Il presidente della Regione, Nello Musumeci incontra in Liguria il governatore Giovanni Toti al salone nautico internazionale e non mancano le polemiche in merito al viadotto Himera e le divergenze tra le due regioni per lavori pubblici e infrastrutture.
“Per il ponte Morandi ho letto con piacere che è stata effettuata la prima gettata di cemento, in Sicilia dopo quattro anni il ponte HImera (crollato sulla A19 Palermo-Catania nell’aprile del 2015, ndr) è ancora nelle fantasie dei vertici dell’Anas. La verità è che Rfi e Anas nel Mezzogiorno d’Italia dovrebbero cambiare passo”.
Musumeci punta il dito soprattutto contro Anas: “Qui in Liguria un cantiere dell’Anas – ha detto – forse dura un anno o due, in Sicilia c’è un effetto moltiplicatore per cui un cantiere dell’Anas dura cinque anni”.
Secondo l’Anas doveva essere completata entro il 2018. Invece dall’apertura del cantiere, che non avverrà prima del 2020 (salvo ritardi) e 11 milioni di euro per riportare l’arteria stradale alla normalità.
Aggiudicatario della gara è il raggruppamento temporaneo di imprese Gecob srl – Colnisa Costruzioni – Bua Costruzioni srl, con sede in Catania. La progettazione del nuovo viadotto è iniziata nel febbraio del 2016, mentre la pubblicazione del bando è di agosto dello scorso anno.
Per il crollo del viadotto la Procura di Termini Imerese nel luglio del 2017 ha chiuso un’inchiesta con cinque indagati per omissione di atti d’ufficio e attentato alla sicurezza dei trasporti. Secondo l’ipotesi accusatoria gli indagati “pur essendo a conoscenza dell’evoluzione del corpo di frana che si era manifestata, nel periodo tra marzo ed aprile del 2015, sul versante prospiciente l’autostrada A19 Palermo-Catania ricadente nel territorio del Comune di Caltavuturo, non hanno adottato i provvedimenti dovuti, ognuno in relazione alle specifiche competenze“.
Gli indagati sono il capo dipartimento della Protezione civile Calogero Foti, l’ex sindaco di Caltavuturo Calogero Lanza, il responsabile della protezione civile del Comune di Caltavuturo Mariano Sireci e due dipendenti dell’Anas preposti alla vigilanza del viadotto, Salvatore Muscarella e Giuseppe Siragusa. Le accuse delle quali devono rispondere sono omissione di atti di ufficio e attentato alla sicurezza dei trasporti.
Il cedimento di tre piloni dell’A19, avvenuto nell’aprile del 2015, fu causato da una frana e causò l’interruzione del traffico in autostrada per diversi mesi: la vicenda fece da megafono e pose la Sicilia al centro di uno scandalo nazionale per la condizione di arretratezza delle proprie infrastrutture. Un intero pezzo di carreggiata dell’autostrada, all’altezza di Scillato, è stato abbattuto. Il gruppo di M5S all’Ars, nell’estate del 2015, ha fatto realizzare una trazzera come by-pass, poi è intervenuto il governo con la costruzione di una bretella tuttora in funzione.
L’inchiesta, durata due anni, si è avvalsa di numerose audizioni e di un’ampia documentazione, fra cui il corposo esposto con 800 firme dell’associazione “Adesso basta“ che ha tenuto acceso un faro costante sul problema dei trasporti nell’Isola. C’è stata anche la consulenza tecnica di un ingegnere geotecnico e di un geologo.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, gli indagati pur essendo a conoscenza dell’evoluzione della frana – fra marzo e aprile del 2015 – non hanno adottato i provvedimenti dovuti per mettere in sicurezza il territorio ed evitare che un tratto di autostrada cedesse. E spezzasse a metà la Sicilia.
Già tempo fa Musumeci aveva duramente contestato ai vertici dell’Anas la lentezza nei lavori sull’autostrada e la scarsa presenza di operai nei cantieri, ricevendone rassicurazioni di potenziamento dall’Azienda nazionale e la promessa che il pilone sul fiume Imera verrà riattivato presto.
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