Un’importante missione umanitaria si è recentemente conclusa con successo in India, grazie alla collaborazione tra le Università di Palermo, Bologna e Pisa. Dal 5 al 18 gennaio, un team di esperti italiani ha lavorato intensamente per offrire supporto sanitario alla popolazione tibetana, in particolare ai bambini, agli adolescenti e ai monaci che vivono nei rifugi situati nel distretto di Bylakuppe, nel sud dell’India. Questa missione, che si è svolta nell’Università Monastica Tibetana di Sera Jey e nell’insediamento tibetano di Bylakuppe, è stata un esempio di solidarietà e di condivisione di conoscenze in ambito medico e sanitario.
Un progetto multidimensionale di salute e prevenzione
“Il nostro progetto è stato multidimensionale, cercando non solo di risolvere problemi immediati di salute orale, ma anche di fornire conoscenze più ampie sulla prevenzione e sull’importanza di una corretta igiene orale e alimentare“. A raccontarlo la missione è Giuseppina Campisi, professoressa ordinaria di Odontoiatria del Dip. BiND UniPa.
“La missione si è articolata in un ampio progetto che ha incluso diverse attività, tutte focalizzate sul miglioramento delle condizioni sanitarie e sulla prevenzione delle malattie – prosegue -. In particolare, il team si è concentrato sulla salute orale, offrendo screening e trattamenti ai circa 1.100 bambini delle scuole locali, sia secolari che monastiche. Ma non solo: l’iniziativa ha coinvolto anche gli adulti e i monaci, tra cui molti over 50 anni, che risiedono nel Monastero di Sera Jey, una delle strutture monastiche più importanti, che ospita oltre 3.000 monaci. L’obiettivo principale della missione era quello di condurre una campagna di prevenzione orale primaria e secondaria, ma il team ha anche lavorato per trasferire modelli di gestione sanitaria e di prevenzione primaria e secondaria, che potessero essere utili per il futuro“.
Il team, infatti, ha visitato scuole, monasteri e strutture sanitarie locali, concentrandosi non solo sulla diagnosi e sui trattamenti urgenti, ma anche sull’educazione dei bambini e degli adulti riguardo le corrette abitudini alimentari e igieniche, fondamentali per la salute orale a lungo termine. Grazie all’uso della cartella sanitaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono state eseguite circa 400 prestazioni urgenti, coprendo le necessità più immediate e consentendo la catalogazione delle malattie.
Collaborazione e ricerca
Uno degli aspetti più significativi della missione è stata la collaborazione tra le diverse università italiane e i ricercatori presenti. Oltre ai medici odontoiatri, il team ha visto la partecipazione di specialisti in intelligenza artificiale, che hanno contribuito all’analisi in tempo reale delle immagini cliniche, una collaborazione che ha avuto un impatto positivo sul lavoro svolto. Il prof. Mario Cimino, esperto di Intelligenza Artificiale applicata all’analisi delle immagini presso l‘Università di Pisa, ha lavorato a distanza per aiutare a interpretare le immagini dei casi più complessi, mettendo a disposizione la sua esperienza per ottimizzare il trattamento delle patologie riscontrate.
“Come Università, ovviamente, abbiamo portato avanti un protocollo di ricerca, con l’obiettivo di raccogliere dati su quali siano le variabili più comuni che contribuiscono alle patologie orali nella popolazione tibetana. L’Università di Bologna, che ha portato un supporto importante nell’istruzione e nella distribuzione di dispositivi per la salute orale, come spazzolini e materiale educativo. Inoltre, grazie ai colleghi prof. Gandolfi e Prati, siamo riusciti a fornire trattamenti di terapia endodontica ai monaci, il che ha significato un grande passo nel miglioramento delle cure sanitarie offerte“.
Un’esperienza che cambia la vita
“Questa missione ci ha insegnato tanto – continua Campisi -. Ci ha permesso di lavorare fianco a fianco con altre università e di mettere in pratica ciò che abbiamo imparato nel nostro campo, ma anche di vivere a stretto contatto con una realtà così diversa dalla nostra. La cosa più bella è stata l’emozione di fare del bene, e di poter lavorare con un gruppo di ricerca che ha davvero dato il massimo per queste persone. È stato un lavoro duro, che ci ha visto impegnati più di 12 ore al giorno, ma la soddisfazione è stata immensa. Inoltre, l’improvviso incontro con il Dalai Lama è stato un momento straordinario, quasi magico”.