In diretta streaming sulla pagina ufficiale della senatrice Tiziana Drago di Fratelli d’Italia, si è concluso un incontro per dibattere l’annosa questione del Ponte sullo Stretto di Messina, che collegherebbe la Sicilia alla Calabria.
Il punto è comprendere se, effettivamente, sia praticabile l’inserimento del Ponte sullo Stretto nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) in atto di elaborazione da parte del Governo Draghi, considerate le problematiche tecniche e geologiche. Anche se il progetto del ponte di Messina è già fuori dal piano del “Recovery Plan” come ha confermato il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini.
Il ponte sullo Stretto è l’eterna promessa della politica italiana, tornata in auge anche con il governo Draghi. E’, sicuramente, un’opera strategica che annullerebbe il divario Tra il nord Italia e il Mezzogiorno, donerebbe una grande immagine orgogliosa e di rinnovata unità nazionale dell’Italia nel mondo e collegherebbe non solo la Sicilia alla Calabria, ma l’Italia al resto d’Europa. L’appuntamento su facebook vuole proprio ribadire l’utilità sociale ed economica dell’infrastruttura per il Paese.
L’infrastruttura, che potrebbe essere un volano per il rilancio economico, culturale e demografico del Sud Italia, è stata
analizzata, sotto il profilo tecnico della fattibilità e della sostenibilità ambientale, dagli autorevoli relatori, i professori Fabio Brancaleoni, Sebastiano Rampello e Francesco Karrer, e sotto il profilo politico, dalle istituzioni nazionali e regionali coinvolte, la senatrice Silva Vono, la deputata Wanda Ferro, e l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone.
Prima del dibattito politico istituzionale, le considerazioni tecnico-scientifiche su questa ambiziosa idea di ingegneria infrastrutturale.
Il ponte sullo stretto di Messina è un’opera futuribile, oggetto di accesi dibattiti relativi a costi, utilità e fattibilità tecnica, proposta con una serie di variegati progetti di ingegneria civile, approntati in tempi diversi e con soluzioni differenti, per realizzare un attraversamento stradale e ferroviario stabile dello stretto di Messina, collegando così la Sicilia con la Calabria e la penisola italiana. Le ultime congetture maturate a partire dagli anni ’70 ipotizzavano un progetto di ponte a campata unica di 3 300 m, che sarebbe ampiamente il più lungo ponte sospeso al mondo.
Non sono pochi i problemi ingegneristici di questo ipotetico tunnel subacqueo. Il progetto di un ponte di tali dimensioni, senza alcun precedente al mondo se dovesse prevedere una campata unica, ha dato luogo ad un lungo e controverso confronto tecnico tra gli esperti presenti, sulle diverse proposte presentate e sulla loro fattibilità.
La lunghissima storia del progetto testimonia proprio questa intrinseca difficoltà dovuta alle eccezionali condizioni ambientali e alle prestazioni richieste al manufatto (fondali molto profondi, forti correnti marine, traffico marittimo intenso, zona altamente sismica, zona con venti fortissimi, utilizzo sia autostradale che ferroviario). Inoltre le normative di sicurezza, nazionali e internazionali, stradali e ferroviarie, che il progetto dovrà rispettare, non sono probabilmente state concepite per un’opera così fuori dall’ordinario.
Dal punto di vista della fattibilità tecnica alcuni ingegneri continuano a nutrire delle perplessità sulla idoneità della soluzione a campata unica di 3 300 m andata in appalto e quindi ritenuta implicitamente sicura.
I principali dubbi di natura ingegneristica riguarderebbero l’idea di realizzare due o più piloni nello stretto con relative fondazioni nelle acque profonde superiori ai 100 m è stata, considerata di dubbia fattibilità. Realizzare una luce unica, libera di 3.300 metri, con traffico ferroviario ad alta velocità, è un’impresa ancor più difficile. Garantire la stabilità dell’impalcato sotto l’azione del vento, inoltre l’impalcato deve essere sufficientemente rigido a torsione per evitare eccessive pendenze trasversali incompatibili con l’esercizio stradale e ferroviario. Anche il tema della costruibilità: realizzare un’opera di dimensioni così colossali comporta problemi di costruibilità mai affrontati in precedenza con problematiche di sicurezza che devono essere garantite per ogni fase della costruzione.
