ASCOLTA L’AUDIO IN ALTO
Prima della strage di Capaci in cui venne ucciso Giovanni Falcone, Cosa Nostra aveva progettato l’eliminazione “eclatante” del giudice Paolo Borsellino, con un’autobomba a Marsala: “Borsellino doveva essere ucciso a Marsala. Ma i boss si rifiutarono, sarebbero morte troppe persone”. A raccontarlo ieri in Tribunale (Corte d’Assise di Caltanissetta) il pentito Carlo Zichittella, nel processo a carico del superlatitante Matteo Messina Denaro, per le stragi del 1992.
Borsellino dirigeva la procura della Repubblica a Marsala, tra la fine del ’91 ed i primi del ’92. Il pentito ha raccontato di aver saputo da Gaetano D’Amico della riunione che si tenne a Mazara del Vallo. I capi Francesco D’Amico e Francesco Craparotta, interpellati dalla famiglia di Mazara, si rifiutarono di eliminare Borsellino in “modalità eclatanti” e per questo furono uccisi.
Il procuratore aggiunto Gabriele Paci ha chiesto cosa si intendesse per “modalità eclatanti” e Zicchitella ha spiegato che “non c’era un posto giusto dove si poteva fare. Nel tragitto che Borsellino faceva ogni giorno sarebbero morte anche altre decine e decine di persone e allora i marsalesi non ci stavano a questa storia qua e non hanno accettato. Loro dicevano di creare un altro posto con meno clamore“.
Per Zichittella “non era possibile che una cosa del genere non fosse decisa da Riina. Era lui che comandava la Sicilia in quel periodo”.
Un dettaglio, in verità, non nuovo, già stato raccontato altre volte. Messina Denaro, già condannato per le stragi del 1993, qui è accusato di essere stato tra i mandanti per quelle di Capaci e di via d’Amelio. Il processo è stato poi rinviato al prossimo 24 gennaio.