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L’esposizione

Palermo, a Villa Niscemi arriva la mostra del pittore Gianfranco Trapani

mercoledì 30 Aprile 2025

Dal 16 al 25 maggio 2025, le sale di Villa Niscemi a Palermo ospitano “Isola Interiore”, un’importante mostra dedicata al pittore palermitano Gianfranco Trapani.

L’esposizione, a cura di Roberta Trapani, con la collaborazione di Isabella Trapani e il progetto grafico di Chiara Scordato, è promossa con il patrocinio del Comune di Palermo e rappresenta un’occasione rara per avvicinarsi all’opera di un artista inedito, solitario, ma intensamente prolifico, che ha saputo trasformare la pittura in spazio intimo e luogo della memoria.

In questa sua prima mostra personale, si ripercorrono le tappe principali di questa evoluzione, soffermandosi in particolare sulla produzione più recente, che segna un cambio di rotta decisivo. Dai paesaggi cupi e introspettivi degli anni Settanta – in cui radici, strutture isolate e forme organiche popolano scenari inquieti e crepuscolari – si passa, negli anni Novanta, a una pittura inondata di luce, in cui olivi e carrubi si stagliano con forza su cieli profondi.

Rilessi sull’acqua, 2022, olio su tela, 90 x 100 cm

A partire del 2019 si apre un nuovo ciclo creativo per Gianfranco Trapani: i paesaggi non sono più osservati, ma riaffiorano come immagini interiori filtrate dal tempo e dalla memoria. Il colore – olio o acrilico – si stratifica in una materia viva. In questa fase, il segno assume un ruolo centrale: nervoso, inciso, talvolta quasi automatico, non costruisce ma attraversa. È un gesto che evoca radici, vene, rami, o si riduce a pura scrittura del corpo. La superficie pittorica diventa così un luogo mentale, abitato da visioni, da tracce che si sovrappongono tra ciò che è stato visto e ciò che si immagina.

Marina siciliana, 2020, acrilico, 90 x 100 cm

Questa fase recente si lega anche a una condizione personale dell’artista: Gianfranco Trapani convive con una forma di maculopatia, una realtà che contribuisce alla sua singolare percezione del mondo visibile. Proprio in questa fragilità dello sguardo, la pittura trova una nuova intensità. Lontana dalla mera rappresentazione, l’opera diventa esperienza percettiva pura, traccia del corpo, del tempo, della memoria.

Sono una persona molto riservata, non ho mai sentito il bisogno di espormi, ma ho due figlie che lavorano nell’arte – una, Roberta, organizza mostre – e sono state loro a convincermi a dare vita a una mostra che raccogliesse tutte le mi opere. Loro, insieme a chi, vedendo i miei quadri su Facebook, chiedeva di vederli dal vivo. Pubblicare online mi è sempre sembrato un modo discreto di condividere: è come se non fossi davvero io, ma una sorta di avatar. Mostrarmi in presenza, con i miei lavori accanto, è un’altra cosa. Mi mette a disagio. Però dai social sono arrivati apprezzamenti sinceri, confronti, perfino l’interesse di artisti affermati. E l’insistenza, alla fine, ha avuto la meglio. Ho sempre avuto una passione per tutto ciò che riguarda le arti visive, l’architettura, il paesaggio. Ma la persona che mi ha davvero spinto a intraprendere questo percorso, e a iscrivermi all’Istituto d’arte, è stato mio cugino, Salvo Licata. Erano i primi anni Sessanta. Aveva dieci anni più di me e io gli stavo sempre dietro. All’epoca non era ancora giornalista: scriveva musiche, opere teatrali, faceva regie, organizzava spettacoli. Mi ha aperto le porte di quell’ambiente. C’erano Nino Drago, Michele Perriera… Io lo tampinavo, facevo quello che potevo. Lui un po’ mi sopportava, un po’ si divertiva. Mi chiedeva una mano, mi coinvolgeva“. Ha dichiarato Gianfranco Trapani.

Nato a Palermo nel 1947, si è formato all’Istituto d’Arte di Palermo, con un passaggio all’Accademia di Brera. L’artista ha scelto, sin dagli esordi, un percorso personale al di fuori dei circuiti ufficiali. La sua ricerca, scandita da stagioni creative e lunghi silenzi, si è evoluta dando vita a un linguaggio pittorico autonomo e in continua metamorfosi. La pittura di Gianfranco Trapani non cerca di descrivere. È uno spazio in cui visione e immaginazione si sovrappongono, dove la luce – elemento costante del suo lavoro – non è più solo atmosfera, ma forza che attraversa e trasforma.

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