Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto al Quirinale il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
L’incontro è servito per la presentazione del sesto rapporto Gimbe sul servizio sanitario nazionale.
“I princìpi fondanti del ssn, universalità, uguaglianza, equità – ha esordito il Cartabellotta – sono stati traditi. Oggi sono ben altre le parole chiave che definiscono un ssn ormai al capolinea e condizionano la vita quotidiana delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche meno abbienti: interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure. Considerato che il progressivo indebolimento del sistema sanitario dura da oltre 15 anni, perpetrato da parte di tutti i Governi – ha proseguito nel suo intervento al Quirinale – non è più tempo di utilizzare il fragile terreno della sanità e i disagi della popolazione per sterili rivendicazioni politiche su chi ha sottratto più risorse al ssn, perché stiamo inesorabilmente scivolando da un servizio sanitario nazionale fondato sulla tutela di un diritto costituzionale a 21 sistemi sanitari regionali regolati dalle leggi del libero mercato. Con una frattura strutturale Nord-Sud che sta per essere normativamente legittimata dall’autonomia differenziata”.
FINANZIAMENTO PUBBLICO
Il fabbisogno sanitario nazionale dal 2010 al 2023 è aumentato complessivamente di 23,3 miliardi di euro, in media 1,94 miliardi di euro l’anno, ma con trend differenti tra il periodo pre-pandemico, pandemico e post-pandemico.
La stagione dei tagli è stata quella dal 2010-2019. Alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre € 37 miliardi.
In questo scenario già compromesso si è inserita la pandemia nel 2020. Il fabbisogno fino al 2022 è aumentato complessivamente di 11,2 miliardi di euro, crescendo del 3,4% in media ogni anno. Tuttavia, al rilancio forzato del finanziamento pubblico è stato possibile abbinare un rafforzamento strutturale del sistema sanitario e i bilanci delle Regioni non sono stati tenuti in ordine.
Cosa succederà nel prossimo futuro? La legge di Bilancio 2023 ha incrementato il fabbisogno sanitario nazionale per gli anni 2023, 2024 e 2025 rispettivamente di 2.150 milioni – di cui 1.400 milioni destinati alla copertura dei costi energetici che nel frattempo sono aumentati a causa del conflitto in Ucraina – 2.300 milioni e 2.600 milioni di euro.
Secondo il rapporto Gimbe, “in termini assoluti, nel triennio 2024-2026 si stima un incremento della spesa sanitaria di soli 4.238 milioni di euro (+1,1%). Da rilevare che nel 2022 e nel 2023 l’aumento percentuale dell’fsn è stato inferiore a quello dell’inflazione: nel 2022 l’incremento è stato del 2,9% a fronte di una inflazione dell’8,1%, mentre nel 2023 l’inflazione al 30 settembre acquisita dall’Istat è del 5,7% a fronte di un aumento dell’fsn del 2,8%”.
PERSONALE DIPENDENTE
Quanto alla carenza del personale, tra medici, infermieri e personale paramedico, “le fonti disponibili – ha spiegato Cartabellotta al Quirinale – non permettono di analizzare in maniera univoca, sistematica e aggiornata la reale forza lavoro del ssn. Inoltre, i dati relativi al 2021 verosimilmente sottostimano la carenza di personale, in conseguenza di licenziamenti volontari e pensionamenti anticipati negli anni 2022-2023. Ancora, le differenze regionali sono molto rilevanti, in particolare per il personale infermieristico, maggiormente sacrificato nelle Regioni in Piano di rientro. Infine, i benchmark internazionali relativi a medici e infermieri collocano il nostro Paese poco sopra la media Ocse per i medici e molto al di sotto per il personale infermieristico, restituendo di conseguenza un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa”.
Medici – Nel 2021 sono 124.506 i medici che lavorano nelle strutture sanitarie: 102.491 dipendenti del SSN e 22.015 dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 2,11 medici per 1.000 abitanti, con un range che varia dagli 1,84 di Campania e Veneto a 2,56 della Toscana con un gap del 39,1%.
Infermieri – Nel 2021 sono 298.597 gli infermieri che lavorano nelle strutture sanitarie: 264.768 dipendenti del SSN e 33.829 dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 5,06 per 1.000 abitanti, con un range che varia dai 3,59 della Campania ai 6,72 del Friuli Venezia Giulia con un gap dell’87,2%.
Rapporto infermieri/medici – Nel 2021 il rapporto nazionale infermieri/medici tra il personale dipendente è di 2,4, con un range che varia dagli 1,83 della Sicilia ai 3,3 della Provincia autonoma di Bolzano, con un gap dell’80,3%. Fatta eccezione per il Molise, le Regioni in Piano di rientro si trovano tutte sotto la media nazionale, dimostrando che le restrizioni di personale hanno colpito più il personale infermieristico che quello medico. L’Italia si colloca molto al di sotto della media OCSE (1,5 vs 2,7) per rapporto infermieri/medici, in Europa davanti solo a Spagna (1,4) e Lettonia (1,2).
LE CONCLUSIONI DEL RAPPORTO
“Per attuare il DM 77 – ha concluso Cartabellotta – bisogna mettere in campo coraggiose riforme di sistema, finalizzate in particolare a ridisegnare ruolo e responsabilità dei medici di famiglia e facilitare l’integrazione con l’infermiere di famiglia. In secondo luogo, servono investimenti certi e vincolati per il personale sanitario dal 2027, oltre che un’adeguata rivalutazione del fabbisogno di personale infermieristico. Infine, occorre una rigorosa governance delle Regioni per colmare i gap esistenti. Ma soprattutto la politica, oltre a credere nell’impianto della missione Salute, deve inserirlo in un quadro di rafforzamento complessivo del ssn. Altrimenti, indebiteremo le generazioni future per finanziare solo un costoso ‘lifting’ del ssn”.