C’è un potere che a Palermo non alza mai la voce, ma detta ancora le regole. Lo si trova nei bandi pilotati, nei bilanci paralleli, nelle strette di mano che precedono gli appalti. È la mafia mandamentale, trasformata in dispositivo economico, ma ancora radicata nei quartieri, nei cantieri e che prova a insinuarsi nelle dinamiche politiche della città.
La relazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) ne traccia i contorni con precisione: una mappa muta ma ancora perfettamente attiva.
È il silenzio il primo segnale. Palermo non è più la città delle stragi, dei Kalashnikov, dei morti ammazzati in pieno giorno. Non è neppure più la città degli uomini d’onore che si fanno il nodo alla cravatta. È diventata una città normale, o così sembra. Ma è proprio questa apparente normalità il segreto della sua criminalità più profonda.
Il controllo del territorio oggi si gioca nei condomini, nei consigli comunali, nei bandi pubblici, nei conti correnti. Ed è affidato a un sistema mandamentale che non è mai stato smantellato, solo rimodulato.
Questo è il quinto articolo dell’analisi de IlSicilia.it dedicata alla Relazione semestrale 2024 della Direzione Investigativa Antimafia, presentata al Ministero dell’Interno e trasmessa alle Camere.
Nella prima uscita abbiamo raccontato la metamorfosi delle cosche siciliane in imprese apparentemente legali. Nel secondo, abbiamo analizzato le rotte “tecnologiche e innovative” del riciclaggio internazionale. Il terzo si è concentrato sulle baby gang e sulla nuova criminalità giovanile. Il quarto ha esplorato i rapporti tra mafia siciliana e gruppi criminali stranieri.
Con i prossimi approfondimenti, entriamo “dentro i mandamenti” delle province siciliane, per indagare la riorganizzazione mafiosa nei territori. Un potere che si è ristrutturato, che non fa rumore ma continua a decidere. E iniziamo da Palermo.
La mappa invisibile dei mandamenti di Palermo
A Palermo convivono e interagiscono mandamenti mafiosi storici: Ciaculli-Brancaccio, Porta Nuova, Pagliarelli, San Lorenzo-Tommaso Natale, Noce-Cruillas, Passo di Rigano-Boccadifalco, Resuttana, Villagrazia-Santa Maria di Gesù. Ognuno con le sue famiglie, i suoi referenti, i suoi territori, le sue regole. Secondo la Dia, “l’assetto mandamentale permane, anche se la leadership interna è frammentata e in continua evoluzione”.
La Relazione semestrale 2024 della Direzione Investigativa Antimafia conferma che la struttura mafiosa palermitana è tutt’altro che superata. I mandamenti continuano a esercitare la propria influenza criminale su territori precisi, con dinamiche specifiche e modalità sempre più sofisticate.
Nonostante l’assenza di un vertice unitario e la crisi di rappresentanza storica seguita alla fine della leadership di Matteo Messina Denaro, la geografia mafiosa palermitana resta operativa e radicata.
L’analisi della Dia individua una riorganizzazione silenziosa, basata sulla continuità dei legami familiari, sulla capacità di adattamento economico e sull’infiltrazione nelle maglie dell’economia legale. I mandamenti non hanno rinunciato al controllo territoriale: lo esercitano con meno visibilità, ma con efficacia e costanza.
Brancaccio: logistica, giovani e nuovi equilibri
Il mandamento di Brancaccio, uno dei più noti per storia e conflitti, è oggi al centro di un processo di riassetto interno. Secondo la Dia, mantiene un ruolo chiave nei traffici di stupefacenti e nei rapporti con gruppi criminali esterni, in particolare con reti albanesi e tunisine. Il territorio di Brancaccio comprende anche Ciaculli e Croceverde.
È un’area sensibile, dove la criminalità continua a reclutare giovani, spesso legati alle dinamiche delle nuove leve descritte anche in altri passaggi del rapporto.
Pagliarelli: polo economico e finanziario
Pagliarelli si conferma come uno dei mandamenti più rilevanti sul piano della gestione economica. Qui operano società immobiliari, imprese edili e attività commerciali legate a soggetti contigui a famiglie mafiose. La Dia segnala una forte capacità di penetrazione nei circuiti pubblici, soprattutto attraverso subappalti e gare truccate.
Il territorio include anche zone popolari come Villaggio Santa Rosalia e Mezzomonreale.
Porta Nuova: basso profilo, alto controllo

Il mandamento di Porta Nuova agisce con discrezione. Secondo la relazione, controlla il centro città, dalla Kalsa a Borgo Vecchio, e mantiene canali operativi attivi con gruppi criminali stranieri, in particolare per lo smistamento della cocaina.
È un mandamento che lavora “a bassa visibilità”, ma che detiene ancora una capacità di mediazione e connessione importante, anche con altre aree della provincia.
