Gommoni veloci per attraversare il Canale di Sicilia in tutta sicurezza con a bordo anche ricercati per terrorismo.
È l’inquietante storia raccontata da un tunisino che ha cominciato a collaborare con gli inquirenti e ha consentito alla Dda di Palermo di fermare i componenti di un’organizzazione criminale che gestiva le traversate verso le coste trapanesi portando in Italia, in cambio di molti soldi, anche pregiudicati e ricercati.
Ha deciso di parlare, ha spiegato, per evitare, ha detto agli inquirenti, che ci si ritrovasse con “un esercito di kamikaze in Italia“.
“I clandestini normali – ha ricostruito – pagano 5.000 dinari tunisini mentre le persone che sono ricercate in Tunisia, per vari reati compreso il terrorismo, pagano da 10.000 dinari in su”.
“Nel viaggio per la Sicilia insieme a me c’erano altri dieci clandestini, solo uomini, tutti tunisini e all’interno dello scafo c’erano anche 20 scatole di sigarette di contrabbando. Quella notte – ha raccontato – dopo essere sbarcato ed essermi immediatamente allontanato sono andato a Marsala. Pochi giorni dopo, in un bar del centro ho incontrato un mio connazionale di nome Monji Ltaief e ho appreso che era al servizio di un soggetto di nome Fadhel conosciuto anche come Boulaya per via della sua barba molto folta. È ricercato in Tunisia per aver sparato a personale della guardia costiera tunisina e per tale motivo avrebbe da scontare ventuno anni di carcere in quel Paese e per quanto mi è stato detto nel 2011, nel corso della rivoluzione tunisina, sarebbe evaso”.
“Il mio amico – ha aggiunto – si occupa di organizzare i viaggi di almeno tre o quattro gommoni che fanno la spola tra l’Italia e la Tunisia – da località, variabili in prossimità di Mazara del Vallo ed anche da Marsala – con partenze organizzate ogni volta che il meteo lo consente. Come nel mio caso, i gommoni trasportano clandestini e tabacchi nell’ordine di circa dieci clandestini e 20/50 scatole di sigarette per viaggio”.
“Una volta – ha detto – un gommone è riuscito a scappare e a bordo c’erano anche tre ‘barboni’ indicati come terroristi; nel giugno del 2016 ho incontrato un tunisino di nome Ahmed e so per certo che è ricercato in Tunisia per terrorismo ed è arrivato in Italia da qualche mese. Attualmente dovrebbe vivere a Palermo insieme a suo fratello più giovane e ad una ragazza di nome Ameni, forse tunisina. Ha aiutato diversi terroristi a espatriare pare verso l’Italia e per questo motivo – ha spiegato – ritengo che sia egli stesso un terrorista“.