Nonostante la sua scomparsa risalga all’inizio del secolo scorso, la figura di Giuseppe Petrosino, più conosciuto come Joe, poliziotto italiano emigrato con la famiglia a New York, rimane sempre presente e di attualità nell’immaginario dei palermitani.
Questo perché lo “Sherlock Holmes italiano”, come lo definisce Stephen Talty nel suo ultimo libro “The Black Hand”, venne messo a capo della “Italian Branch”americana, la squadra di poliziotti impegnata nella lotta contro la “Mano Nera”, l’organizzazione di stampo mafioso votata al racket, con ramificazioni in Sicilia.
Le indagini portarono Petrosino sino a Palermo dove, la sera del 12 marzo 1909, venne ucciso alla fermata del tram a Piazza Marina.
Ed è qui si concluderà il piccolo tour, in programma per stasera, organizzato dall’Associazione culturale Tacus con l’intento di ripercorre e far conoscere ancora meglio la storia del detective partito da New York nel tentativo di tagliare le radici mafiose che, dalla Grande Mela, giungevano fino in Sicilia.
Il raduno, prima dell’inizio del giro, è previsto in piazzetta delle Dogane, davanti la Chiesa di Santa Maria della Catena (ore 20,45): prima tappa il Palazzo delle Finanze, qui la guida approfondirà l’aspetto dei contatti che Petrosino, visto non di buon occhio dai funzionari locali, ebbe con le istituzione e con “informatori” quali ad esempio Vito Cascio Ferro boss di Bisacquino.
Da lì il gruppo si sposterà davanti l’Hotel de France, che fu la dimora del detective durante la permanenza in città; infine, ultima tappa, davanti il giardino Garibaldi, a piazza Marina, che custodisce una croce posta nel punto in cui Petrosino venne ucciso.
Un’occasione, dunque, in attesa che arrivi in città anche Leonardo DiCaprio, che ne vestirà i panni in un film di cui sarà anche produttore, per conoscere più da vicino le gesta, tra storia e leggenda, del pioniere della lotta alla mafia, un uomo che, nei decenni, continua ad avere un grande impatto sociale oltre che culturale.
Prova ne sono i dettagli della vicenda che, nel tempo, vengono alla luce: basti pensare che solamente nel 2014, grazie ad una intercettazione, dopo più di cento anni, si è scoperto il nome di chi, quella sera, compì l’omicidio.