Nei giorni scorsi ha tenuto banco la polemica sulla carenza di stagionali in vista dell’avvio della stagione estiva sia alle isole Eolie che a Milazzo. Molti imprenditori lamentano di non trovare lavoratori stagionali per cause legate, tra l’altro, al reddito di cittadinanza. D’altra parte c’è chi contesta le disagevoli condizioni di lavoro e contrattuali imposte agli stagionali.
Sulla tematica interviene, con una lettera aperta la segretaria generale della Cgil Filcams di Messina Giselda Campolo.
“Gli stagionali sono storicamente lavoratori di serie B nell’immaginario collettivo – scrive la Campolo -. Il concetto stesso di stagione lascia aperta la porta a questa interpretazione. Una tipologia di lavoro concentrata in un arco breve dell’anno che deve produrre il maggior profitto possibile. Dei lavoratori nei fatti a consumo, da spremere bene durante i mesi in cui servono. Tutto questo non è una novità di questi ultimi due anni, come sanno bene gli addetti del settore e chi li tutela. Ogni anno la Filcams Cgil porta avanti forti campagne, unite alla quotidiana azione sindacale, per promuovere l’applicazione dei diritti di questa categoria di lavoratrici e lavoratori”.
La sindacalista spiega come la Cgil Filcams abbia da poco aperto la sede di Taormina appositamente per essere di supporto al comparto nella tutela dei salari e di condizioni di lavoro regolari e saranno promosse iniziative e sportelli territoriali su tutta la provincia, isole comprese. La pandemia ha messo a fuoco temi come la salute e sicurezza e la dignità della retribuzione e il sindacato ribadisce come non si possa permettere che la ripresa delle attività lavorative, ma soprattutto gli investimenti del PNRR, non portino con sé una riorganizzazione del mondo del lavoro fatta di salari dignitosi e sicurezza.
“Le parti datoriali usano una retorica scolastica per l’impossibilità di ammettere che il reddito di cittadinanza ha ridotto la pressione che potevano esercitare sul bisogno delle persone – prosegue la segretaria generale Filcams Cgil Messina -. È uno strumento per combattere la povertà, per far uscire dallo stato di bisogno. Fa sì che le lavoratrici e i lavoratori siano meno esposti al ricatto occupazionale secondo il quale il salario e il modus operandi verrebbero dettati dall’imprenditore, “prendere o lasciare”. Purtroppo, il problema è tutt’altro che risolto e il rdc non può essere uno strumento isolato panacea unica dei mali del settore. Mancano politiche attive, mancano percorsi di riconversione delle professioni per adeguarsi al mondo del lavoro in continua evoluzione, per citare solo alcuni temi fondamentali. Nel 2021 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha constatato che su 80mila ispezioni il 70% era irregolare, il Turismo è il settore con il numero maggiore di violazioni. Mi sembra che questi dati diano una rappresentazione plastica della realtà, molto diversa dalla retorica aziendale. Una realtà in cui in contratti collettivi, le leggi e perfino la costituzione con la sua retribuzione proporzionata e sufficiente sono violate –conclude la Campolo -. E se è vero che alcune imprese sono in difficoltà perché non trovano personale forse bisognerebbe che i datori di lavoro rivalutassero il valore che davano, danno e dovrebbero dare alle risorse umane”.