Immaginate un’intera generazione in bilico, giovani che non studiano, non lavorano e non si formano, bloccati in un limbo che sottrae energie vitali al futuro del Paese. Questa è la cruda realtà dei Neet (Not in Education, Employment, or Training) in Italia, un fenomeno che si configura come una vera e propria emergenza sociale, con proporzioni allarmanti e un impatto profondo sul tessuto economico e civile.
Nel 2024 l’Italia registra oltre 2 milioni di Neet, ovvero giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Si tratta del secondo dato più alto in Europa, dopo la Romania.
A lanciare l’allarme è l’osservatorio “Dedalo”, nato per monitorare i cosiddetti “giovani non invisibili”. Preoccupa in particolare la disparità di genere: tra i Neet over 30, le donne sono il doppio rispetto agli uomini
“Il fenomeno dei Neet, in particolare nel Mezzogiorno, si presenta come una vera e propria piaga sociale che depaupera il Paese di energie, capacità e potenzialità”. Questa dichiarazione di Fabrizio D’Ascenzo, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università La Sapienza e Direttore scientifico di Fondazione GI Group, racchiude l’urgenza di un problema che va oltre la mera statistica.
Il Report “NEET Dedalo”
Attraverso “Dedalo”, la Fondazione ha creato un osservatorio permanente per analizzare a fondo il fenomeno dei giovani che non studiano, non lavorano e non si formano, proponendo soluzioni concrete.
L’iniziativa si avvale della collaborazione di un Comitato Scientifico, di un Advisory Board sui NEET e di partnership con enti come l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo, garantendo un approccio multidisciplinare e una solida base di conoscenza.
Chi sono i Neet?

Essere Neet è un evento comune durante la transizione scuola-lavoro, ma il permanere a lungo in tale condizione o un’elevata incidenza a livello collettivo segnalano difficoltà nell’accesso o nella permanenza nel mercato del lavoro. Il tasso Neet è un indicatore cruciale dell’efficacia del processo di transizione e misura lo spreco di potenziale delle nuove generazioni, rientrando tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Nel 2022, l’Italia contava 2,7 milioni di Neet nella fascia 15-34 anni, un impressionante 23,1% del totale giovanile, un dato che ci pone drammaticamente al di sopra della media europea (circa 13,1%). Se si restringe lo sguardo ai giovani tra i 20 e i 34 anni, la percentuale nazionale si impenna al 26,4%, superando di oltre 10 punti percentuali la media UE27 (14,7%).
Ma è scendendo nel cuore del Sud che la situazione si rivela ancora più critica: qui l’incidenza media dei Neet (20-34 anni) raggiunge il 30,8%. E in questo scenario, la Sicilia emerge come la regione emblema di questa crisi, registrando nel 2022 un desolante 32,1% di Neet tra i 15 e i 34 anni, quasi nove punti percentuali in più rispetto alla già elevata media nazionale.
Un dato che non è solo una cifra, ma il riflesso di un’Isola di potenzialità inespresse, dove il futuro di troppi giovani è ancora sospeso. Che sottolinea l’urgenza di interventi mirati e politiche efficaci per favorire l’inclusione di questi giovani nel contesto regionale.
Focus sulla Sicilia: un contesto di profonda crisi e potenzialità giovanili inespresse
La Sicilia si configura come una delle regioni dove incide il problema NEET in Italia, con un’incidenza che supera significativamente la media nazionale ed europea, attestandosi al 32,1% nella fascia 15-34 anni nel 2022. Questo dato non è solo un numero, ma il sintomo di una realtà complessa, stratificata e profondamente radicata nel tessuto socio-economico dell’isola.
Analizzare il fenomeno in Sicilia significa immergersi in un contesto caratterizzato da specificità culturali, storiche ed economiche che amplificano le dinamiche di esclusione giovanile.
