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Un potere sotterraneo e trasversale

Rapporto Dia, dentro i mandamenti mafiosi: Trapani tra agroalimentare, reti d’affari e appalti pubblici

martedì 10 Giugno 2025

A Trapani, la mafia ha da tempo smesso di cercare visibilità. Agisce, piuttosto, per sottrazione: si ritrae dalle scene più eclatanti per guadagnare profondità nell’economia reale. Il suo potere è silenzioso, ma capillare. Si insinua nei flussi economici, nelle decisioni amministrative, nei campi di grano e nelle società consortili.

I nomi che ricorrono nel rapporto della Direzione investigativa antimafia, nella sua relazione 2024, non sono nuovi: Castelvetrano, Mazara del Vallo, Alcamo, Marsala, Vita, Salemi. Zone in cui il controllo è territoriale, familiare, e oggi sempre più economico.

La Relazione Dia evidenzia una presenza mafiosa radicata, storica e pervasiva, che si manifesta oggi nella gestione degli appalti pubblici, nel controllo del settore agroalimentare, nell’uso di cooperative e consorzi, e nella complicità silenziosa di una parte del tessuto economico.

Dai mandamenti storici come Castelvetrano e Alcamo fino alle attività emergenti nel Marsalese e nei piccoli comuni dell’entroterra, il potere mafioso trapanese è fluido, trasversale e ben connesso con reti politiche e imprenditoriali. In questo articolo, ricostruiremo le zone di influenza, i gruppi dominanti, le principali operazioni giudiziarie documentate nella Relazione Dia e i settori economici infiltrati, con particolare attenzione al controllo del territorio attraverso gli strumenti dell’apparente legalità.

Questo è il settimo articolo dell’analisi de IlSicilia.it sulla Relazione 2024 della Direzione Investigativa Antimafia, presentata al Ministero dell’Interno e trasmessa alle Camere.

Rapporto Dia criminalità organizzata, il volto delle mafie in Sicilia: non spara ma investe, assume e corrompe

Dopo aver analizzato la metamorfosi delle cosche in imprese legali, le rotte del riciclaggio, la criminalità giovanile, i legami con la criminalità straniera, i mandamenti storici e nuovi di Palermo, la rete mafiosa pervasiva catanese, l’approfondimento si concentra adesso su Trapani e la sua provincia, uno dei territori meno visibili ma più strategici della mappa criminale siciliana.

 

Trapani, la mafia che non compare: un potere discreto nei flussi economici della città

A Trapani, secondo la Relazione Dia, l’area urbana trapanese rappresenta un nodo cruciale della strategia mafiosa: è la piattaforma attraverso cui le consorterie si relazionano con il potere istituzionale e con la rete imprenditoriale che gestisce appalti, servizi, rifiuti, manutenzioni. Le famiglie mafiose non dominano più con la forza bruta, ma con l’accesso ai meccanismi del consenso economico.

Matteo MESSINA DENARONel 2024, Trapani città ha visto un aumento di segnalazioni su anomale dinamiche nelle gare pubbliche. Una delle più significative riguarda la gestione di un appalto per la manutenzione urbana di alcuni quartieri periferici: secondo la Dia, due delle tre ditte vincitrici sarebbero riconducibili a soggetti già attenzionati per contatti con ambienti mafiosi. Formalmente puliti, i soci di riferimento risultano coinvolti in altre società oggetto di sequestro tra 2022 e 2023.

A preoccupare gli inquirenti non è solo l’infiltrazione economica, ma la crescente normalizzazione del rapporto tra certe imprese e la pubblica amministrazione. Alcuni funzionari comunali, pur non essendo direttamente collusi, sarebbero colpevoli di omissioni ripetute nei controlli. In questo senso, Trapani rispecchia il volto più sofisticato della mafia moderna: non intimidisce, ma persuade. Non occupa, ma convince. E nella rete delle concessioni, delle proroghe, degli affidamenti, trova terreno fertile per consolidare il proprio potere.

La Dia segnala anche un interesse crescente delle cosche per il settore dei servizi ambientali. Due società di raccolta rifiuti urbani operanti nella zona industriale sono finite sotto osservazione per presunti rapporti con prestanome collegati a un clan dell’entroterra. Le imprese, secondo la ricostruzione, avrebbero ottenuto commesse grazie a ribassi anomali e a una rete di intermediazioni che ha escluso la concorrenza locale.

Un altro settore monitorato è quello della ristorazione e del commercio al dettaglio. Nel centro storico trapanese, numerosi locali sono passati di mano nel giro di pochi mesi, intestati a società nuove, spesso guidate da under 35 senza pregresse esperienze nel settore. Un dato che, da solo, non fa reato, ma che secondo la DIA, letto alla luce di altri indicatori, segnala una strategia di mimetizzazione economica tipica delle cosche locali.

In sintesi, Trapani è un vero e proprio laboratorio della mafia post-visibile. Quella che non lascia tracce evidenti, ma entra nei documenti, nei bilanci, nei registri. Quella che non ha bisogno di sparare, perché ha già comprato ciò che serve.

Il potere mafioso è una rete invisibile, ma attiva, legittimata e non dichiarata apertamente. E sempre più difficile da estirpare.

 

Dove comanda la terra: i tentacoli dei mandamenti della provincia trapanese tra agricoltura e consorzi

Matteo Messina Denaro

Il mandamento di Castelvetrano resta il cuore storico e il più importante dei mandamenti della provincia di Trapani.

