“Vietato calpestare i sogni“, è un’immagine con questa scritta la sua immagine di profilo su Facebook. Giuseppe Artale, palermitano di 35 anni, aveva il sogno di vedere crescere sua figlia. Nata sette mesi fa da una relazione non stabile, la madre gli avrebbe da sempre vietato di vedere la bambina così lui, dopo l’ennesima denuncia, oggi ha cominciato lo sciopero della fame sotto casa della bambina.
Dopo la nascita della piccola da lui riconosciuta sarebbe iniziato il suo calvario.
La data dell’udienza per stabilire e regolamentare gli incontri tra lui e sua figlia, è fissata per il 15 dicembre e la bambina compie un anno il 4 dicembre. “Non è giusto che da padre non debba potere vedere mia figlia per tutto questo tempo – afferma l’uomo – L’affido attualmente è congiunto, non c’è nessuna legge che mi vieti di vedere mia figlia, le forze dell’ordine non possono neanche intervenire, mi sento abbandonato dalla giustizia“. “Non è possibile che ci siano tempi così lunghi e che nessuno tuteli la figura genitoriale di un padre che vuol vedere sua figlia – aggiunge – chiedo che venga preso un provvedimento dallo Stato italiano“.
La madre dovrebbe avvertirlo degli spostamenti che fa con la bambina e informarlo sulle condizioni di salute della bambina, ma stando a quanto egli afferma questo non avverrebbe: “Io so pochissimo di mia figlia – dice ancora – non so come sta, non so se parte, se la notte dorme fuori casa“. Giuseppe ieri ha fatto l’ultimo pasto alle 23, oggi si è posizionato sotto casa di sua figlia con due cartelli con scritto:
“Presentata l’istanza a Marzo è stata fissata l’udienza il 15 dicembre. Il 4 dicembre la bambina compie un anno. Oggi ha 7 mesi e pur essendo il padre non mi conosce. È leso dunque il suo diritto di conoscere suo padre ed il mio di poter vedere mia figlia. Faccio presente che non c’è nessuna ordinanza del tribunale che mi vieta di vederla. Visti i tempi della giustizia si chiede allo Stato Italiano di cambiare la legge. Si propone per garantire il diritto del minore e quello del padre che una volta presentata l’istanza in tribunale ordinario per la regolamentazione delle visite e durante l’attesa dell’udienza, in maniera provvisoria si stabiliscano degli incontri in uno spazio neutro”.
Dice che continuerà ad oltranza con lo sciopero fino a quando non avrà risposte dalle istituzioni e fino a quando qualcuno non gli darà risposte. “Ho rinunciato ad un lavoro a Gerusalemme che sarebbe dovuto durare un anno – conclude Artale che si occupa di management culturale – perché non ho la serenità di partire. Sono stato selezionato ad un concorso per entrare come amministrativo all’Università di Pavia, probabilmente rinuncerò anche a questo. Ho una sola figlia e una sola vita, se devo spenderla la devo spendere per mia figlia che purtroppo ancora non mi conosce“.
Chiede allo Stato di accelerare i tempi di attesa, “troppo lunghi”, dice, per un padre che vuol vedere crescere sua figlia e che venga data la possibilità ai padri che vogliono vedere i propri figli di farlo un luogo neutro, nel quale poter effettuare gli incontri.