I problemi strutturali e di lungo corso siciliani che contribuiscono all’elevato numero di Neet
Uno dei fattori principali che contribuiscono all’elevato numero di NEET in Sicilia è la persistente debolezza del mercato del lavoro. La regione soffre di un’endemica scarsità di opportunità occupazionali, soprattutto per i giovani, con un tasso di disoccupazione giovanile che si mantiene su livelli elevati. Le imprese presenti sul territorio sono spesso di piccole e medie dimensioni, con una limitata capacità di assorbimento della forza lavoro e una scarsa propensione all’innovazione.
Settori tradizionali come l’agricoltura e il turismo, pur essendo trainanti, non riescono a generare un numero sufficiente di posti di lavoro qualificati e stabili per i giovani, spesso orientati verso percorsi professionali diversi. La fuga di cervelli, ovvero l’emigrazione di giovani qualificati verso altre regioni italiane o paesi esteri, depaupera ulteriormente il capitale umano dell’isola, lasciando indietro una fascia di popolazione con minori competenze o opportunità.
Ne avevamo trattato pienamente nel dicembre 2024 con Alessandro Foti, ricercatore italiano in immunologia al Max Planck Institute for Infection Biology di Berlino e autore su riviste scientifiche internazionali analizzando insieme i dati della XIX edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes,
Parallelamente, il sistema educativo e formativo siciliano presenta delle criticità che contribuiscono a generare il fenomeno Neet. Nonostante gli sforzi, persiste una disconnessione tra l’offerta formativa e le reali esigenze del mercato del lavoro. Questo gap si traduce in una difficoltà per i giovani a trovare sbocchi professionali coerenti con il percorso di studi intrapreso, o in una mancanza di competenze richieste dalle aziende.
Il tasso di abbandono scolastico, seppur in miglioramento, rimane un problema, alimentando il bacino dei Neet. Molti giovani abbandonano la scuola senza conseguire qualifiche professionali, trovandosi in una posizione di svantaggio competitivo nel mercato del lavoro. Inoltre, l’accesso a percorsi di formazione professionale di qualità, in grado di fornire competenze spendibili, non è sempre capillare o adeguatamente promosso.
La povertà educativa e la carenza di servizi di orientamento efficaci fin dalle prime fasi del percorso scolastico contribuiscono a indirizzare i giovani verso scelte non sempre ottimali, o a lasciarli privi di strumenti per navigare le transizioni tra scuola e lavoro.
Le dinamiche socio-culturali giocano anch’esse un ruolo significativo. La povertà diffusa, soprattutto in alcune aree dell’isola, può limitare le opportunità educative e professionali per i giovani, costringendoli a intraprendere percorsi di vita meno strutturati.
La scarsa mobilità sociale e la presenza di reti familiari che, in alcuni casi, possono sostenere i giovani in una condizione di inattività, contribuiscono a perpetuare il fenomeno.
Non va sottovalutato il ruolo del divario digitale, che penalizza l’accesso a informazioni e opportunità di apprendimento e lavoro online, specialmente nelle aree più remote o svantaggiate.
Il fenomeno interessa soprattutto le donne e determinate aree della Sicilia
Il report evidenzia anche che la maggior parte dei Neet siciliani sono donne, e molti di loro provengono da contesti familiari con un basso livello di istruzione. Questo suggerisce che le dinamiche di genere e il background socio-culturale familiare sono fattori determinanti nella condizione di Neet. Le donne, in particolare, possono incontrare maggiori difficoltà nell’accesso al lavoro a causa di barriere culturali o della mancanza di servizi di supporto alla conciliazione vita-lavoro.
La mancanza di istruzione dei genitori può riflettersi in minori aspettative e opportunità per i figli, creando un ciclo di svantaggio che si trasmette di generazione in generazione.
Tuttavia, è fondamentale sottolineare che il fenomeno Neet in Sicilia non è omogeneo. Esistono differenze significative tra le province, con alcune aree che presentano incidenze più elevate rispetto ad altre, probabilmente in relazione alla struttura economica locale e alla disponibilità di servizi. Comprendere queste specificità territoriali è cruciale per la progettazione di interventi efficaci e su misura.
