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Parcheggio Talete ad Ortigia, Aiapp Sicilia: “Un ecomostro che dequalifica l’Isola”

domenica 28 Febbraio 2021

L’Associazione Italiana Architettura per il Paesaggio sezione Sicilia AIAPP, che promuove la cultura del progetto di architettura del paesaggio interviene nel dibattito cittadino di Ortigia relativo al parcheggio Talete, definito a ragione un “ecomostro”.

LA NOTA

Rilevando che l’intervento proposto con alcuni rampicanti e lastre verticali di corten, assieme all’intonaco “assorbente una quantità di CO2 pari agli alberi” non può certo considerarsi un intervento che possa risolvere le criticità architettoniche che ha causato, assieme al degrado e alla dequalificazione di questo tratto di paesaggio urbano.

Che quell’orrendo blocco di cemento, sgraziato, rozzo e fuori scala rispetto alla delicata trama di un’Isola che è un gioiello di spazi e architetture, sia un corpo estraneo e difficilmente digeribile per gli abitanti di Ortigia, ma anche per i numerosi visitatori e turisti, è un dato di fatto incontrovertibile. Che lo stesso ingombrante edificio sia, oltre che brutto, anche “malato” nella sua funzionalità compromessa da un’errata impostazione delle quote di calpestio, e da un irrisolto problema di drenaggio delle acque piovane, e che il tempo e la salsedine abbiano contribuito, assieme all’incuria, a connotarlo come obsoleto, è un dato di fatto.

Un intervento di tal genere richiede, come tutte le discipline specialistiche, professionisti specializzati e di adeguata preparazione, e, visto il tema abbastanza complicato, cioè il rapporto tra il fronte urbano e il mare, in un contesto delicatissimo (in quanto patrimonio Unesco), anche un confronto progettuale di alto livello che potrebbe essere garantito da una competizione pubblica altrimenti denominata “concorso di progettazione”.

Sarebbe da chiarire perché il comune aveva già bandito un concorso di idee con il requisito di partenza del mantenimento del parcheggio.

Emerge con forza il bisogno primario di riqualificare questo prezioso lembo di Ortigia, isola dichiarata patrimonio dell’umanità e iscritta nella VHL dell’Unesco, cercando di limitare i danni di un intervento invasivo che ha tranciato il mare dal paesaggio urbano, che ha bisogno di azioni più qualificate ed incisive che non un maquillage cosmetico, peraltro neanche ben riuscito, visto che non solo non risolverebbe radicalmente i problemi ma ne creerebbe degli altri.

Sostanzialmente l’intervento non è neanche coerente con la strategia nazionale del verde urbano approvato dal Comitato istituito presso il Ministero dell’Ambiente il 7/05/2018 in applicazione della L.10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”: infatti non persegue minimamente i tre obiettivi prioritari: di tutela della biodiversità e garanzia della piena funzionalità degli ecosistemi nella città, di aumento della superficie verde per il miglioramento dei cambiamenti climatici, di miglioramento della salute e del benessere dei cittadini.

Peraltro sembrerebbe pure in contrasto con la delibera di giunta n. 110 del 14/06/2019 di “dichiarazione dello Stato di emergenza climatica e ambientale e di adesione alla Carta di Milano per l’adattamento climatico delle Green City”. In essa infatti si fa specifico riferimento a quegli interventi che orientino le attività umane verso nuovi livelli di sostenibilità ambientale, risparmio energetico ed un uso responsabile di risorse naturali.

L’intervento proposto infatti non è sostenibile neanche dal punto di vista energetico ed ambientale, richiedendo onerosi e permanenti interventi di gestione quali il ricorso ad irrigazioni continue con consumi di energie e risorse naturali per mantenere in vita tutte le piante in vaso, altrimenti destinate alla morte, con impegni e appesantimento del già fragile servizio di manutenzione del verde cittadino.

Il parcheggio Talete, costruito in seguito di un finanziamento della Protezione Civile dopo il terremoto di S.Lucia del 1990 e rimasto isolato perché le altre opere non sono state realizzate, secondo noi deve costituire oggetto di una ragionevole trattativa con la Regione, a fronte di una proposta che mantiene la funzione, ma elimina lo scatolone in cemento, riconquistando quel rapporto con il mare, all’interno di uno spazio pubblico che possiamo bene ipotizzare come un parco, o un giardino, e che costituirebbe un’operazione qualitativamente forte, in grado di aumentare l’appeal della città assieme alla qualità della vita dei residenti e dei visitatori.

La proposta più coerente con le strategie Green sposate formalmente dall’Amministrazione Comunale e più rispettose del paesaggio del Water Front del lungomare di Levante potrebbe essere quella di mantenere la funzione del parcheggio, ma alberandolo e inserendolo in una sistemazione paesaggistica che possa costituire anche un esempio come intervento pilota con altre città che hanno firmato la Dichiarazione di Milano.

Un intervento paesaggistico nel rispetto della natura che impieghi la componente vegetale rispettandolo nelle sue connotazioni biologiche e nelle sue funzioni e non come un semplice colore di una tavolozza o un acquarello, che restituisse la vista del mare alla città e la valorizzazione del paesaggio urbano storico e contemporaneo, anche con l’ambizione di ridurre la vulnerabilità e i rischi delle precipitazioni, affrontando le ondate e le isole di calore, riducendo l’impermeabilizzazione dei suoli e migliorando la funzionalità ecosistemica delle infrastrutture verdi della città.

Questo perché gli errori progettuali che diventano ecomostri non possono essere risolti da azioni debolissime di maquillage decorativo o di finti orpelli che certamente non possiamo, per onestà, chiamare “rigenerazione urbana”o “mitigazione architettonica” o, ancora, “Arte pubblica e Land Art”.

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