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Analisi del Rapporto Rifiuti Urbani 2025

Rifiuti urbani, i numeri di Ispra: i ritardi della Sicilia tra carenze infrastrutturali, crisi dell’organico e alti costi del servizio

venerdì 12 Dicembre 2025
Presentazione Rapporto Rifiuti Urbani Ispra

L’Italia a tre velocità nel Rapporto ISPRA 2025: i ritardi della Sicilia

L’edizione 2025 del Rapporto Rifiuti Urbani 2025 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), basato sui dati relativi al 2024, traccia il quadro di un Paese in lieve crescita nella produzione di rifiuti (+2,3% a 29,9 milioni di tonnellate) ma con risultati in differenziata (RD) che consolidano una storica spaccatura geografica. La media nazionale di Raccolta Differenziata sale al 67,7%, superando l’obiettivo europeo del 65% in maniera strutturale e avvicinandosi al 55% di riciclaggio effettivo (52,3%).

ilSicilia.it ha analizzato e confrontato l’andamento nazionale e regionale, evidenziando il divario tra le macro-aree e posizionando la Sicilia in questo scenario. Mentre il Sud nel suo complesso riduce il divario (toccando il 60,2% di RD), la Regione Siciliana, con il suo 55,2% di RD (dati 2023), si trova ancora significativamente indietro.

Questo deficit non è primariamente una mancanza di volontà di differenziare, ma una drammatica e cronica carenza infrastrutturale che impedisce di chiudere il ciclo dei rifiuti in loco. Il nodo impiantistico e lo sblocco dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano la vera scommessa per il futuro sostenibile dell’Isola.

Il quadro nazionale: Produzione e Differenziata

 

I dati nazionali del 2024 rivelano che l’Italia, nonostante l’aumento della produzione (spiegabile con la crescita del PIL e della spesa per consumi), continua a progredire nella gestione sostenibile.

Con il 67,7% di Raccolta Differenziata media, l’Italia supera l’obiettivo del 65% fissato per il 2025, ma l’analisi per macro-aree evidenzia una profonda disparità:

  • Nord: Leader indiscusso con il 74,2% di RD, grazie a sistemi di raccolta capillari e, soprattutto, a una completa ed efficiente rete di impianti di trattamento.

  • Centro: Si posiziona in una fascia intermedia con il 63,2% di RD. Risulta la macro-area con il costo pro capite di gestione più elevato (256,6 €/abitante), spesso a causa dell’inefficienza di grandi città come Roma (48% di RD) e di una gestione impiantistica non ottimale.

  • Sud: Toccando il 60,2% di RD, il Mezzogiorno mostra il maggiore dinamismo, ma con forti differenze interne (Sardegna 76,6% vs. Sicilia 55,2%).

I rifiuti urbani complessivamente smaltiti in discarica a livello nazionale sono diminuiti al 14,8% del totale prodotto. Questo è un dato positivo a livello di Paese, ma purtroppo non omogeneo. Le regioni con carenze impiantistiche significative sono costrette a dipendere da due opzioni costose: la discarica (locale o fuori regione) e l’esportazione (1,3 milioni di tonnellate esportate nel 2024), una dinamica che incide direttamente sulla competitività e sui costi locali.

Nel dettaglio, l’anno scorso sono stati prodotti 29,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (+2,3% rispetto al 2023). Nell’ultimo anno l’economia italiana ha fatto registrare una crescita del Prodotto interno lordo e della spesa per consumi finali sul territorio nazionale, pari, per entrambi gli indicatori socioeconomici, allo 0,7%.

DATI DEL REPORT

Nei 14 comuni con oltre 200mila abitanti residenti si registra un aumento della produzione di rifiuti urbani dell’1,8%.

 Sul fronte della raccolta differenziata, è aumentata a livello nazionale al 67,7%, con percentuali del 74,2% al Nord, del 63,2% al Centro e del 60,2% al Sud. Le migliori performance sono in Emilia-Romagna (78,9%) e in Veneto (78,2%). Seguono Sardegna (76,6%), Trentino-Alto Adige (75,8%), Lombardia (74,3%) e Friuli-Venezia Giulia (72,7%).

Tra le città con oltre 200.000 abitanti, i livelli più alti di raccolta differenziata sono a Bologna (72,8%), Padova (65,1%), Venezia (63,7%) e Milano (63,3%).    Nel 2024 sono operativi 625 impianti per la gestione dei rifiuti urbani, oltre la metà dedicati alla frazione organica. La percentuale di riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta al 52,3%, in crescita rispetto al 50,8% del precedente anno. