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Le indagini

Palermo, scoperta maxievasione fiscale: fatture false per oltre un miliardo di euro

giovedì 14 Novembre 2024
foto d'archivio

Nasce da due indagini, una della Guardia di Finanza di Varese e Milano, l’altra della Squadra Mobile di Palermo coordinata dal Servizio Centrale Operativo, l’inchiesta coordinata che ha portato alla scoperta di un’evasione dell’Iva per centinaia di milioni di euro che coinvolge anche personaggi legati a mafia e camorra.

I due procedimenti sono stati riuniti e coordinati dai Procuratori Europei delegati di Milano e Palermo che hanno avanzato un’unica richiesta di applicazione di misure cautelari accolta dal Gip del tribunale di Milano.

Il sistema criminale scoperto si basava sulle cosiddette “frodi carosello” che vengono realizzate sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie, inserendo in un’operazione tra imprese di Paesi diversi un soggetto economico fittizio, la cosiddetta “società fantasma”, che acquista la merce dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla ad un’impresa nazionale (anch’essa coinvolta nella frode) con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana. È in questa fase si realizza la condotta fraudolenta, in quanto la società “fittizia”, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata, la vende sottocosto senza versare all’Erario l’imposta indicata nella relativa fattura. La società fantasma, infatti, sprovvista di strutture operative e di dipendenti, di norma gestita da prestanome, senza adempiere ad alcun obbligo fiscale, dopo una breve vita (massimo 2 anni) viene fatta cessare e sostituita da altra impresa dalle analoghe caratteristiche.

La frode consentiva di immettere sul mercato nazionale beni a prezzi molto concorrenziali e prevedeva ulteriori passaggi in cui la merce veniva venduta, sempre sottocosto, a favore di altre imprese italiane inserite nel circuito con l’esclusiva finalità di rendere più difficile l’identificazione dello schema e dei suoi beneficiari finali.

Il Gip di Milano ha emesso 34 misure cautelari in carcere, 9 di arresti domiciliari e 4 misure interdittive, tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi anche 7 persone per le quali è stato emesso il mandato di arresto europeo. È stato, inoltre, disposto il sequestro preventivo per oltre 520 milioni di euro, corrispondenti al valore complessivo della frode, pari all’Iva evasa, e il sequestro preventivo, per riciclaggio, di diversi immobili tra cui alcuni resort del valore complessivo di oltre 10 mln di euro a Cefalù (Pa).

Sono stati sequestrati anche immobili di alcune società a Chiavari (Ge), Bellano (Lc), Noli (Sv), Cinisello Balsamo (Mi), Milano e Cefalù (Pa). Il Gip ha riconosciuto per i vertici della banda l’aggravante di aver agevolato mafia e camorra, investendone i profitti nel settore delle frodi all’Iva, e di essersi avvalsi del metodo mafioso per risolvere conflitti nati all’interno dell’associazione tra esponenti delle diverse organizzazioni criminali.

Nell’ambito dell’indagine della Procura Europea sono attualmente in corso oltre 160 perquisizioni in 30 province effettuate anche con le unità cinofile della Finanza specializzate nel ritrovamento di banconote. Sono in tutto 200 le persone fisiche indagate e oltre 400 le società coinvolte, e i provvedimenti restrittivi sono in corso in Italia, Spagna, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Olanda, e in paesi extra Ue, come la Svizzera e gli Emirati Arabi.

Il danno per l’Unione Europea era costituito dall’Iva indicata nelle fatture emesse dalle “cartiere”, che avevano acquistato la merce senza applicare l’imposta e che la collocavano sul mercato nazionale applicandola invece al compratore, senza però versarla all’Erario, ma ripartendola tra i complici della frode. Nella frode scoperta sono coinvolte 269 missing traders, 55 buffer, 28 società broker e 52 conduit estere per un volume complessivo di fatture soggettivamene false pari a 1,3 miliardi di euro, nel solo quadriennio 2020-2023.

