Chiesto il rinvio a giudizio per l’ex vescovo di Trapani, Francesco Miccichè, accusato di peculato per essersi impossessato di fondi provenienti dall’8 x mille. I fatti contestati dalla Procura risalgono al 2007 e riguardano due conti corrente su cui confluivano le risorse che il prelato avrebbe sottratto, mettendo “in atto un disegno criminoso con una serie di azioni realizzate in tempi diversi“.
La vicenda si inserisce nel più ampio contesto del ‘Caso Curia’, quando nel 2011 iniziarono le indagini sulla gestione finanziaria della Diocesi di Trapani, tanto che nel 2012 Micciche’ venne rimosso da Papa Benedetto Ratzinger in seguito a una visita ispettiva eseguita dal “visitatore apostolico“, monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo.
Oggi i legali di Miccichè sono comparsi dinanzi al gup Antonio Cavasino che ha rinviato a gennaio l’udienza preliminare, in vista del suo imminente pensionamento. Secondo i pm – indagine condotta dal sostituto procuratore Sara Morri, oggi sostituita in udienza dal pm Francesca Urbani – Miccichè avrebbe creato un danno erariale appropriandosi di 544 mila euro, sottratti dai conti “Interventi Caritativi” ed “Esigenze di culto pastorale” della Diocesi di Trapani.
Il reato contestato è il peculato perchè il denaro sarebbe stato sottratto in violazione della legge 222 del 20 maggio 1985 e del regolamento che prevede l’impegno delle somme derivanti dall’8 x mille per “esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo“. Nell’ambito delle indagini inoltre emerse l’acquisto di un appartamento a Roma, in zona Barberini, che però nonostante fosse stato sequestrato un preliminare di vendita, era ancora formalmente intestato alla Diocesi trapanese.
Nell’ottobre del 2018 Miccichè era stato ascoltato – su sua richiesta – dai pm trapanesi e nel gennaio di quest’anno ottenne un incontro con Papa Francesco Bergoglio.
“Abbiamo giustificato circa 200 mila euro del mezzo milione di euro contestato“. A dirlo è l’avvocato Mario Caputo, legale dell’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè, accusato dai pm di peculato per aver sottratto fondi provenienti dall’8 x mille.
“Con documenti ottenuti direttamente dalla Curia trapanese – continua il legale – è stato dimostrato che buona parte delle operazioni bancarie contestate in fase di indagini, non erano state utilizzate per fini personali ma per spese destinate alla Diocesi. Almeno 16 prelievi, su 46 inizialmente contestati, sono stati ritenuti legittimi e anche l’emissione di due assegni è stato dimostrato che servi’ per pagare delle fatture“. Nell’udienza odierna la difesa di Miccichè ha depositato ulteriore documentazione contabile.
“La contestazione si è ridotta a circa 300 mila euro perche’ per gli anni che vanno dal 2008 al 2011 abbiamo recuperato della documentazione direttamente negli uffici della Curia – dice ancora il legale di Miccichè– mentre per il 2007 non sono stati rinvenuti i documenti originali, anche per questo abbiamo chiesto al gup Cavasino di nominare un perito contabile“.