Nel 2023 il 90,1% dei parti in Italia è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, circa il 20,1% delle madri sono di cittadinanza non italiana, l’età media della madre è di 33,2 anni per le italiane mentre scende a 31,2 anni per le cittadine straniere. Nel 2023, la Sicilia ha registrato circa 40.000 nascite, una cifra che segnala una lieve flessione rispetto agli anni precedenti, in linea con la tendenza generale nazionale.
È quanto emerge dall’ Analisi sull’evento nascita in Italia anno 2023, realizzato dall’Ufficio di Statistica del Ministero della Salute che presenta le analisi dei dati rilevati dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP).
La rilevazione – istituita dal Decreto del Ministro della sanità 16 luglio 2001, n. 349 – costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita e rappresenta uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale, con un livello di copertura pressoché totale.
Il 2023 è stato un anno segnato da una continua contrazione del tasso di natalità in Italia, con un fenomeno che continua a suscitare preoccupazione in tutto il Paese. L’Italia, infatti, si trova ormai da anni a fronteggiare una crisi demografica che ha visto il numero delle nascite ridursi in maniera drammatica, tanto che la popolazione continua a invecchiare, con ripercussioni dirette sulla crescita economica e sul welfare.
Secondo i dati appena pubblicati dal Ministero della Salute, nel 2023 il numero complessivo delle nascite è stato di circa 400.000, un numero che segnala una leggera flessione rispetto agli anni precedenti. Questo abbassamento, tuttavia, non è uniforme sul territorio nazionale, con alcune regioni che mostrano tendenze diverse rispetto alla media nazionale. Tra queste, la Sicilia rappresenta un caso di particolare interesse, soprattutto per le sue peculiarità demografiche e le sfide che sta affrontando.
IlSicilia.it ha analizzato i dati siciliani e nazionali per una panoramica generale
La Sicilia: Un’analisi approfondita
La Sicilia si inserisce in questo contesto con caratteristiche specifiche che meritano un’analisi particolare. Nel 2023, la regione ha registrato circa 40.000 nascite, una cifra che segnala una lieve riduzione rispetto agli anni precedenti, in linea con la tendenza generale nazionale. Tuttavia, la situazione della Sicilia è più complessa, con differenze significative tra le diverse aree dell’isola.
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Uno degli aspetti che emerge con maggiore evidenza è il divario tra le province siciliane, con alcune aree che vedono un calo delle nascite più marcato rispetto ad altre. Le province più urbanizzate, come Palermo e Catania, tendono a registrare un numero di nascite relativamente più elevato rispetto alle zone rurali e interne, dove la denatalità è più acuta. Il fenomeno è legato a una serie di fattori, tra cui l’emigrazione giovanile, che ha ridotto il numero di giovani coppie disponibili a formare una famiglia, e la mancanza di politiche di supporto alle famiglie, in particolare nelle aree più lontane dai centri urbani.
Confrontando i dati della Sicilia con quelli di altre regioni italiane, emerge un quadro di forte disuguaglianza. Da un lato, infatti, ci sono regioni come il Trentino-Alto Adige e la Liguria che, pur avendo numeri complessivi inferiori a quelli della Sicilia, mostrano una maggiore stabilità delle nascite grazie a politiche più efficaci in favore delle famiglie.
D’altro canto, il Sud Italia, e in particolare la Sicilia, risente di una maggiore difficoltà nell’offrire incentivi e servizi per le famiglie.
La percentuale di madri straniere in Sicilia è, per esempio, inferiore alla media nazionale. Mentre in altre regioni del Sud si osserva una forte presenza di immigrati tra le madri, in Sicilia questo fenomeno non ha la stessa intensità, con una composizione demografica più omogenea rispetto ad altre regioni meridionali. Un altro dato significativo riguarda l’età media delle madri siciliane, che si attesta sui 32,5 anni, inferiore a quella delle regioni del Centro-Nord, ma comunque in aumento rispetto al passato. Questo dato riflette un fenomeno noto in molte aree del Paese, ovvero la tendenza delle donne ad avere figli sempre più tardi, spesso a causa della difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare.
Le politiche regionali: una risposta alla crisi
Al fine di contrastare la continua riduzione delle nascite, la Sicilia sta cercando di implementare politiche che incentivino la natalità e il benessere familiare. Tra le misure più rilevanti, vi sono incentivi economici per le famiglie numerose e l’implementazione di programmi di supporto per le donne in gravidanza e le madri. Tuttavia, il successo di queste politiche è ancora incerto, e le risorse limitate rendono difficile attuare misure più incisive che possano fare la differenza in termini di natalità.
Un altro aspetto critico riguarda la disparità di accesso ai servizi di salute e assistenza tra le diverse province siciliane. Sebbene le città principali, come Palermo e Catania, abbiano un’offerta sanitaria più completa, nelle zone rurali e montane l’accesso ai servizi è più difficile, con una carenza di strutture adeguate per la cura materno-infantile. Questo divario contribuisce a creare disparità nelle opportunità e nelle condizioni di vita per le famiglie siciliane.
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La risposta del sistema politico e istituzionale regionale e nazionale sarà fondamentale per determinare se la regione riuscirà a invertire la tendenza demografica o se continuerà a essere una delle aree più colpite dalla crisi delle nascite in Italia.
