“Il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) sta affrontando una crisi del personale sanitario senza precedenti, causata da errori di programmazione, dal definanziamento e dalle recenti dinamiche che hanno alimentato demotivazione e disaffezione dei professionisti verso il Ssn. Senza un rilancio delle politiche per il personale sanitario, i servizi sanitari saranno sempre più inadeguati. I bisogni di salute delle persone non potranno essere soddisfatti, rendendo impossibile garantire il diritto alla salute”.
A lanciare l’allarme è la Fondazione Gimbe presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’“Indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie”.
Il Presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, ha presentato diverse analisi durante l’audizione. L’obiettivo è rispondere alle carenze e criticità legate al personale sanitario. Per studiare la spesa per il personale dipendente, sono stati utilizzati i dati del Report “Il Monitoraggio della Spesa Sanitaria” della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) relativi al 2023.
Per le analisi sulle unità di personale dipendente, sono stati usati i dati aggiornati al 2022 del Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato (CA-RGS). Questo include solo il personale dipendente delle Pubbliche Amministrazioni soggetto al CCNL del comparto sanità, indipendentemente dalla professione o dal tipo di ente.
Si è fatto riferimento anche al report del Ministero della Salute. Questo include il personale dipendente del SSN e delle Università che opera nelle Aziende e nelle strutture pubbliche o assimilate a queste ultime.
L’analisi
Spesa per il personale: un sacrificio continuo
Cartabellotta ha evidenziato che, tra il 2012 e il 2023, la spesa sanitaria per i redditi da lavoro dipendente è stata fortemente penalizzata. Dopo un calo dai 36,4 miliardi di euro nel 2012 ai 34,7 miliardi nel 2017, c’è stato un recupero fino a 40,8 miliardi nel 2022, ma il dato è nuovamente sceso a 40,1 miliardi nel 2023. In percentuale sulla spesa sanitaria totale, il declino è costante: dal 33,5% del 2012 al 30,6% del 2023. “Se la spesa fosse rimasta ai livelli del 2012 – ha sottolineato Cartabellotta – il personale sanitario avrebbe beneficiato di 28,1 miliardi in più negli ultimi 11 anni”.
Distribuzione e disparità regionali
Nel 2022, il SSN contava 681.855 unità di personale dipendente, pari a una media nazionale di 11,6 operatori per 1.000 abitanti. Tuttavia, si registrano ampie disparità: dalla Valle d’Aosta, con 17,4 unità per 1.000 abitanti, alle regioni come Lazio e Campania, ferme a 8,5. Anche la spesa pro-capite riflette queste differenze, con cifre che variano dai 1.405 euro della Provincia autonoma di Bolzano ai soli 559 euro della Campania. Questi dati, secondo il Presidente, confermano che le regioni in Piano di rientro, spesso concentrate nel Centro-Sud, sono quelle più penalizzate.
Effetti del sotto-finanziamento
La carenza di personale ha generato un ricorso crescente a figure esterne come i “gettonisti” – medici e infermieri reclutati tramite cooperative – con costi che nel 2023 hanno raggiunto quasi 500 milioni di euro in soli otto mesi. Questo fenomeno riflette l’impossibilità delle regioni di incrementare la spesa per il personale dipendente, aggravando ulteriormente le inefficienze.
Crisi nelle professioni mediche e infermieristiche
I dati presentati da Gimbe mostrano che l’Italia ha una media di 2,11 medici per 1.000 abitanti, sopra la media OCSE (4,2 medici totali per 1.000 abitanti), ma molte specialità essenziali, come medicina d’emergenza e cure palliative, risultano poco attrattive per i giovani. Analogamente, il numero di infermieri (5,13 per 1.000 abitanti) è ben al di sotto della media OCSE di 9,8. La scarsità di laureati in scienze infermieristiche (16,4 per 100.000 abitanti, contro una media OCSE di 44,9) rende difficile colmare questo divario.
“La crisi del personale sanitario – conclude Cartabellotta – è una questione cruciale per la sopravvivenza del SSN. Senza un cambio di rotta, liste di attesa interminabili, pronto soccorso sovraffollati e carenza di medici di famiglia saranno la norma. Serve una strategia chiara e lungimirante per garantire universalmente il diritto alla salute”.
Cause e soluzioni
“La crisi del personale sanitario – ha dichiarato Cartabellotta – non è solo una questione economica, ma rappresenta una priorità cruciale per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Senza interventi immediati, la sanità pubblica rischia di non poter garantire universalmente il diritto alla salute, con gravi ripercussioni per i cittadini”.
La crisi attuale è il risultato di decenni di politiche inadeguate. “I tagli al SSN e il sottofinanziamento cronico hanno portato a una forte contrazione degli investimenti per il personale sanitario, sia dipendente che convenzionato”, ha spiegato Cartabellotta. Questi tagli sono stati attuati attraverso misure come il blocco delle assunzioni, i mancati rinnovi contrattuali e il numero insufficiente di borse di studio per specialisti e medici di famiglia.
La mancanza di una programmazione lungimirante ha peggiorato la carenza di professionisti sanitari. La pandemia di Covid-19 ha amplificato una crisi motivazionale già esistente. Sempre più giovani evitano percorsi di studio come Scienze Infermieristiche o specializzazioni mediche meno attrattive, ad esempio emergenza-urgenza.
In parallelo, molti professionisti abbandonano il SSN per lavorare nel settore privato o all’estero. A peggiorare la situazione si aggiungono i pensionamenti in aumento tra medici (ospedalieri e di famiglia), infermieri e altri operatori sanitari, che sono aggravati dal burnout e dalla demotivazione generale. Tutto ciò sta progressivamente riducendo la forza lavoro disponibile nella sanità pubblica.
“Le condizioni lavorative per chi rimane stanno peggiorando”, ha osservato Cartabellotta. Turni massacranti, carenza di organico e casi crescenti di violenza fisica e verbale – in particolare nei pronto soccorso – rendono il lavoro sempre più difficile e insicuro. A questi fattori si sommano il peso eccessivo della burocrazia e una scarsa digitalizzazione, che alimentano inefficienze e frustrazione tra i professionisti.
“Liste d’attesa interminabili, pronto soccorso sovraffollati e la difficoltà di trovare un medico di famiglia sono tutti sintomi della stessa problematica“, ha concluso Cartabellotta. Il problema centrale è la carenza di personale sanitario, unita alla disaffezione e all’abbandono del SSN.
Per affrontare questa crisi, è urgente rilanciare le politiche sul capitale umano, valorizzare il personale e rendere nuovamente attrattiva la carriera nel SSN. “È indispensabile innovare i processi di formazione e migliorare la valutazione delle competenze professionali. Senza questi interventi, il SSN non sarà in grado di garantire universalmente il diritto alla tutela della salute, rendendo inutili i tentativi di arginare questa crisi”.