(di Angela Sciortino) Farà pure notizia il fatto che, per la prima volta, i deputati europei eletti in Sicilia si sono ritrovati attorno a un tavolo con il presidente della Regione, visto che non era mai accaduto negli anni passati. Ma oltre questo non si è andato. Perché dalla discussione sul tema posto all’ordine del giorno (su questo si era impegnato Nello Musumeci nel corso dell’incontro con gli agricoltori a Vittoria) e cioè la grave crisi di mercato che ha colpito il comparto ortofrutticolo nell’Isola, non è emerso nulla. O forse è emerso quello che è meglio non dire per evitare di gettare ancora di più nello sconforto i produttori in crisi.
Il calendario del Parlamento Europeo è già tutto “incardinato”. Di qui alla fine della legislatura non c’è spazio per le emergenze. Anzi, le emergenze non sono affatto contemplate. Insomma gli imprevisti si devono prima concordare con i vertici della massima espressione della democrazia europea. Del resto, per capire tempi e modalità di funzionamento del Parlamento di Strasburgo non è neanche necessario andare di persona per capire. Basterebbe ricordare quanto tempo è dovuto passare (e quanto siano state anche abbastanza inutili le decisioni prese in merito) per potere affrontare il tema dell’immigrazione irregolare che ha stressato le permeabilissime frontiere italiane.
Ma tornando alla riunione di venerdì scorso nel confronto durato oltre tre ore al quale hanno partecipato anche l’assessore alle Politiche agricole, Edy Bandiera, e i dirigenti generali dei dipartimenti regionali dell’Agricoltura, Carmelo Frittitta, e degli Affari extraregionali, Vincenzo Falgares e che ha registrato la presenza dei siciliani Salvo Pogliese, Giovanni La Via, Michela Giuffrida, Ignazio Corrao, e dai sardi Renato Soru e Salvatore Cicu, il governatore agli europarlamentari ha chiesto, a prescindere dagli schieramenti politici, «un’azione compatta e comune, con una forte interlocuzione con l’Unione europea, su obiettivi precisi che possa servire a rilanciare l’economia della Sicilia, la Regione più povera d’Italia e la terz’ultima in Europa». L’appello è stato subito raccolto, si sostiene nella nota di Musumeci, ma delle possibili soluzioni, compatibili rispetto ai limiti europei, per tentare di contrastare l’attuale crisi di mercato prospettate dagli eurodeputati, non si è saputo nulla. Nel frattempo i soggetti più fragili non ce la fanno a sostenere il peso della crisi e qualcuno, come è accaduto pochi giorni fa, in totale solitudine, sceglie la soluzione estrema.
Non convince la semplicistica analisi economica secondo cui la crisi sia dovuta a un drastico calo di consumi. Comunque sia è la dura legge di mercato: i prezzi calano drasticamente in presenza di un eccesso di offerta. Causato o da arrivo di produzioni dall’estero (circostanza che in occasione del diffondersi della notizia del pomodoro camerunense venduto a Pachino, l’allora ministro Martina si è affrettato a smentire) o dall’assenza di programmazione delle produzioni. Ecco perché Musumeci ha sostenuto: «in un mondo globalizzato, ormai, per realizzare la svolta, la parola d’ordine è unirsi». Non è una novità che i produttori che meglio fanno fronte alle incertezze del mercato e alla volatilità dei prezzi sono quelli che possono contare su una migliore organizzazione commerciale e che non dipendono dalle quotazioni dei mercati alla produzione, ma stipulano accordi di fornitura con la Gdo rispettando standard e tempi di fornitura, adottando i sistemi di certificazione richiesti e che si affacciano direttamente ai mercati internazionali senza lasciare spazio alle intermediazioni parassitarie. Diventano perciò necessari processi di aggregazione, accordi di filiera, tavoli con la grande distribuzione organizzata, azioni promozionali sui prodotti nei punti vendita, applicazione delle clausole di salvaguardia. Nell’immediato, il governo ha deciso di proporre, nella legge di stabilità alcuni emendamenti che prevedono credito agrario agevolato a favore di micro imprese attive nel settore agricolo e un piano di ritiro dal mercato dei prodotti ortofrutticoli oggetto della crisi da destinare a finalità umanitarie da concordare con il ministero delle Politiche agricole. Pannicelli caldi ormai: il ritiro delle produzioni potranno attivarsi quando le campagne produttive sono alla fine e il credito, a meno che non si trovino escamotage che superino i vincoli derivanti dagli accordi di Basilea e quelli imposti dalla Ue per gli aiuti di stato, serviranno ai pochi depositari ancora del merito creditizio richiesto dalle banche.
Dopo decenni di cattive politiche o assenza di politiche in agricoltura, per la Sicilia è più che giustificata la politica del piagnisteo. Per la buona pace di chi ha sempre sostenuto che non bisognava dare ascolto ai “nemici ra cuntintizza” e che l’agricoltura siciliana è meglio di come la rappresentiamo. Se si riferiva alle ottime produzioni, niente di più vero. Se si riferiva, invece, all’organizzazione, la strada da fare è ancora lunghissima e tutta in salita.
«Non appena a Roma si insedierà il nuovo governo – ha affermato, infine, Musumeci – chiederemo un incontro perché la questione venga affrontata su un tavolo nazionale e nell’interlocuzione con l’Europa la Sicilia non venga lasciata sola». Sempre che non si torni alle urne.
Per maggiori approfondimenti visita il sito www.siciliarurale.eu