Se nella provincia autonoma di Bolzano gli occupati son il 79% della popolazione, tra le persone tra i 20 e i 64 anni, in Sicilia il dato arriva appena al 44,1%: un abisso di 35 punti percentuali.
Questo, uno dei quadri che emerge dal dossier Agi-Openpolis su dati Istat 2018, secondo cui vi è una forte discrepanza tra le regioni del Nord, tutte al di sopra della media del 63%, e quelle del Sud, che presentano i tassi di occupazione più bassi: oltre alla Sicilia, la Campania con il 45,3%, la Calabria con 45,6%, Puglia 49,4%.
In Emilia Romagna, invece, la percentuale di occupati è del 74,4%, nella Provincia di Trento del 73,6%, in Valle d’Aosta del 72,9% e in Lombardia del 72,6%.
Rispetto al 2008, la situazione della Sicilia e della Calabria è decisamente peggiorata (rispettivamente -4,2% e -2,7%); variazioni positive sono state registrate al Nord e in Toscana, con l’eccezione della Liguria (-0,2%).
Le regioni settentrionali sono quindi uscite dalla crisi economica, mentre quelle del Mezzogiorno continuano a retrocedere. Rispetto all’obiettivo 2020 del 67%, l’occupazione dovrebbe crescere per l’intero territorio nazionale di 4 punti: ma se per Lazio (65,3%) e Abruzzo (62,2%) la meta può apparire raggiungibile, per le regioni meridionali la distanza è nell’ordine di circa venti punti percentuali.