Le condizioni generali del boss Matteo Messina Denaro, ricoverato da oltre un mese nella cella del reparto per detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, sono molto gravi tanto che viene sottoposto alla terapia del dolore e alla alimentazione parentelare, cioè la nutrizione per endovena, per il suo sostegno: sono state sospese le cure oncologiche, come la chemioterapia, che il 61enne malato di cancro al colon allo stadio avanzato, ora non reggerebbe. Alla luce di questo preoccupante quadro, il famoso paziente è in carico a soli medici del reparto di rianimazione guidato dal professor Franco Marinangeli.
E’ lo stesso primario del reparto di oncologia, Luciano Mutti, ad annunciare il cambio di rotta, conseguenza del netto peggioramento delle condizioni del boss che sia pure ancora cosciente, ha un fisico gravemente debilitato dal male incurabile. “Da ieri ho ceduto le cure del paziente Matteo Messina Denaro ai colleghi delle terapie di supporto e controllo del dolore. Al momento non ci sono indicazioni per proseguire le terapie attive”, ha spiegato all’Ansa il professor Mutti il quale non ha voluto aggiungere altro. In seguito a questa decisione, è chiara la strategia di preservare il boss dai dolori fidando in un difficile miglioramento della situazione clinica per riprendere le cure oncologiche. Per questo al momento hanno un ruolo più defilato sia il professor Mutti, che lo aveva preso in carico il 17 gennaio quando l’ex superlatitante è arrivato nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, sia il professor Fabio Vistoli, primario del reparto di chirurgia universitaria, la cui equipe è intervenuta l’8 agosto scorso per la occlusione intestinale.
Vicini a Messina Denaro, sorvegliato costantemente da un ingente spiegamento di forze dell’ordine, sono rimasti la nipote e legale Lorenza Gruttadaurio e la figlia Lorenza, recentemente riconosciuta, nata dalla relazione con Franca Alagna. Le due donne si sono trasferite all’Aquila. A visitare Messina Denaro la sola nipote perché il boss rifiuta di farsi vedere in condizioni molto precarie dalla figlia che ha visto per la prima volta in aprile nell’istituto di pena del capoluogo regionale