Era stato condannato a pagare una sanzione di 20 mila euro per avere svolto attività estrattiva di materiale calcareo su alcuni terreni di sua proprietà a Licata senza autorizzazione da parte dell’ente minerario.
Una condanna che aveva come pena accessoria lo stop per dieci anni a qualsiasi autorizzazione all’esercizio di cave sul territorio regionale. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna decisa dalla Corte d’Appello di Palermo. Il proprietario dei terreni, assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza, ha dimostrato di non avere la disponibilità materiale dei terreni quando erano in corso le attività estrattive visto che aveva ceduto il fondo in comodato d’uso a terzi. Su quegli stessi appezzamenti finiti nell’inchiesta che aveva portato alla condanna era stato stipulato un preliminare di vendita.
“Per affermare la responsabilità del proprietario del terreno – hanno scritto i giudici della Corte di Cassazione – con la persona fisica che materialmente eseguì o diresse le operazioni di escavazione la Corte avrebbe dovuto accertarsi che al momento di tali operazioni il proprietario non risultasse sostituito dal altro soggetto titolare di un diritto personale di godimento trovante titolo nei contratti di comodato”.