Che cos’è la comunicazione, quali sono i vantaggi, come si comunica, che cosa e perché si deve comunicare?
Nei tempi più antichi la comunicazione era gestuale e caratterizzata da espressioni onomatopeiche, vocalizzi e segni. Grazie all’istinto, alla volontà di espressione e interazione gli esseri umani hanno alimentato e allungato l’infinita serie di suoni onomatopeici che sono stati alla base della creazione delle parole, della grammatica che le lega e della semantica che ci consente di comunicare con i simboli, i significati e i significanti. Tutti possediamo dalla nascita delle abilità linguistiche e relative strutture biologiche preposte innate ma ogni bambino nasce con una predisposizione particolare a imparare una data lingua o il linguaggio dei segni meglio di altri, soprattutto se l’ambiente è facilitante. La cosa più difficile da imparare, però, è come comunicare. Il parlare comporta la produzione di suoni dall’apparato fonatorio. I volatili parlanti, come alcuni pappagalli, sono capaci di imitare parole umane. Questo non significa saper comunicare e non perché i suoni sono solo imitati in assenza dell’acquisizione di una sintassi. D’altro canto chi è sordo può comunicare perfettamente usando il linguaggio dei segni.
Quali sono gli assiomi della comunicazione umana? I postulati seguendo i quali si può comunicare nel modo migliore in qualunque situazione o condizione? Li ridefinirò sulla scia di Watzlawick cercando di mantenermi a tre livelli di comunicazione: di contenuto, di relazione e di scienza.
Mettendoli in ordine di importanza e di priorità, innanzitutto pongo come primo assioma della comunicazione quello del campo energetico lewiniano perché è impossibile comunicare nello stesso modo in qualunque spazio vitale. Il campo energetico individuato da Lewin è, infatti, uno spazio geometrico che caratterizza uno specifico individuo e la sua interazione con altri soggetti con campi strutturanti differenti e condizionati dalla psiche e dal livello evolutivo. Si tratta di una molecola di comportamenti umani, un insieme di forze uguali e diverse che agiscono fra di loro e che hanno la possibilità di alterare la personalità, inducendo l’evoluzione o il suo contrario.
Come secondo assioma della comunicazione consideriamo la necessità di adeguarsi all’interlocutore e di entrare in sintonia con lui. Un aspetto della comunicazione è sicuramente quello del contenuto, cioè cosa viene effettivamente detto attraverso le parole, i gesti, il silenzio. L’individuo che dimostra forza ed equilibrio è colui che mette in primo piano quello che comunica l’altro perché non ha nulla da dimostrare, si rende conto dei limiti altrui e li rispetta, senza urtare la sensibilità dell’altro facendolo sentire più piccolo. Se l’altro ha avuto una appercezione, certamente è condizionata dal suo livello evolutivo e per evitare il conflitto è sufficiente dispiacersi se non scusarsi per non aver fatto volutamente ciò di cui si è accusati. C’è molto da imparare di se stessi specchiandosi pure in uno stagno. Ed ecco che arrivo a quello che considero il terzo assioma per comunicare bene: essere assertivi. Come si impara a farsi valere nel rispetto di se stessi e degli altri? Ci vuole un’educazione certamente improntata a fare accrescere l’empatia ma anche l’autostima, quindi, direi che l’ assertivo è colui che si muove nello spazio e nel tempo in assenza di agitazione (atarassia), accetta il cambiamento e le sfide e, quando le vince, accumula successi e pillole di savoir faire. Il quarto assioma lo vedo nascere di conseguenza ed è dato dalla capacità di autocontrollarsi, di regolare parole, emozioni e impulsi che è, secondo me, ben espresso nel noto aforisma: una parola è troppa e due sono poche. Il quinto assioma ritengo sia costituito dal fatto che il silenzio e il non detto sono comunicazione. Il sesto viaggia nello stesso vagone perché è costituito dal leggere il linguaggio dei sintomi e come “metamedica” focalizzo sempre la mia attenzione a tutto quello che mi racconta il paziente di sé anche attraverso i sintomi organici, non solo psicologici. Il settimo assioma che io ho considerato nella elucubrazione di oggi è rappresentato dall’importanza che ha ascoltare l’istinto, imparare a farlo da bambini e, soprattutto, lasciare che i bambini seguano il loro istinto primordiale e non il proprio, anche se questo può voler dire il venir meno della necessità di proteggerli e impedire loro di sbagliare, perché errare è umano e necessario per l’evoluzione. Attenzione a non confondere l’istinto con l’impulso: come fare? Semplicemente, è necessario riflettere bene prima di agire. Se si pensa sia giusto profferir parola, prima di tutto occorre immaginare le conseguenze e tentare di prepararsi una sorta di discorso a mente adeguato a chi è rivolto. Il principio deve essere sempre: ne vale la pena? Cosa voglio ottenere?
Ho individuato l’ottavo assioma grazie all’immagine che ho estrapolato dal mio romanzo Ziza (2008): nel comunicare bisogna sempre mantenersi al centro fra libertà, amore, odio e potere.
È proprio vero che le parole sono importanti, tanto è vero che noi psicologi abbiamo il potere di agire il cambiamento benefico sulle persone già con il silenzio, i gesti e, infine, con la voce e l’accento su un determinato discorso piuttosto che su di un altro. Mettere insieme i suoni rispettando la sintassi è difficile ma farlo rispettando gli assiomi della comunicazione, se stessi e l’interlocutore lo è ancora di più.