vale per gli infermieri. I corsi ci sono e i posti sono cresciuti fino a superare i 20.600 a livello nazionale, ma le immatricolazioni calano e troppi studenti abbandonano prima della laurea.

In Sicilia

L’Isola si inserisce in questo scenario con un andamento particolare. Il numero di medici dipendenti è risalito leggermente rispetto al 2019, quando erano 9.017, e oggi supera di poco quota 9.300. Se si guarda indietro di dieci anni però il saldo resta negativo, perché nel 2013 i camici bianchi in servizio erano quasi 10 mila.

Molto più preoccupante appare la situazione degli infermieri. In dieci anni il loro numero è sceso da 18.200 a 16.900, con una perdita superiore alle 1.300 unità. In Sicilia lavorano appena 3,5 infermieri ogni mille abitanti, contro i 4,6 della media nazionale e gli oltre 8 della media europea. Nessun’altra Regione italiana presenta un dato così basso e il divario con l’Europa resta un segnale drammatico per la tenuta della Sanità regionale.

Negli stessi anni è cresciuto invece il numero degli operatori socio-sanitari (OSS), passati da meno di 1.000 nel 2013 a oltre 2.700 nel 2023. È un aumento significativo, quasi un raddoppio, ma non sufficiente a compensare la carenza di infermieri, figure centrali nell’assistenza quotidiana dei pazienti e nella qualità dei servizi offerti dalla Sanità pubblica.

Un altro fronte critico è quello dell’assistenza di base. Nel 2019 i medici di famiglia erano 4mila, oggi sono 3.654. Anche i pediatri di libera scelta sono calati da 721 a 580 in quattro anni. In pratica, ogni medico ha in carico più pazienti e le liste di attesa negli studi si allungano.

La Regione ha aumentato i posti disponibili per la formazione dei medici di base, ma il ricambio generazionale richiede tempo. Nel frattempo molti cittadini faticano a trovare un medico di riferimento, soprattutto nelle aree più periferiche.

Una sfida che parte dai giovani

Il ricambio generazionale passa dalle università. L’anno accademico 2025/26 ha visto debuttare il nuovo sistema del “semestre aperto” per Medicina, che ha sostituito il vecchio test d’ingresso. I numeri, però, non confermano l’atteso boom. A livello nazionale le iscrizioni complessive alle facoltà mediche sono state 64.825, di cui 54.313 a Medicina e Chirurgia, circa 10 mila in meno rispetto al 2024. Il Ministero aveva portato i posti disponibili a 24.026, il massimo storico, ma la risposta degli studenti si è rivelata più bassa delle aspettative.

Anche l’infermieristica vive una fase critica. Nel 2025/26 i posti disponibili in Italia sono saliti a 20.699, ma le domande si sono fermate a 17.215, con un calo dell’11% rispetto all’anno precedente.

In Sicilia, la fotografia delle università è eloquente. A Catania sono stati banditi 401 posti per infermieristica più altri 100 nella sede di Siracusa, ma il rischio è che non vengano tutti coperti. A Palermo i posti per i corsi di laurea delle professioni sanitarie hanno superato quota 1.100, di cui circa 350 per infermieristica, ma anche qui le iscrizioni non sono cresciute in proporzione. A Messina, che tradizionalmente raccoglie molti studenti anche dalla Calabria, i posti banditi per infermieristica sono 300, ma le domande arrivate non coprono pienamente l’offerta.

Dai banchi alle corsie

Il nodo resta la capacità di trasformare i posti disponibili in professionisti reali. Sul versante medico, il tasso di abbandono è storicamente più basso: tra primo e secondo anno lascia solo circa il 2% degli studenti di Medicina. Ma la vera criticità arriva dopo la laurea, con l’imbuto delle specializzazioni che rende difficile coprire i reparti più delicati. Discipline come Emergenza-Urgenza, Anestesia, Patologia clinica o Microbiologia restano poco attrattive e spesso scoperte, mentre altre continuano a raccogliere la maggior parte delle preferenze.

Per l’infermieristica, invece, la fragilità si manifesta già durante il percorso di studi: solo 7 studenti su 10 arrivano alla laurea, un dato che riflette la percezione di un lavoro pesante, scarsamente riconosciuto e con limitate prospettive di carriera. Senza un cambiamento strutturale, il ricambio generazionale rischia di rimanere incompiuto, con conseguenze gravi sulla tenuta del sistema sanitario.

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