L’Italia si trova di fronte a un bivio: riuscirà a creare politiche efficaci per stimolare la natalità e garantire un futuro sostenibile per le prossime generazioni? Il confronto tra la Sicilia e le altre regioni, come abbiamo visto, suggerisce che non esistono soluzioni universali. Ogni regione ha bisogno di approcci su misura, che tengano conto delle sue peculiarità socio-economiche, per riuscire a contrastare efficacemente la crisi demografica.
Il quadro nazionale sulle nascite
Nel 2023, l’Italia ha registrato un tasso di natalità di circa 7,4 nati ogni 1.000 abitanti, il che conferma una tendenza in calo che perdura ormai da decenni. Questo fenomeno ha portato a un invecchiamento progressivo della popolazione, con un’età media della madre al primo parto che ha raggiunto i 33,2 anni. Un dato che, sebbene non rappresenti una novità, è comunque emblematico della difficoltà del Paese a contrastare l’abbassamento delle nascite, soprattutto tra le giovani generazioni.
Sebbene il tasso di natalità sia in calo in tutta Italia, alcuni segnali positivi emergono da diverse regioni che, pur affrontando la stessa crisi, presentano numeri più stabili. Ad esempio, regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, pur non esenti dalla diminuzione delle nascite, sembrano beneficiare di un sistema socio-sanitario più efficiente e di politiche familiari più strutturate. D’altro canto, il Sud Italia continua a sperimentare tassi di natalità molto bassi, in parte a causa di una crisi economica che ha colpito duramente le famiglie, ma anche per motivi legati alla scarsa disponibilità di servizi di supporto alla genitorialità.
Le cittadine straniere hanno finora compensato questo squilibrio strutturale; negli ultimi anni si nota, tuttavia, una diminuzione della fecondità delle donne straniere. Il tasso di natalità varia da 4,6 nati per mille donne in età fertile in Sardegna a 7,9 nella Provincia Autonoma di Trento rispetto ad una media nazionale del 6,4. Le Regioni del Centro presentano tutte un tasso di natalità con valori inferiori alla media nazionale.
Nelle Regioni del Sud, i tassi di natalità più elevati sono quelli di Campania, Calabria e Sicilia ,che presentano valori superiori alla media nazionale.
La fecondità si mantiene pressoché costante rispetto agli anni precedenti: nel 2023 il numero medio di figli per donna è pari a 1,20 (rispetto a 1,42 del 2012). I dati per il 2023 danno livelli più elevati di fecondità al Nord ,nelle Province Autonome di Trento e Bolzano e nel Mezzogiorno in Campania e Sicilia. Le regioni in assoluto meno prolifiche sono invece Sardegna e Molise.
Il tasso di mortalità infantile, che misura la mortalità nel primo anno di vita, è pari nel 2021 a 2,6 bambini ogni mille nati vivi. Negli ultimi 10 anni tale tasso ha continuato a diminuire su tutto il territorio italiano, anche se negli anni più recenti si assiste ad un rallentamento di questo trend. Permangono, inoltre, notevoli differenze
territoriali.
Il tasso di mortalità neonatale rappresenta la mortalità entro il primo mese di vita e contribuisce per oltre il 75% alla mortalità infantile. I decessi nel primo mese di vita sono dovuti principalmente a cause cosiddette endogene, legate alle condizioni della gravidanza e del parto o a malformazioni congenite del bambino.
DOVE PARTORISCONO LE DONNE IN ITALIA
Il 90,1% dei parti nel 2023 è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 9,8% nelle case di cura e solo lo 0,13% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, etc.). Il 61,7% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui.
IL PARTO
La donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 94,84% dei casi il padre del bambino, nel 4,26% un familiare e nello 0,90% un’altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un’altra risulta essere influenzata dall’area geografica.
Si conferma il ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. In media, nel 2023 il 30,3% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. I dati denotano comunque una tendenza alla diminuzione in linea con le indicazioni delle “Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”.
I NEONATI
Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi e il 6,1% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 98,5% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10.
Sono stati rilevati 919 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,40 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.507 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita.
LE CARATTERISTICHE DELLE MADRI: CITTADINANZA, GRADO DI ISTRUZIONE E PROFESSIONE
Nel 2023, circa il 20,1% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (29,6%) e dell’Unione Europea (17,9%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 21,0% e l’8,3% delle madri straniere. L’età media della madre è di 33,2 anni per le italiane mentre scende a 31,2 anni per le cittadine straniere.
Delle donne che hanno partorito nell’anno 2023 il 42,4% ha una scolarità medio alta, il 22,0% medio bassa ed il 35,6% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (41,2%).
L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 60,1% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 23,7% sono casalinghe e il 14,2% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2023 è per il 50,1% quella di casalinga a fronte del 67,9% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.
IL RICORSO ALLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
Il ricorso a una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) risulta effettuato in media in 3,9 gravidanze ogni 100. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).
VISITE E TECNICHE DIAGNOSTICHE
Nel 92,9% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 76,7% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. Nell’ambito delle tecniche diagnostiche prenatali invasive sono state effettuate in media 2,0 amniocentesi ogni 100 parti.
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A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato nel 5,17% dei casi denotando un trend decrescente nell’ultimo triennio.