A dimostrazione della piena operatività del mandamento, giovedì i carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal gip, su richiesta della Dda diretta da Maurizio de Lucia, a carico di 29 persone. Le indagini sono state condotte dal nucleo investigativo di Palermo tra il 2023 e il 2025 sul mandamento mafioso di Porta Nuova,
Blitz antimafia a Palermo, nel mirino il mandamento di Porta Nuova: 29 fermi CLICCA PER IL VIDEO
Per 16 indagati sono scattati gli arresti e per 13 l’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsioni, esercizio abusivo del gioco d’azzardo, reati contro la persona e il patrimonio e in materia di armi, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.
Noce e Santa Maria di Gesù: tra resistenza e radicamento

Il mandamento della Noce mantiene una rete familiare compatta e un controllo diffuso su quartieri strategici. Non è tra i più esposti, ma continua a operare nel racket, nell’usura e nel controllo dei piccoli commerci.
Santa Maria di Gesù, invece, viene indicato come uno dei mandamenti più resilienti, capace di attraversare i cambi di generazione e mantenere saldo il legame con altri territori, anche attraverso matrimoni, parentele e scambi di manodopera criminale.
Resuttana e Passo di Rigano: la mafia silenziosa
Infine, i mandamenti di Resuttana e Passo di Rigano-Boccadifalco vengono segnalati come strutture consolidate, attente a non esporsi, ma capaci di garantire continuità nelle attività tradizionali: controllo del territorio, estorsioni mirate, infiltrazione nelle cooperative.
Alcuni dei soggetti attivi in queste zone sono coinvolti in inchieste patrimoniali e sono destinatari di interdittive antimafia.
San Lorenzo e Tommaso Natale: il collegamento tra periferia cittadina e provincia
Questi due mandamenti — talvolta trattati congiuntamente — rappresentano la parte “periferica” dell’egemonia urbana. La Dia evidenzia come, in questi quartieri, la mafia abbia scelto di agire attraverso società di facciata, investimenti nel settore turistico e compravendite immobiliari fittizie.
Si tratta di mandamenti meno esposti alla repressione, ma che gestiscono enormi flussi economici sotto traccia.
I mandamenti nella provincia: gangli vitali del potere criminale
Non è solo nel centro urbano di Palermo che si muove la rete mafiosa. Al contrario, molti dei gangli vitali del potere criminale risiedono oggi fuori dal perimetro cittadino, nei mandamenti provinciali che rappresentano l’anima più resistente e strategica di Cosa nostra.
La Relazione Dia 2024 non li cita solo come estensioni periferiche, ma come epicentri operativi, capaci di influenzare i traffici, i consorzi, e perfino la vita politica e amministrativa di interi territori.
Tra questi, spiccano per attività e consolidamento Bagheria, Corleone, Camporeale e San Mauro Castelverde. Non sono nuovi nomi nel lessico dell’antimafia, ma il modo in cui operano oggi merita attenzione. Non si tratta di luoghi dove “resiste la vecchia mafia”, ma di aree in cui la criminalità organizzata si è ristrutturata in chiave territoriale, economica, adattiva.
Bagheria: la mafia dei salotti e degli affari

Storicamente nota per il potere della famiglia Greco, Bagheria è oggi uno dei mandamenti più osservati della provincia di Palermo. Non tanto per la violenza, quanto per la capacità di infiltrazione economica e relazionale. Secondo la Dia, Bagheria rappresenta “un laboratorio di mimetismo mafioso”, dove i clan agiscono dietro una fitta rete di imprese edili, aziende agricole, società di consulenza.
Il controllo si esercita sulla fascia costiera orientale: da Altavilla Milicia a Ficarazzi, passando per Villabate e Casteldaccia. Qui il racket ha lasciato il posto alla gestione strategica degli appalti e all’inserimento nei circuiti del turismo, delle ristrutturazioni edilizie e della logistica portuale. Le interdittive antimafia emesse nel 2024 colpiscono diverse imprese riconducibili al mandamento, alcune delle quali attive anche nei cantieri Pnrr.
Corleone: la memoria come capitale del potere
Corleone non è solo un simbolo. È ancora un centro mafioso reale, attivo, benché meno visibile. La Direzione investigativa antimafia sottolinea come, dopo il lungo periodo seguito all’arresto di Provenzano, il mandamento stia vivendo una fase di ricomposizione lenta ma solida. Il suo potere non è più militare, ma culturale, relazionale, genealogico.
I clan corleonesi non cercano più di comandare Palermo, ma gestiscono risorse locali, capitali familiari e flussi agricoli, con particolare attenzione al controllo fondiario, alla zootecnia e alle cooperative. Le recenti indagini su fondi europei per l’agricoltura biologica hanno coinvolto soggetti legati a famiglie del territorio, mostrando l’evoluzione del dominio mafioso nella sfera eco-burocratica.
