Se Atene piange, Sparta non ride. Questo proverbio ben sintetizza la situazione del centrodestra e del campo progressista in merito alle elezioni siciliane. I due schieramenti rivali sono accomunati dal protagonismo di tanti “signor No”. Così, il Governatore siciliano che verrà, chiunque esso sia, sarà ricordato per un antipasto di campagna elettorale, ricco di veti e condizioni.
La settimana di Ferragosto si concluderà con una delle tappe più significative. I simboli di lista dovranno essere depositati al dipartimento delle Autonomie locali, dalle 9 alle 20 di sabato 13 agosto (quarantatreesimo giorno antecedente la data del voto) e dalle 9 alle 16 del 14 agosto (quarantaduesimo giorno antecedente). Lunedì 15 (dalle ore 9 alle ore 17) e martedì 16 agosto (dalle ore 9 alle ore 14) ci sarà l’affissione dei contrassegni ricevuti, per la visione da parte dei rappresentanti dei partiti o gruppi politici. Entro questi termini possono essere segnalate eventuali identità o confondibilità dei simboli.
La corsa al voto entra nel vivo ma, i partiti sembrano navigare a vista. In realtà, l’impressione reale è che la politica navighi in alto mare se non addirittura in cattive acque. Il centrodestra cerca ancora una quadra sul nome del candidato unico di coalizione. Forza Italia resta ferma su Stefania Prestigiacomo. A mettersi di traverso Fratelli d’Italia che non digerirebbe il nome dell’ex ministro, sottolineando più volte il no alla sua candidatura. Il miglior nome possibile non c’è ancora e, la soluzione migliore almeno per il momento sembra attendere. Attendere cosa? Che qualcuno dal cilindro, esca il candidato ideale, non divisivo e che faccia dimenticare mal di pancia e malumori.
Per il partito di Meloni, Musumeci resta la scelta migliore e intanto dopo qualche giorno in cui il suo nome si era fatto avanti come possibile scelta, anche il segretario siciliano Nino Minardo si è defilato rispetto alla disponibilità data all’inizio al suo partito: “La Lega Sicilia-Prima l’Italia è l’unico partito che ha dimostrato di voler chiudere in fretta favorendo responsabilmente la sintesi. Io non sono più disponibile, ma il partito aveva già indicato come alternativa Alessandro Pagano.”
Non va meglio in casa Pd-M5S. Qui, il candidato c’è ma anche in questo caso, cominciano a fioccare paletti e richieste che hanno il sapore di una cronaca di un divorzio annunciato. Campo di scontro nello scontro, il Movimento Cinque Stelle diviso tra chi vorrebbe rompere con il Partito Democratico e chi invece vorrebbe mantenere l’alleanza delle primarie. Falchi e colombe e in mezzo Caterina Chinnici, la candidata a Presidente della Regione. Ieri, una riunione palermitana di fuoco alla quale hanno partecipato il referente siciliano del M5s Nuccio Di Paola, il segretario siciliano del Pd Anthony Barbagallo e in vide-collegamento Claudio Fava dei Centopassi ,ha portato a una serie di “impegni”. Un primo elenco di assessori designati entro il 20 agosto ed entro la prima metà di settembre le 10 delibere alle quali si darà subito esecuzione nel caso di vittoria alle elezioni regionali in Sicilia. No ai termovalorizzatori, no a sanatorie, rigassificatori solo in zone industriali, no ad alleanze con partiti contrari al reddito di cittadinanza, basta precari, eliminazione delle Aziende sanitarie provinciali (Asp) e la costituzione di una sola maxi-Asp, misure a sostegno del Superbonus 110%. Questo il “contratto” sottoposto a Chinnici durante il vertice.
“Abbiamo presentato i nostri punti nel corso di un incontro abbastanza animato. Aspettiamo la risposta da Caterina Chinnici che si è riservata di farcela avere a stretto giro. Deve essere lei la garante della coalizione, anche perché col Pd ci sono ancora spetti da chiarire. Il M5S, sia chiaro, non è né sarà mai, la stampella di nessuno”, dice Nuccio Di Paola, referente del M5S in Sicilia.
“I nostri punti – aggiunge – sono espressione del Dna del M5S, tutti pensati nell’esclusivo interesse del cittadino e su questi non intendiamo arretrare di un centimetro. La Sicilia ha il forte bisogno di un presidente innovatore e riformista scevro dalle logiche di partito”.