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Il report

Maternità in Italia 2024: le madri “equilibriste” in Sicilia, è più difficile conciliare impegni familiari e lavorativi

sabato 11 Maggio 2024

La Sicilia al terz’ultimo posto della classifica delle regioni più “mother friendly”. In cima c’è ancora una volta la Provincia autonoma di Bolzano, seguita dall’Emilia Romagna, mentre l’ultimo posto è della Basilicata. Una carenza in tema di servizi che mette in luce le innumerevoli difficoltà delle mamme nel mondo del lavoro e nella gestione familiare.

Per il nono anno consecutivo, in vista della Festa della Mammapubblicato il rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024” di Save The Children che ha elaborato la classifica con l’Istat, e che traccia un bilancio e il quadro della situazione che le donne in Italia devono affrontare quando scelgono di diventare mamme.

 

Report “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024”

 

Oggi più che mai la maternità si trova al centro del dibattito pubblico: ne parlano i media, i decisori politici, vengono avanzate proposte a favore delle madri lavoratrici. Nonostante questo, o proprio per questo, c’è bisogno di comprendere a pieno i motivi per cui nel Paese ci sono sempre meno madri e quale sia la loro condizione nel mondo del lavoro e nella gestione quotidiana della genitorialità.

 

 

Dati in Sicilia

 

Nell’ultimo rapporto, la Sicilia rivela dati non proprio lusinghieri nelle varie aree indicate, rispetto al resto del Paese.

Quest’anno “L’indice delle madri per regione” è il risultato di una analisi basata su 7 domini: demografia, lavoro, rappresentanza, salute, servizi, soddisfazione soggettiva e violenza, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale.

 

Classifica delle Regioni

 

Nell’area Demografia, che considera l’indicatore elementare del numero medio di figli per donna o tasso di fecondità totale per Regione, la Sicilia è al secondo posto tra le regioni italiane, con un valore superiore alla media italiana. La precede solo la Provincia Autonoma di Bolzano.

Nel dominio della Rappresentanza, il Lazio guadagna la prima posizione, mentre la Basilicata si conferma ultima. La Sicilia, invece, si posiziona al 12º posto su 20 regioni considerate.

Per quanto concerne la Violenza, il Friuli-Venezia Giulia mantiene la prima posizione, con il più alto tasso di Centri antiviolenza e case rifugio per donne. La Sicilia si colloca al 14º posto in questa categoria.

Nella dimensione della Soddisfazione Soggettiva, la Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen raggiunge livelli superiori al valore nazionale, mentre la Sicilia risulta al 17º posto, con un punteggio inferiore alla media nazionale.

Nell’area Salute, l’Umbria primeggia, mentre la Liguria e la Basilicata si collocano in fondo all’indice. La Sicilia si posiziona al 16º posto per la Salute materna e infantile.

Nel settore Lavoro costituita dagli indicatori del tasso di occupazione madri con figli minorenni, tasso di part-time involontario per le donne, le donne occupate in lavori a termine da almeno 5 anni e numero di dimissioni per le madri con figli 0-3 (Inl) per ogni 1000 donne occupate. La Sicilia occupa la ventesima posizione, un risultato che anche se vede un miglioramento di una posizione rispetto all’anno precedente, continua ad essere un dato non proprio buono.

Molto negativi invece i risultati per quanto riguarda concerne i Servizi, con la Sicilia che si posiziona all’ultimo posto, seguita dalla Campania e dalla Puglia, mentre la Provincia Autonoma di Trento e la Valle D’Aosta dominano la classifica.

 

 

Nonostante i divari territoriali si siano ridotti rispetto all’anno precedente, persistono significative differenze tra Nord e Sud del Paese e in particolare della Sicilia.

Si registrano marcate disparità territoriali, a danno delle regioni del Sud dove per le donne, l’occupazione si ferma al 48,9% per coloro senza figli (sono il 79,8% al nord e 74,4% al centro) e scende al 42% in presenza di figli minori arrivando al 40% per le donne con due o più figli minori (al nord sono il 73,2% e al centro 68,3%). Medesime disparità si notano anche per gli uomini, anche se con valori diversi: nel meridione gli uomini senza figli occupati arrivano al 61,5%, (sono 86,7% al Nord e 81,3%, al Centro), mentre quelli con figli minori raggiungono l’82,8% (96,7% al Nord e 94,5% al Centro).

 

 

Antonella Inverno

“La buona notizia è che rispetto al 2022 i divari territoriali sono diminuiti e nella speciale classifica stilata dall’Istat per il nostro Indice delle madri la distanza tra la Basilicata, l’ultima della lista, e la Provincia autonoma di Bolzano, la regione con le migliori performance, è diminuita di 7 punti. Anche il valore complessivo dell’Italia come sistema Paese è aumentato, segno di una maggiore consapevolezza sul tema del supporto alla genitorialità dopo anni di dibattito pubblico”, ha dichiarato Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi Dati di Save the Children Italia.

