Quasi 2.000 lavoratori irregolari, per lo più bengalesi e dell’Europa dell’est, retribuiti con paghe misere, sono stati scoperti dalla Guardia di Finanza nella cantieristica navale di Venezia, nell’ambito di un’attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica lagunare.
L’indagine, in collaborazione con l’Ispettorato del lavoro, era mirata a far emergere l’esistenza di sistematiche condotte di sfruttamento della manodopera all’interno dei cantieri navali veneziani. Si tratta di lavoratori che venivano retribuiti con paghe irregolari e spesso privati dei più elementari diritti sanciti dai contratti collettivi.
Non solo il Veneto, nell’attività investigativa della Gdf di Venezia sono coinvolte anche altra 5 regioni, tra cui la Sicilia. Le verifiche, soprattutto mirate alle irregolarità fiscali perpetrate da queste ditte, hanno preso le mosse dall’indagine delle fiamme gialle che nei mesi scorsi ha portato all’apertura del processo a Venezia in cui sono indagati 13 ex dipendenti della Fincantieri di Marghera, oltre, e i titolari di un’altra dozzina di società, con le accuse di caporalato e sfruttamento per lo più di lavoratori del Bangladesh. Processo, alle fasi preliminari, che vede la stessa Fincantieri parte lesa, e parte civile nel dibattimento, per l’infedeltà dei suoi dipendenti. Le ditte dell’appalto e del subappalto in cui sono emerse le irregolarità fiscali sono le stesse già finite nell’indagine penale: sono gestite da connazionali (albanesi, del Bangladesh, dei Balcani) degli stessi operai sfruttati e sottopagati. Gli operai più sfruttati, un gruppi di 385 sui quasi 2mila individuati, cedevano al ricatti del contratto irregolare perchè avevano l’impellente necessità di poter rinnovare i permessi di soggiorno nel nostro Paese.