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Nubi fosche sulla nuova Ars, riciclaggio: indagato il neodeputato Luigi Genovese

giovedì 23 Novembre 2017
luigi genovese

Oltre ad essere il deputato più giovane delle ultime elezioni regionali è anche colui che ha preso più preferenze, oggi è nel mirino del procuratore di Messina Maurizio De Lucia, che ha aperto un’indagine nei suoi confronti per riciclaggio di denaro. Si tratta di Luigi Genovese, eletto all’ars con Forza Italia, ottenendo quasi 18 mila voti, nonostante fosse nella famosa lista degli “impresentabili” pubblicata dal Movimento 5 stelle, perchè figlio di Francantonio Genovese, ex parlamentare, condannato a undici anni per lo scandalo della formazione professionale in Sicilia.

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina sta facendo accertamenti sul giovane deputato e sulla sua famiglia.

Il principale indagato è proprio il padre di Luigi, Francantonio. I finanzieri hanno sequestrato società di capitali, conti correnti, beni mobili ed immobili, ed azioni riconducibili all’ex parlamentare. Le indagini hanno inizialmente consentito di trovare fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso la società Credit Suisse Bermuda. I fondi sono in parte transitati presso una banca di Montecarlo e intestati ad una società panamense (Palmarich Investments) controllata da Francantonio Genovese e dalla moglie Chiara Schirò; in parte (per oltre 6 milioni) sono stati trasferiti in contanti in Italia direttamente a Genovese attraverso “spalloni”. In questo modo i Genovese avrebbero cercato di renderli irrintracciabili.

Per gli inquirenti, le verifiche sui redditi di Francantonio Genovese, che ha sostenuto che il denaro fosse di suo padre, hanno accertato che il patrimonio di famiglia non è compatibile con le entrate dichiarate. Da qui la contestazione di riciclaggio per denaro derivante da reato, quantomeno da evasione fiscale.

Dopo che la moglie del deputato nazionale ha aderito alla voluntary disclosure per la parte di sua competenza ed ai limitati effetti delle sanzioni previste dalla annualità in corso di accertamento, sono emersi altri illeciti.
A partire dal 2016, a Genovese erano stati notificati da parte dell’Agenzia delle Entrate alcuni avvisi di accertamento per oltre 20 milioni di euro derivanti dalla conclusione di verifiche fiscali condotte nei suoi confronti: le indagini hanno messo in luce una complessa attività di ulteriore riciclaggio finalizzata anche a frodare il fisco. E’ emerso infatti che gli indagati, anche avvalendosi di alcune società a loro riconducibili, hanno condotto operazioni immobiliari volte a trasferire ad altri beni immobili e disponibilità finanziarie per eludere il possibile sequestro dei 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle sanzioni amministrative che hanno raggiunto circa 25 milioni di euro.

Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti, si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, attraverso la società schermo GE.FIN. s.r.l. (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva il 99% ed il 45% delle quote sociali, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio. Le partecipazioni societarie sono state dismesse attraverso strumentali e complesse operazioni di riorganizzazione del patrimonio sociale delle medesime.

Dopo le elezioni regionali del 5 novembre scorso, Luigi Genovese è il quarto neodeputato dell’Ars a finire inquisito.

Il ragazzo, appena ventunenne, secondo gli inquirenti avrebbe avuto un ruolo determinante nelle operazioni societarie fatte dal padre Francantonio, pure lui indagato, per riciclare, complessivamente, circa 30 milioni di euro.

Per la Guardia di Finanza, che ha condotto l’indagine, i Genovese avrebbero usato quella che nel gergo si chiama la “tecnica dell’altalena”. Per mettere al riparo i 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle sanzioni amministrative collezionate, che hanno raggiunto circa 25 milioni di euro, Francantonio Genovese si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio.

Le partecipazioni societarie sono state dismesse attraverso strumentali operazioni: è stata deliberata, infatti, la riduzione del capitale sociale delle società, al di sotto della soglia di legge prevista dalla legge, per far fronte alle perdite artificiosamente generate dagli stessi indagati. Poi è stato disposto il ripianamento delle società attraverso un nuovo versamento di capitale a carico dei soci. Anziché provvedere in prima persona, nonostante ne avesse le possibilità finanziarie, Francantonio Genovese ha dichiarato di rinunciare alla qualità di socio per mancanza dei fondi necessari, poche decine di migliaia di euro, per partecipare all’aumento di capitale, permettendo così, ex novo, l’ingresso in società del figlio, Luigi, privo di risorse economiche proprie.

Questo ha permesso a Genovese di vanificare gli effetti del pignoramento che sulle sue quote era stato effettuato da Riscossione Sicilia. Egli infatti ha partecipato come custode delle quote alle assemblee nelle quali si è deciso di azzerare il valore delle proprie azioni – dell’importo di svariati milioni di euro – e di consentire al figlio Luigi di subentrare – con la sottoscrizione di strumentali aumenti di capitale – nella titolarità piena della società eludendo il pignoramento.

Le finalità illecite delle condotte sarebbero state dimostrate dal fatto che Luigi Genovese, ha versato la propria quota di capitale con denaro ricevuto tramite bonifico, nei giorni immediatamente precedenti alle operazioni, dal padre.

L’ammontare dei beni sequestrati dalla Finanza ammonta a circa 100 milioni di euro. 

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