In sintesi, la Sicilia rappresenta un caso emblematico del fenomeno, dove le fragilità del mercato del lavoro si sommano alle criticità del sistema educativo e a complesse dinamiche socio-culturali. Affrontare questa sfida richiede un approccio olistico e integrato, che tenga conto delle specificità regionali e promuova un vero cambiamento strutturale.
Siamo uno dei paesi con l’incidenza più alta in Europa per il fenomeno Neet
Il fenomeno dei Neet in Italia si distingue nel panorama europeo per la sua dimensione e persistenza. Con 2,7 milioni di giovani (15-34 anni) classificati come NEET nel 2022, pari al 23,1% del totale, l’Italia si conferma uno dei paesi con l’incidenza più alta in Europa, ben al di sopra della media EU27 che si attesta intorno al 13,1% per la stessa fascia d’età.
Questo dato è ancor più preoccupante se si considera la fascia d’età 20-34 anni, dove la percentuale nazionale sale al 26,4%, rispetto al 14,7% della media UE27.
Questa elevata percentuale di NEET a livello nazionale non è un fenomeno recente, ma una problematica strutturale che si è acutizzata negli ultimi anni, spesso in concomitanza con crisi economiche e transizioni del mercato del lavoro.
Il report evidenzia come il Mezzogiorno sia la macro-area più colpita, registrando un’incidenza media di Neet del 30,8% (20-34 anni) rispetto al 19,4% del Centro e al 15,4% del Nord. Questa polarizzazione geografica suggerisce che le cause del fenomeno sono profondamente legate alle disparità regionali in termini di opportunità economiche, infrastrutture e servizi.
Le caratteristiche dei Neet italiani sono eterogenee, ma emergono alcuni profili ricorrenti. Come detto prima per la Sicilia, anche a livello nazionale la maggior parte dei Neet sono donne (53,2%), e una quota significativa è rappresentata da giovani inattivi che non cercano attivamente lavoro e non sono disponibili a lavorare, spesso a causa di responsabilità familiari o di disillusione.
Questo dato è cruciale perché indica la necessità di politiche che non si limitino solo alla creazione di posti di lavoro, ma che agiscano anche sulle barriere sociali e culturali che impediscono l’ingresso o il reingresso nel mercato del lavoro, in particolare per le donne.
Un altro dato significativo riguarda il livello di istruzione: circa il 70% dei Neet ha al massimo un titolo di scuola secondaria superiore. Questo suggerisce una correlazione tra basso livello di istruzione e condizione di NEET, evidenziando l’importanza di investire in percorsi formativi che forniscano competenze spendibili e riducano l’abbandono scolastico.
La mancanza di qualifiche adeguate limita l’accesso a lavori stabili e ben retribuiti, intrappolando i giovani in un ciclo di precarietà o inattività.
L’Italia si trova a fronteggiare anche una quota significativa di Neet che provengono da contesti familiari con un basso livello di istruzione, indicando una trasmissione intergenerazionale della povertà educativa e sociale. Questo aspetto sottolinea la necessità di interventi precoci e di sostegno alle famiglie per spezzare questo ciclo.
Sebbene il numero totale di Neet sia leggermente diminuito negli ultimi anni, l’Italia rimane un paese con un’incidenza di NEET molto superiore alla media europea. La riattivazione di questi giovani è fondamentale non solo per il loro benessere individuale, ma anche per la crescita economica e la coesione sociale del Paese, considerando il potenziale contributo che potrebbero offrire al PIL nazionale.
Le proposte del Report per il futuro
Il report “Neet Dedalo” non si limita a fotografare una situazione critica, ma propone una serie di interventi strategici per affrontare il fenomeno in Italia, con un’attenzione particolare alle specificità regionali come quelle della Sicilia. Le proposte si basano su un approccio integrato che coinvolge diversi attori e livelli di intervento.