La città di Matteo Messina Denaro, deceduto ma mai simbolicamente estinto, continua a rappresentare un centro di gravità. Le famiglie che ne hanno raccolto l’eredità, in particolare gli Accardo, i Gentile e i Lombardo, operano oggi con metodi sofisticati. I sequestri del 2024, legati all’operazione “Nebrodi-Ponente”, hanno colpito 11 aziende agricole, 5 imprese di trasporto e una rete di operatori economici che avevano ottenuto contributi Ue attraverso una fitta trama di false dichiarazioni e accordi sottobanco con funzionari.

A Mazara del Vallo, il potere si esercita lungo la filiera della pesca e dell’agroalimentare. Le cosche hanno riposizionato il proprio interesse su consorzi per la trasformazione del pescato e le esportazioni verso l’estero. La Dia indica nel 2024 due società riconducibili a soggetti contigui alla mafia, che gestivano appalti per la manutenzione dei motopescherecci e per la distribuzione dei prodotti nei mercati regionali. L’inchiesta “Onda Lenta” ha mostrato come il controllo non sia più militare, ma logistico e imprenditoriale.

diaNel mandamento di Alcamo, la famiglia Melodia continua a esercitare un potere diffuso. L’operazione “Scudo” ha rivelato una rete che utilizzava una cooperativa agricola per accedere ai fondi per il dissesto idrogeologico. Nello stesso comune, il sistema dei subappalti nella manutenzione delle strade rurali è stato oggetto di una seconda inchiesta, in cui sono emerse collusioni tra imprese legate ai clan e funzionari locali.

Marsala non fa eccezione. La Dia documenta come diverse imprese nel settore delle costruzioni, dei rifiuti e del movimento terra siano finite sotto sequestro nel primo semestre del 2024. L’inchiesta “Cemento sporco” ha riguardato un consorzio che operava su appalti Pnrr per la riqualificazione urbana, con la partecipazione occulta di soggetti legati ai Licari e ai Coppola.

agromafie

In comuni come Salemi, Vita, Partanna, il modello è sempre più raffinato. Non c’è bisogno di intimidire: si offre “assistenza”. Le cosche intervengono come intermediari tra pubblica amministrazione e imprese locali, fornendo garanzie, risolvendo controversie, assicurando manodopera. Un modello ibrido tra patronato e racket.

Lungo la costa e nell’entroterra, la mafia trapanese ha trovato nel settore agricolo il suo nuovo laboratorio. Il rapporto segnala la creazione di oltre 30 nuove cooperative agricole tra il 2022 e il 2024, molte delle quali risultano formalmente pulite, ma in realtà controllate da fiduciari del sistema mafioso. Lo schema è semplice: si ottengono fondi europei, si gestisce la produzione, si eludono i controlli.

 

Appalti, reti di prestanome e infiltrazioni nel settore turistico: il volto economico della mafia trapanese

Nel sistema degli appalti pubblici, la provincia trapanese mostra un quadro preoccupante. Le imprese mafiose accedono a gare truccate, utilizzano prestanome, riciclano denaro attraverso contratti legittimi. Ma il vero potere è nel subappalto: dove il controllo formale dello Stato si interrompe, entra in gioco la mafia. Una delle operazioni più rilevanti, “Strade Cieche”, ha riguardato la provincia di Trapani e ha portato alla luce l’assegnazione fittizia di lavori stradali, con ribassi irrealistici e l’utilizzo sistematico di ditte controllate dai clan.

Anche il settore turistico è sotto osservazione. A San Vito Lo Capo, a Castellammare del Golfo, a Erice, alcune strutture ricettive sequestrate nel 2024 risultano intestate a soggetti incensurati, ma ricondotte a famiglie mafiose.

La mafia trapanese, oggi, non si vede. Non si impone. Non sparge sangue. Ma costruisce, fattura, guadagna, corrompe. Ed estende il proprio controllo un contratto alla volta.

 

Le zone grigie del consenso: imprenditoria e silenzio sociale

Il tratto più inquietante della mafia trapanese è forse proprio il consenso passivo che la circonda. Non si tratta solo di omertà nel senso tradizionale. È piuttosto una forma di neutralità diffusa, una sospensione del giudizio collettivo che permette alle cosche di operare indisturbate. In molti settori dell’imprenditoria locale, la presenza mafiosa non viene più percepita come anomalia, ma come parte integrante del sistema.

La Dia nel rapporto segnala chiaramente che alcuni imprenditori, pur non appartenendo formalmente a clan, preferiscono appoggiarsi a reti criminali per ottenere facilitazioni: subappalti, protezioni, assunzioni pilotate, accesso agevolato a gare pubbliche. Questo fenomeno crea un circuito vizioso in cui la mafia non ha nemici, ma clienti. E la sua forza sta proprio nella mancanza di attrito.

In questo contesto, anche ex amministratori locali, professionisti e tecnici diventano figure-ponte. Così si costruisce la zona grigia del potere: un’area di intermediazione dove nulla appare apertamente mafioso, ma tutto è compatibile con la sua logica.

Il rapporto della DIA lo dice con chiarezza: è in territori come Trapani e la sua provincia che la mafia moderna sta sperimentando le sue forme più avanzate di “invisibilità”. Qui il contrasto non può che partire dalla trasparenza. Dai bandi chiari, dai controlli seri, dalle denunce pubbliche.

Perché, come ci insegna Trapani, la mafia più pericolosa è quella che sembra non esserci.

 

 

 

 

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