Problemi sismici: lo stretto di Messina è una delle numerose zone a rischio sismico elevato dell’area mediterranea. La storia testimonia terremoti violenti che hanno ridotto a cumuli di macerie le città di Messina, Reggio Calabria. Il progetto del ponte, quindi, deve essere concepito per resistere a scosse telluriche prevedibili in quel sito in conformità a quanto prevedono le normative antisismiche vigenti.
Problemi ambientali: le grandi costruzioni creano un disagio avvertibile già dall’inserimento dei cantieri; l’infrastruttura ultimata proprio perché grandiosa crea modificazioni non solo ambientali ma anche paesaggistiche.
L’ impressione dei politici presenti è che la sfida del Ponte continui, tuttavia, a essere mantenuta sotto scacco da reazioni emotive che non consentono di valutare e operare con quel pragmatismo che ha visto altri paesi realizzare l’Eurounnel, lo Shard di Londra, i ponti nordeuropei e giapponesi e tante altre incognite ingegneristiche e ambientali di temerarietà analoga al progetto siciliano.
“Sul ponte dello stretto si parla a volte senza cognizione di causa- dichiara l’assessore Falcone– gli stessi tecnici che conoscono il progetto depositato da Eurolink, lo stesso che è stato approvato sotto il profilo tecnico. La Regione Siciliana è depositaria di questo progetto. Questa tipologia di progetto di collegamento stabile è riuscita ad assurgere ai grandi tavoli tematici dei tecnici e specialisti del mondo. Il collegamento stabile si può fare partendo da quello che abbiamo, cioè dalla campata unica, dalle due Torri, che da Villa San Giovanni da un lato, da Ganzirri dall’altro, collegano le due sponde, collegando interamente l’Italia. Il progetto vale più di 8 miliardi. Secondo le nuove tecnologie costruttive le stesse torri potrebbero essere ridotte di altezza.
Con il governo Musumeci abbiamo chiesto all’attuale Governo Draghi di inserire il progetto nel Recovery Fund, poichè rappresenterebbe un’opera strategica non solo per la Sicilia e la Calabria, ma per l’intera Italia, se non per l’intera Europa. Un’esperienza innovativa infrastrutturale al mondo, capace di ridurre il gap tra il Nord e il Sud. In termini di pedaggio la Sicilia paga 350 milioni di euro l’anno, onere non di poco conto, l’infrastruttura ricadrebbe nei costi“, conclude Falcone.
La senatrice calabrese Silvia Vono non nasconde il desiderio di vedere realizzata l’opera del Ponte “Non capisco perché il Ministro delle Infrastrutture, insiste nel valutare le ipotesi fattibilità del ponte, anziché lavorare sui documenti già esistenti presso il ministero che evidenziano i 40 anni di studi di fattibilità scientifici di alto livello che hanno quasi spazzato via ogni dubbio. E’ chiaro che il progetto definitivo esistente va ottimizzato e verificare la quantità di risorse che servono. Non possiamo più aspettare come politici e cittadini di un territorio, lo sviluppo deve partire dal Sud, considerando l’indotto socio-economico che l’infrastruttura comporterebbe su quel territorio. Non possiamo non investire i soldi pubblici, è necessario per l’Italia, permettendo alle imprese del territorio di stanziarsi e svilupparsi.”
“In Sicilia stiamo patendo uno spopolamento urbano senza precedenti, soprattutto di giovani tra i 19 e i 30 anni che incide moltissimo sull’economia di un territorio, perché è questa generazione che mette su famiglia e che lavora, che acquista e che mette in moto tutto un indotto. L’incremento demografico è il volano dell’economia, per questo si collega con la questione del ponte, determinando l’implementazione di uno sviluppo economico. Il ponte rappresenta più di quello che può essere l’aspetto estetico, tecnologico, tecnico, racchiude una visione di sviluppo di tutta Italia. Occorre una road map di interventi perché è il momento di farsi sentire, soprattutto i parlamentari che rappresentano le esigenze di un territorio al quale appartengono”, così conclude la senatrice Drago.