Un pilastro fondamentale è la personalizzazione dei percorsi di accompagnamento e inclusione. È riconosciuto che i Neet non sono un gruppo monolitico, ma individui con esigenze, ostacoli e potenzialità diverse. Pertanto, le politiche attive del lavoro devono evolvere verso un modello che offra un supporto “cucito su misura”, con tutor dedicati, bilanci di competenze approfonditi e orientamento professionale personalizzato. Questo include la messa a punto di Piani di Azione Individuali (PAI) che tengano conto del profilo specifico del giovane, delle sue aspirazioni e delle reali opportunità del territorio.

Un’altra proposta chiave riguarda il rafforzamento della sinergia tra sistema scolastico, formazione professionale e mondo del lavoro. È essenziale superare la dicotomia tra istruzione e occupazione, promuovendo percorsi formativi che rispondano alle effettive esigenze del mercato. Ciò implica l’incremento di programmi di alternanza scuola-lavoro di qualità, tirocini formativi e apprendistato, che facilitino la transizione dei giovani dalla scuola al lavoro. La formazione professionale deve essere costantemente aggiornata per fornire competenze digitali e “soft skills”, sempre più richieste dalle imprese.
Il report sottolinea anche l’importanza di interventi mirati per le categorie più svantaggiate e per le aree geografiche con maggiore incidenza di Neet, come il Mezzogiorno e la Sicilia. Ciò include azioni volte a ridurre il divario di genere nel mercato del lavoro, fornendo alle giovani donne strumenti e opportunità per superare le barriere esistenti. Particolare attenzione deve essere rivolta ai Neet con basso livello di istruzione, offrendo percorsi di recupero delle competenze di base e di riqualificazione professionale.

Un aspetto innovativo delle proposte è l’enfasi sulla valorizzazione del potenziale dei giovani e sulla riattivazione delle loro energie. Questo significa non solo offrire opportunità di lavoro, ma anche stimolare l’imprenditorialità giovanile, supportando la creazione di startup e attività innovative. Si suggerisce di promuovere il servizio civile universale e altre forme di impegno civico come strumenti per sviluppare competenze trasversali e favorire l’inclusione sociale.
Infine, il report raccomanda un monitoraggio costante e una valutazione dell’efficacia delle politiche. È fondamentale raccogliere dati precisi e aggiornati per comprendere l’evoluzione del fenomeno e adattare le strategie in base ai risultati ottenuti. La collaborazione tra enti pubblici, privati e terzo settore è vista come cruciale per massimizzare l’impatto degli interventi e creare una rete di supporto capillare per i giovani.

In sintesi, il report delinea una strategia articolata che va oltre la semplice offerta di lavoro, puntando sulla costruzione di percorsi personalizzati, sulla sinergia tra istruzione e lavoro, sull’equità di genere e territoriale, sulla valorizzazione del potenziale giovanile e su un monitoraggio rigoroso.
Con l’obiettivo ambizioso e urgente di trasformare il disagio dei Neet in un’opportunità di crescita per l’intera società, con la Sicilia in prima linea in questa sfida per il futuro.
FONTE DATI: Report DEDALO – NEET, giovani non invisibili: sfide e risposte per attivare le risorse del futuro
Nota Metodologica del Report “NEET Dedalo”
Il report “Neet Dedalo: Laboratorio permanente sul fenomeno Neet” adotta un approccio metodologico basato sull’analisi di dati statistici ufficiali e sulla sintesi di ricerche esistenti per inquadrare il fenomeno Neet in Italia e in Europa.
I dati utilizzati nel report “NEET Dedalo” provengono principalmente da fonti statistiche ufficiali, le cui principali sono:
- Eurostat: l’ufficio statistico dell’Unione Europea, utilizzato per i confronti internazionali sul fenomeno NEET tra i vari paesi membri.
- ISTAT: l’Istituto Nazionale di Statistica italiano, che fornisce i dati specifici sul panorama italiano, incluse le disaggregazioni per età, genere, livello di istruzione e ripartizioni geografiche (Nord, Centro, Mezzogiorno, e dati regionali).
Il report si basa sull’analisi e l’elaborazione di questi dati consolidati per costruire il quadro del fenomeno NEET.