Negli ambienti del M5S, citando Dante Alighieri, qualcuno amava ripetere: “E quindi uscimmo a riveder le stelle“. Una frase significativa, l’ultimo verso della Commedia, che indica la speranza di un nuovo cammino di luce, di speranza, dopo il lungo tragitto attraverso le mostruosità degli inferi. Un’immagine che, letta oggi dopo i risultati delle ultime tornate elettorali, potrebbe essere nuovamente di conforto per un Movimento, quello catanese, che dopo essere arrivato a toccare le vette delle istituzioni nazionali, sembra oggi sostanzialmente azzerato.
Sono passati solo 5 anni ma, in politica – e lo sa bene chi la frequenta da anni – parliamo di ere geologiche. Se riavvolgiamo infatti brevemente il nastro e torniamo al 2018, il gruppo etneo dei grillini esprimeva esponenti di spicco a Roma e a Palermo.
Con il vento in poppa di un successo strepitoso a livello nazionale – sono gli anni della formazione del governo giallo-verde, con il Movimento 5 Stelle al 33% – trovavamo in parlamento pezzi da 90 come Giulia Grillo – già eletta nella legislatura precedente, capogruppo del M5S alla Camera, ministro della Salute per tutto il periodo dell’alleanza con la Lega, poi sostituita da Roberto Speranza con l’avvento dell’alleanza con il PD – Mario Giarrusso, membro della Commissione nazionale Antimafia, Maria Laura Paxia e Santi Cappellani. Per non parlare di Nunzia Catalfo, ministro del lavoro e delle politiche sociali dal 2019 al 2021, nota per essere la “madrina” di uno dei provvedimenti più amati dagli elettori del Movimento: il reddito di cittadinanza.
Il gruppo all’Ars, solo un anno prima, aveva portato a Palermo, Gianina Ciancio, Jose Marano ed Angela Foti. A Bruxelles, intanto, nel 2019 approdava l’ex Iena Dino Giarrusso, sconfitto alla Camera ma primo degli eletti M5S in Europa. A questi successi a livello territoriale si unisce il risultato delle amministrative che, nel 2018, con il 13% di lista porta in consiglio comunale Giovanni Grasso, candidato sindaco, Lidia Adorno (545 voti), Emanuele Gabriele Nasca (398 voti), Valeria Diana (377 voti), Giuseppe Fichera (327 voti) e Graziano Bonaccorsi (291 voti).
Con una truppa così inserita all’interno dei gangli dello Stato, sembra incredibile che a Catania, oggi, i grillini etnei siano praticamente un lontano ricordo. Qualcuno, dall’interno, sussurra che in effetti il “gruppo” non sia mai stato coeso e che, una volta spenta la fiamma dei successi nazionali, si sia sciolto come neve al sole. Partiamo dai “romani”: una volta conclusa l’esperienza al governo, Giulia Grillo è entrata sostanzialmente in rotta con la segreteria nazionale ma è rimasta in un composto silenzio istituzionale che, a legislatura conclusa, l’ha portata ad allontanarsi e tornare alla professione. Catalfo termina la sua esperienza al Ministero nel 2021, quando cade il governo Conte e si insedia Mario Draghi. L’ex senatore Mario Giarrusso, invece, viene espulso dal partito nel 2020 per questioni legate alla rendicontazione dei rimborsi. Destino diverso per Santi Cappellani che, sempre nel 2020, abbandona spontaneamente il M5S scrivendo una dura lettera indirizzata a Luigi Di Maio, in cui accusava il Movimento di essersi “imborghesito” e di essere “finiti in una spirale di autoreferenzialità”.
Gianina Ciancio, volto storico dei grillini etnei – entrata giovanissima all’Ars nel 2012 con circa 2mila preferenze, divenute circa 10mila nel 2017 – è stata, insieme a Nunzia Catalfo, tra le sostenitrici della candidatura di Maurizio Caserta a sindaco di Catania. Ciancio, con soli 575 voti di preferenza, è rimasta però fuori dal civico consesso, così come Catalfo che era stata designata vice-sindaco. A dare colore alla sfida amministrativa catanese, vi era inoltre la presenza – poi divenuta assenza – di un altro volto storico del M5s siciliano: il neo-“catanese” Giancarlo Cancelleri che ambiva alla poltrona più alta di Palazzo degli Elefanti e che si è “goduto” la pesante sconfitta di tutto il gruppo, passando poi in Forza Italia con la benedizione del presidente della Regione, Renato Schifani. Angela Foti, dopo essere passata dal M5S a Sicilia Attiva, è stata candidata alle regionali in Fratelli d’Italia ma non è riuscita a conquistare il seggio. L’unica catanese ad essere rimasta all’Ars, ad oggi, è Jose Marano.
Ma a pesare più di tutto è il tonfo alle comunali del 2023. Se Giovanni Grasso, da tempo, ha lasciato il Movimento a supporto di Fratelli d’Italia, la lista riesce a superare per un pelo la soglia di sbarramento, portando in Comune soltanto il candidato sindaco Graziano Bonaccorsi, e Giovanni Amato che supera per pochissimo Ciancio. Un risultato devastante che porta immediatamente la base a puntare il dito contro la gestione del segretario regionale Nuccio Di Paola e di Jose Marano, di cui chiedono addirittura le dimissioni.
“La debacle del M5s alle amministrative di Catania, nonostante i toni trionfalistici del referente regionale Nuccio Di Paola e della portavoce all’Ars Jose Marano, è sotto gli occhi di tutti – si legge in un documento degli attivisti – il MoVimento ha raggiunto un misero 5,68% e può contare solo su due rappresentanti in Consiglio comunale”.
“La campagna elettorale è stata gestita senza coinvolgere la base e in modo autoritario, lontano dall’opportunità politica e dall’etica del MoVimento, dal deputato nazionale Luciano Cantone e dalla Marano, nominati unici responsabili da Di Paola sia nelle trattative con le altre forze progressiste (ci teniamo a sottolineare che il M5S da leader è stato ridotto a semplice gregario), che nella formazione della lista”.
Insomma, dai fasti di poco tempo addietro lo scenario che si presenta oggi nel capoluogo etneo è quello di un’ecatombe nucleare, più che di una guerra civile. Riusciranno i cinquestelle catanesi, in questa cornice di livore e cambi di casacca, a “riveder le stelle”?