L’indagato era intercettato, dalle registrazioni emerge che: “Da quando hanno aperto la Procura Europea a Giugno di due anni anni… sì, tre anni fa hanno aperto la Procura Europea… parlavamo con persone e mi hanno detto stai attento cioè è cambiato tutto in Europa con la Procura Europea, non si scherza… a parte che anche prima erano già diventati pesanti comunque in generale… non scherzate più, cambiate il modo di lavorare, cambiate il modo… spersonalizzate le persone aiia e là…. perché la Procura Europea è come l’FBI“. Temeva le indagini della Procura Europea Marco Mezzatesta, uno dei personaggi coinvolti nella indagine su una maxi frode dell’Iva all’ombra delle mafie scoperta proprio dalla Procura Europea.

Non hanno più… non si comportano più… tra nazioni che una chiede l’autorizzazione all’altra, – spiega non sapendo di essere intercettato – il giudice non si conosce, quell’altro che non si sopporta… lavorano in team… cioè il tedesco passa al telefono con l’italiano, si sentono, parlano… si scambiano informazioni… si fanno dare delle informazioni anche tipo FBI… mi dici il nome di chi c’è dietro tutto quanto e poi ce la vediamo noi? Prima non facevano una cosa del genere“, spiegava.

Usavano, come pseudonimi, i soprannomi utilizzati nella serie La Casa di Carta alcuni degli indagati dalla Procura Europea coinvolti in un’inchiesta che ha portato alla luce una organizzazione criminale, con legami con la mafia di Brancaccio e con i clan camorristici dei Di Lauro e dei Nuvoletta, finalizzata a frodi dell’Iva per oltre 500mln. Due delle persone coinvolte si facevano infatti chiamare Rio e Berlino.

Mi sono accontentato certe volte di duecento euro al mese…Io ho smesso di fare determinate cose…lo sai. Significa che se lo avessi continuato con determinate cose, oggi non sarei qua seduto a parlare con te!…Avrei forse quindici anni…vent’anni…L’ergastolo…non si sa! Questa è un’altra cosa… quindi questo me lo sono preso come il mio lavoro!“. Ripensava ai tempi magri delle estorsioni per Cosa nostra che gli portavano poche centinaia di euro al mese Tony Lo Manto, esponente mafioso di Brancaccio coinvolto nell’inchiesta della Procura Europea su una evasione dell’Iva di centinaia di milioni di euro. “Se questa cosa va in porto – diceva non sapendo di essere intercettato – poi noi ci sistemiamo la nostra vita per come si deve!”.

Sono Rodolphe Ballaera, nato in Belgio, ma con origini siciliane, il milanese Paolo Falavigna, Antonio Lo Manto, esponente del clan mafioso di Brancaccio, Giovanni Nuvoletta, della omonima cosca camorristica Cosimo Marullo e Marco Mezzatesta i personaggi più importanti della indagine della Procura Europea che ha scoperto una frode Iva da oltre 500 milioni commessa da una organizzazione criminale con legami con le mafie.
Secondo gli inquirenti l’organizzazione avrebbe l’altro, “agevolato economicamente consorterie di stampo mafioso, tra cui il clan camorristico Di Lauro di Scampia ed il clan camorristico Nuvoletta di Marano di Napoli, reinvestendo i proventi illeciti nel circuito della frode all’IVA e successivamente riversando i profitti anche per il complessivo sostentamento della organizzazione criminale“. I referenti in Cosa nostra dell’organizzazione erano Antonio Lo Manto e Pietro Conoscenti, mentre Salvatore Tamburrino, Vincenzo Perrillo e Espedito Colonna erano i ganci con la “camorra” napoletana, e garantivano “la reciproca correttezza nella gestione degli affari, il recupero delle somme di denaro derivanti da eventuali ammanchi di gestione”, e cercavano di “comporre i conflitti e le controversie, non solo di natura economica, eventualmente nate tra i diversi associati e tra costoro e soggetti esterni utilizzati nel circuito nazionale ed internazionale della frode all’Iva“.

Importante anche il ruolo di Mezzatesta che attraverso una propria autonoma struttura organizzativa, con uffici a Fiumicino presso la Connex Italy srl, manteneva rapporti di collaborazione con gli altri gruppi criminali offrendo loro servizi di brokeraggio.

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