La quarta puntata dei “Racconti brevi da leggere online”, presenta la novella “I dissuasori”, ambientata a Palermo.
“I dissuasori”, tratto da Andrea Giostra, “Novelle brevi di Sicilia”, StreetLib, Milano, 2017.
«L’asfalto di fresca posatura di viale della Libertà emanava un tanfo ed un vapore fastidiosi ai due giovani pedoni che sudaticci avevano scavalcato la fascia bianco-rossa che delimitava la strada, e arricciando il naso l’avevano velocemente attraversata lasciando impronte di scarpe di gomma divenute appiccicose che avevano fatto nervosamente alzare lo sguardo e la voce al crocchio di operai della Gesip scoperti nel dorso per il caldo africano.
Il Sinnacollando li aveva costretti a lavorare sotto il sole cocente di agosto per dimostrare alla città che gli ottocento ex-detenuti ed ex-tossicodipendenti, lavoratori della cooperativa creata dal medesimo nei primi anni Novanta, non era uno stipendificio, ma serviva veramente alla città.
E sempre il Sinnacollando aveva pubblicamente detto, al momento del recente insediamento, che la prima cosa che avrebbe fatto era eliminare gli orripilanti dissuasori in cemento di viale della Libertà voluti dal suo predecessore, il sempre assente Sinnaco tennista, che per quattrocentomila euro aveva reso il viale impraticabile agli scooter e agli autobus di linea dell’Amat che ad uno ad uno s’erano scassati negli ammortizzatori e nelle carrozzerie riempiendo all’inverosimile i garage dell’officina dell’Amat.
«- Chi fai nun lu viri n’ca a pici è frisca?
– Avemu primura! Chi vuoi? Fatti i cazzi tuoi!
– Viri si ti dugnu un corpo di pala n’testa! Nuatri puru primura avemu di finiri prestu ca c’è un cavuru di moriri. Nun lu fari chiù a prossima vuota, va bene?
– Picchì a’sinnò chi fai?»
I due ragazzi, l’ultima frase l’avevano gridata dileguandosi velocemente nelle viuzze che portavano al Borgo Vecchio.
Io m’ero fermato a guardare la scena.
Fantastica, bella e variopinta, fatta di suoni e di odori, di tanfi e di grida, di sguardi e di occhiate storte.
E in quella scena c’era la storia di tutta la città, della sua cultura e delle sue tradizioni, del detto e del non-detto, della prepotenza e della soperchieria, del rispetto e dell’arroganza.
E per un attimo mi sono sentito in un teatro all’aperto, in un cabaret per pochi intimi, in un cinema per vedere un film neorealista recitato in dialetto siciliano.
E quello che avevo visto non poteva che avvenire qui, nella mia città, in questa terra ch’è la mia, piena di contraddizioni ma anche di immensa vitalità.
È stato allora che ho pensato che oggi una mia cara e amata amica, che vive lontano da questa che è anche la sua terra, compie gli anni.
Forse una scena come questa, per un attimo, per un momento, ho pensato, l’avrebbe trascinata qui con me, nella sua isola.
Forse con la mente sarebbe stata catapultata nel centro storico della mia città, ch’è molto simile alla sua.
E forse questo poteva essere un piccolo e semplice regalo che le potevo donare.
Scriverle e spedirle la scena alla quale poco prima, passando da viale della Libertà, avevo assistito.
Tanto ordinaria da queste parti, quanto straordinaria per chi vive lontano e la deve semplicemente immaginare“.