Ad oltre quattordici anni dall’inizio dalla morte di Filippo Raciti, il caso di Antonino Speziale continua a far discutere. Era il 2 febbraio 2007 quando, nella notte del derby Catania-Palermo di Serie A, perse la vita l’ispettore di polizia. Un tragico lutto che sconvolse il mondo del calcio, tanto da portare allo stop dei campionati e all’approvazione del cosiddetto decreto Amato sugli stadi.
Dopo sei anni scanditi da indagini e processi, il 14 dicembre 2012 la Corte di Cassazione ha confermato la precedente sentenza della Corte d’Appello, condannando in via definitiva Antonino Speziale ad otto anni di reclusione per omicidio preterintenzionale.
Una decisione che ha lasciato strascichi: tante le inchieste giornalistiche che, in questi anni, hanno cercato di ricostruire quella notte allo stadio Angelo Massimino. Fra queste, la più famosa è “La Pista Blu“, condotta dall’Espresso per indagare a fondo su quanto successo.
A pochi mesi dalla scarcerazione, abbiamo sentito il padre del tifoso del Catania, Roberto Speziale, che ci ha rilasciato le sue dichiarazioni su quanto accaduto in questi anni.
Intanto, il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta ha fissato per il prossimo 5 giugno l’udienza sulla richiesta di scarcerazione presentata dal legale di Antonino Speziale, l’avvocato Giuseppe Lipera.
L’INTERVISTA
Iniziamo dalla fine, signor Speziale, lei come ha preso il fatto che la Procura di Caltanissetta abbia respinto la richiesta di domiciliari per Antonino, vista l’emergenza covid-19, mentre è stata concessa anche ad alcuni boss a seguito del dl scarcerazioni?
“La realtà è questa, purtroppo su Antonino Speziale ci sono stati dei pregiudizi. Non gli è stato concesso nulla. Nessuno si è assunto la responsabilità di decidere, per paura che poi qualcuno potesse dire ‘per colpa tua è uscito’ o ‘per colpa tua non è uscito…’. Mio figlio è un caso a parte e chi ne parla fa finta di non capire. Non si vuole la verità. Guardi, un sacco di persone che incontro in giro mi dicono tutti la stessa cosa, ‘Antonino Speziale è innocente‘. Intanto non gli è stato concesso nulla, sta soffrendo”.
Antonino quando dovrebbe uscire dal carcere?
“Dovrebbe uscire entro fine anno, intorno al mese di dicembre. Ha già scontato la condanna per l’omicidio, è ancora in carcere per la vicenda del DASPO”.
In 5 anni fra indagini e processo ci sono stati tante punti controversi
“Leggendo le carte, a mio avviso, la conclusione doveva essere che mio figlio è innocente. Però si è fatto undici anni di carcere. Il processo è stato avviato dopo due anni di indagini e di ricerche condotte in modo a mio avviso discutibile”.
A cosa si riferisce?
“Per esempio all’autopsia sull’ispettore Raciti. Non si può fare un’autopsia senza toccare il morto. Io, quotidianamente, andavo in tribunale e seguivo ogni fase del processo. Siccome mio figlio era minorenne, io lo accompagnavo sempre: sono dovuto andare al Ris di Parma, sono dovuto andare al processo di Bicocca. Non ho visto serenità durante il processo. Non esiste un colpevole senza prove, e invece mio figlio è colpevole senza prove. Questa è la verità”.
Ci sono altri particolari della vicenda processuale che non l’hanno convinta?
“Certo. I testimoni chi sono? Non c’è nessuno. Nessuno ha detto che ha visto qualcuno o qualcosa, nessuno. E i poliziotti del Discovery dicono che non hanno lasciato solo un attimo l’ispettore Filippo Raciti. Cioè, le prove dove sono?”.
Il suo punto di vista di genitore è comprensibile
“Ovunque la gente mi dice ‘mi dispiace per suo figlio’. Ma la giustizia, la verità non esiste. Nessuno si interroga su come mai la situazione di mio figlio si è evoluta così. Non interessa a nessuno. E io sono solo a combattere contro i mulini a vento”.
C’è stato anche chi le ha manifestato la propria solidarietà, come per esempio il mondo delle curve
“Sì, da tutte le parti d’Italia, anche dalla Germania. Lì ci sono stati giornalisti promotori dell’innocenza di mio figlio. Lo hanno intervistato quando era fuori. Quando uno è colpevole, non lo lasciano due anni e mezzo o tre fuori a passeggiare. Uno che ha ucciso un poliziotto due anni e mezzo rimane fuori? Mi pare assurdo”.
“E poi i testimoni chi sono? Non c’è nessuno. Nessuno testimonia che ha visto qualcuno o qualcosa, nessuno!”.
“E i poliziotti del Discovery dicono che non hanno lasciato solo un attimo l’ispettore Filippo Raciti. Cioè queste prove dove sono? Chi le ha uscite, chi le ha inventate queste prove? Io non mi rassegno, la gente dovrà dire <<mio figlio è innocente>>”.
Signor Speziale, lei dopo che è uscito, si è sentito con Micale?
“Si”.
E che cosa vi siete detti?
“A me ha detto, ‘Signor Speziale, io non mi interesserò più di questa storia. Ma mi fa piacere che la gente sappia la verità, continui con la sua battaglia’. Io però mi chiedo – posto che a Micale voglio un gran bene -, perché mio figlio ha dovuto scontare sei anni di carcere e senza nemmeno il permesso per andare a vedere suo nonno malato, mentre Micale è fuori perché, si dice, si è comportato bene in carcere”.
Se lei si ritrovasse un giorno, seduto, allo stesso tavolo, con la vedova Grasso, lei che cosa le direbbe?
Io sono amico del padre dell’ispettore Raciti, abitiamo nello stesso quartiere. Ci parliamo, ci conosciamo, ci salutiamo. Quando ho battezzato mio nipote, lui era lì perché abita là, nel quartiere. Ci siamo parlati e mi ha detto ‘Speziale, a me purtroppo mi dicono questo’. Fine del discorso.
Quindi tutt’oggi vi parlate?
“Io con la famiglia dell’ispettore Filippo Raciti e della vedova Grasso non ho niente a che vedere. Non mi interessa quello che loro fanno o dicono. Sicuramente loro sanno, non il papà di Filippo Raciti, però tutti gli altri sanno la verità”.
Compresa la moglie?
“Tutti, tutti”.