Primo detenuto infetto e morto per il Coronavirus. Si tratta di Vincenzo Sucato, arrestato nel blitz antimafia Cupola 2.0 e considerato reggente della famiglia mafiosa di Misilmeri, la prima vittima della pandemia che è arrivata anche in carcere. Il 76enne si trovava in una cella dell’istituto penitenziario di Bologna da dicembre 2018. Qualche giorno fa l’aggravarsi delle sue condizioni, qui il trasferimento in un reparto di terapia intensiva e poi agli arresti domiciliari. Sembrerebbe che Sucato fosse affetto da altre patologie ma la notizia della sua morte ha messo in allarme i sindacati di polizia penitenziaria.
“Siamo naturalmente costernati – commenta il segretario nazionale della Uilpa Generino De Fazio – per la perdita di un’altra vita umana ma non vogliamo e non potremmo strumentalizzare l’accaduto. Il Ministro Bonafede e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria hanno tante colpe e responsabilità nell’assolutamente inadeguata gestione delle carceri, prima e durante l’emergenza sanitaria, che sarebbe inutile, inelegante e finirebbe col depotenziare le nostre continue denunce tentare di attribuirne loro delle ulteriori. Purtroppo, questo nemico invisibile sta facendo stragi ovunque e il carcere altro non è che una parte della società“.
“Certo – prosegue – continuiamo a pensare che la gestione dell’emergenza sanitaria per Covid-19, la quale si unisce alle precedenti che attanagliano da molto tempo il sistema carcerario, dovrebbe essere affrontata in maniera molto più efficace e organica da molti punti di vista, sia per la parte che afferisce all’utenza detenuta, sia sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e delle misure a protezione degli operatori e, di rimando, per gli stessi reclusi“.
“Abbiamo peraltro già detto e scritto – afferma ancora De Fazio – della netta sensazione che il coronavirus nel ‘territorio straniero’ delimitato dalle cinte murarie e chiamato carcere sia arrivato in differita e che pertanto, mentre nel Paese pare si stia registrando il picco, nei penitenziari potrebbe essere in piena fase di sviluppo e ascesa. Motivo, questo, che dovrebbe indurre ad adottare più efficaci e stringenti precauzioni e misure di prevenzione anche onde evitare che dal carcere possano svilupparsi i cc.dd. contagi di ritorno, che potrebbero far riprecipitare la situazione in tutto il Paese, quello che viene comunemente detto ‘libero’“.