“In questa direzione va anche il recente provvedimento che finanzia circa 25mila posti nella rete dei servizi educativi all’infanzia, anche se non siamo ancora agli obiettivi fissati inizialmente dal Pnrr – ha continuato Antonella Inverno – Non bisogna abbassare il livello dell’attenzione, anche perché rispetto alla condizione delle mamme permangono forti disparità soprattutto tra il Sud e il Nord del Paese”

Maternità e lavoro: il “Gender Gap” in Italia

 

Il rapporto, a livello nazionale, mette in luce anche le innumerevoli difficoltà che affrontano nel mondo del lavoro e nella maternità.

I dati più importanti rilevati nella classifica delle regioni, vedono la Toscana guadagnare una posizione, conquistando il terzo posto. Tra le regioni che più sono migliorate rispetto all’anno precedente, il Lazio che passa dal tredicesimo all’ottavo posto guadagnando cinque posizioni e la Lombardia che dall’ottavo si attesta al quarto.

Nel documento Save The Children mette in evidenza che in Italia: una lavoratrice su cinque esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre; il 72,8% delle “convalide” delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne; continua a calare il numero medio di figli per donna (1,20); c’è la più alta età media delle donne al parto tra i Paesi Europei (32,5 anni).

 

 

Una spia delle difficoltà che le madri affrontano nel conciliare impegni familiari e lavorativi – viene spiegato nel rapporto – è rappresentata dal numero di donne occupate di età compresa tra i 25 e i 54 anni: a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà di quelle con due o più figli minori ha un impiego (57,8%). Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione totale è dell’83,7%, con una variazione che va dal 77,3% per coloro senza figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ne ha due o più.

In Italia, il tasso di occupazione femminile nel 2023 era del 52,5%, inferiore alla media dell’UE (65,8%). Il gender gap nell’occupazione è di 17,9 punti percentuali, uno dei più alti in Europa.

Le madri sono particolarmente penalizzate nel trovare un impiego compatibile con la famiglia. Mentre il 68,7% delle donne senza figli lavora, solo il 57,8% di quelle con due o più figli minori è impiegato. Al contrario, l’83,7% degli uomini lavora, con poche differenze tra chi ha figli e chi no.

 

 

Le donne ricorrono al lavoro part-time più degli uomini, con il 31,3% delle lavoratrici impiegate in tale regime, spesso involontariamente. Tra le donne con figli, la percentuale sale al 36,7%, mentre tra gli uomini rimane bassa, con solo il 6,6% che lavora part-time.

La difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia è un fattore determinante nel basso tasso di fecondità. Nel 2023, l’Italia ha registrato il minimo storico delle nascite, con un calo del 3,6% rispetto all’anno precedente. Anche le donne straniere sono coinvolte, con una diminuzione di 3mila nati nel 2023.

L’età media delle donne al primo figlio è di circa 31,6 anni, con l’8,9% delle primipare oltre i 40 anni. Questi dati evidenziano la necessità di politiche che favoriscano la conciliazione tra lavoro e famiglia, al fine di garantire alle donne opportunità di carriera e una vita familiare soddisfacente.

Le dimissioni volontarie post genitorialità mostrano una disparità di genere nel mondo del lavoro. Nel 2022, in Italia, sono state effettuate complessivamente 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori con figli in età 0-3, in crescita del 17,1% rispetto all’anno precedente. Il 72,8% riguarda donne, mentre il 27,2% uomini.

Per le donne, il principale motivo è la difficoltà nel conciliare lavoro e cura del bambino, attribuita al 41,7% alla mancanza di servizi di assistenza e al 21,9% ai problemi di organizzazione del lavoro. Gli impegni legati alla cura rappresentano il 63,6% dei motivi di dimissioni.

 

 

Per gli uomini, il motivo principale è di natura professionale: il 78,9% ha dichiarato che la fine del rapporto di lavoro è stata dovuta a un cambio di azienda e solo il 7,1% ha riportato esigenze di cura dei figli.

Questi dati evidenziano le complesse dinamiche che le madri devono affrontare nel bilanciare lavoro e famiglia, sottolineando la necessità di politiche e servizi di supporto alla genitorialità per garantire pari opportunità nel mondo del lavoro.

Daniela Fatarella

Il report, alla conclusione, presenta una serie di proposte di Save The Children e in merito, Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia ha dichiarato che “In Italia si parla molto della crisi delle nascite, ma non si dedica sufficiente attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme, “equilibriste” di oggi, sulle quali grava la quasi totalità del lavoro di cura. Un Paese nel quale le madri sono ancora troppo in affanno, ancora diviso tra Nord e Sud, con regioni più o meno accoglienti per le donne con figli. Occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Oggi la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento. Bisogna sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatorio il family audit e promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione.

“Occorre, inoltre, assicurare ai nuovi nati l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Gli esempi europei ci sottolineano come, affinché le riforme abbiano un effetto positivo sul benessere delle famiglie, e quindi indirettamente anche sulla fecondità esse debbano essere stabili. Le frequenti riforme e inversioni delle politiche familiari le rendono imprevedibili, poco affidabili e confuse, con un impatto potenzialmente negativo sulle famiglie e sulle donne in particolare” conclude Daniela Fatarella.

 

Fonte dati: Report “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024” di Save The Children 

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