C’è una strategia per il Mezzogiorno al centro dell’agenda di governo che intende far diventare il Sud area trainante dello sviluppo di tutto il paese. Consapevoli che se il Mezzogiorno resta indietro, e diviene solo terra di impieghi per le aziende del nord, o di temporanea delocalizzazione (mirata solo a usufruire dei vantaggi e degli sgravi per poi lasciare in dote sacche di precariato di ogni fascia di età), l’Italia tutta perde peso specifico e difficilmente si riesce a raggiungere gli indici di crescita del paese e abbattimento della spesa in conto capitale che sono necessari ad avere un ruolo leader nel negoziato economico con l’Europa.
Il senso di questa strategia potrebbe essere riassunto in poche parole: la questione meridionale non è solo un tema di equità sociale (pari opportunità ad ogni cittadino italiano ovunque risieda) ma di politica economica nazionale.
Ma per evitare i fallimenti del passato, ed ancor più in questo momento di crisi generale, la “questione meridionale” va affrontata con un cambio di prospettiva radicale, che non riguarda solo la politica ma riguarda ciascuno di noi. Va affrontata puntando sul protagonismo delle scelte e sulla responsabilità dei risultati.
Il senso politico della Legge sul Mezzogiorno varata a giugno scorso è proprio questo: investire sul protagonismo del Mezzogiorno, dei suoi imprenditori, dei suoi giovani, e puntare alla crescita culturale e sociale delle comunità meridionali.
La portata innovativa della Legge 20/06/2017 n.91 è proprio il cambio di visione rispetto agli interventi per il mezzogiorno del passato: la norma punta infatti sul cambiamento di mentalità e sul protagonismo attivo dei cittadini, lanciando una sfida a quello che è – insieme alla criminalità organizzata – uno dei più insidiosi freni allo sviluppo che sono i “potentati locali” ancora molto radicati al Sud che alimentano la cultura del chiedere anziché sostenere la cultura del fare.
Per farlo, propone un’alleanza tra chi fa le leggi e chi ne è beneficiario: chi crede nel futuro e vuole restare nella sua terra presentando progetti credibili e sostenibili, avrà il pieno appoggio dello Stato, in un rapporto di responsabilità reciproca. Non quindi una prebenda, un sostegno che poi a conti fatti si trasforma solo in un ammortizzatore sociale che alimenta l’aspettativa che sia qualcun altro a doversi prendere carico del nostro futuro, ma una leva per diventare protagonisti del proprio futuro e diventare interlocutori necessari a chi ha la responsabilità di risultato sulla crescita del Paese.
La legge, che ha preso appunto il nome “Resto al Sud”, parte da un dato sociologico ed economico allarmante, che è dato dal dato sui giovani che lasciano la propria terra perché hanno perso la speranza di potersi costruire un progetto di vita “restando al Sud”. Ai giovani meridionali allora la legge ha voluto lanciare l’assist per trasformare il pessimismo, eredità di una cultura abituata a fare la fila per chiedere anziché costruirsi da sé il proprio futuro chiedendo solo opportunità e semplificazione dell’iter per farlo.
La legge offre infatti a chi ha buone idee imprenditoriali gli strumenti per costruire il proprio futuro, mettendo a disposizione una potenziale dotazione di 50 mila euro (estensibile fino a 200 mila euro, nel caso di un progetto presentato da 5 giovani imprenditori), di cui il 35% a fondo perduto ed il restante 65% con un prestito a tasso zero. Sono inoltre previste anche specifiche azioni di accompagnamento da parte di enti pubblici, università ed associazioni del terzo settore, a supporto di questo processo di crescita. Prevede inoltre – e lo vedremo meglio nei decreti attuativi – una serie di provvedimenti finalizzati a semplificare l’iter di avvio delle attività ma soprattutto a garantire tempi certi nelle istruttorie. Perché è proprio il tempo la variabile su cui si gioca la credibilità di un progetto di impresa. Mentre una promessa di impresa può rimanere in un cassetto anche per anni, un progetto che punta a fare impresa deve diventare realtà entro un tempo ragionevole e dichiarato ex-ante.
Proprio su questo patto di responsabilità reciprocasi fondano gli articoli (e non solo quelli rivolti ai giovani ma a tutte le attività economiche) della Legge Mezzogiorno, che si concretizzerà attraverso provvedimenti attuativi (alcuni dei quali attesi proprio in questi giorni) che delineano una strategia aperta, basata su un nuovo ruolo del decisore politico in una forte condivisione di obiettivi, strumenti, responsabilità con la società civile ed i cittadini.
E’ una sfida aperta, e sta a noi trasformarla in opportunità concreta, facendo appello al nostro orgoglio di essere meridionali, di essere nati e vivere nella luogo della terra più bello in assoluto (ma sinora certamente non attrattivo per lavoro e impresa).