Camporeale (ex San Giuseppe Jato – Partinico): la cerniera logistica tra mafia cittadina e rurale
Nel 2024, la DIA ha seguito diversi flussi finanziari sospetti che coinvolgono cooperative e società registrate nell’Alto Belice, riconducibili a soggetti contigui al mandamento. In particolare, Monreale, Piana degli Albanesi e Borgetto risultano al centro di un sistema relazionale capace di far ottenere appalti a imprese amiche.
San Mauro Castelverde: l’equilibrio della montagna fondato su relazioni familiari antiche
Il mandamento delle Madonie, guidato storicamente da San Mauro Castelverde, rappresenta una delle strutture più stabili e meno esposte del panorama mafioso siciliano. A differenza di altri territori, qui il potere si fonda su relazioni familiari antiche, conoscenza del territorio e basso profilo.
La Dia lo descrive come un “mandamento discreto ma efficiente”, capace di mediare con famiglie del messinese e di mantenere rapporti di basso attrito con altri distretti provinciali.
Il settore agricolo, il trasporto bestiame, la forestazione e i piccoli appalti locali sono i canali privilegiati per l’influenza criminale sul territorio. Alcune società, formalmente cooperative, sono risultate nel 2024 strumentali per operazioni di riciclaggio e reinvestimento.
Una mafia palermitana che compra, non minaccia: il ritorno del controllo economico
Secondo la Dia, il tratto distintivo della mafia palermitana del 2024 è l’acquisto del consenso. Non serve più intimidire con la forza, basta entrare nei circuiti economici in modo convincente. Le imprese in difficoltà ricevono offerte “salvavita”: capitali, subentri, rilevamenti. Dietro c’è il potere criminale che si maschera da investitore.
Nel settore dell’edilizia, per esempio, si segnala un crescente numero di compravendite immobiliari fittizie in quartieri come Villagrazia, Uditore, Bonagia. La Dia parla di “infiltrazioni silenziose e persistenti, che tendono alla ricostruzione di un potere sociale stabile”.
Tre esempi emblematici di determinate tendenze sono state alcune operazioni della Dia nel 2024.
Nel febbraio 2024, un’operazione congiunta della Dia e della Guardia di Finanza ha portato al sequestro di beni per oltre 12 milioni di euro a una famiglia di imprenditori edili del mandamento della Noce. Le indagini hanno rivelato un complesso sistema di società parallele, false fatturazioni e movimentazioni bancarie sospette, legate al reinvestimento di capitali mafiosi in cantieri pubblici.
A Carini, nell’aprile 2024, è stata sgominata una rete che controllava la distribuzione di carburanti attraverso un consorzio fittizio. Il sistema prevedeva una triangolazione con fornitori del Nord Italia, una ditta di copertura a Malta e una catena di pompe di benzina riconducibile alla famiglia mafiosa locale. Anche qui, tutto appariva regolare. Ma dietro c’erano le firme dei capi.
Non meno significativi sono i cinque sequestri patrimoniali disposti nel corso dell’anno nei confronti di soggetti formalmente estranei al circuito mafioso, ma coinvolti in operazioni finanziarie connesse a famiglie dei mandamenti di San Lorenzo e Tommaso Natale.
Una mafia non più piramidale ma “relazionale e internazionale”
Un altro punto centrale è l’internazionalizzazione mafiosa. I mandamenti di Palermo, in particolare Brancaccio e Carini, mantengono rapporti diretti con intermediari in Spagna, soprattutto nella zona di Valencia. Il traffico di cocaina e hashish si realizza spesso con triangolazioni che coinvolgono soggetti albanesi e brokers italiani residenti all’estero.
Nel 2024 è stata segnalata un’operazione congiunta con Europol che ha portato al monitoraggio di una rete bancaria sospetta tra Palermo e Barcellona, utilizzata per movimentare proventi del traffico di droga attraverso carte prepagate intestate a soggetti fittizi.
La mafia palermitana non è più piramidale. Oggi funziona come una rete. Ogni mandamento ha autonomia gestionale, ma rispetta accordi, spartizioni, alleanze. La relazione parla di una governance diffusa, dove i conflitti sono risolti attraverso mediazioni, e dove il potere passa anche dai consigli comunali, dagli studi notarili, dai consorzi.
La zona grigia — fatta di professionisti, tecnici, dirigenti pubblici — è più che mai attiva. Alcuni casi del 2024 documentano interventi diretti di funzionari comunali che hanno facilitato assegnazioni sospette in favore di ditte legate ai clan.
Una nuova mafia che non spara, ma protocolla. E fa tanti affari lucrosi.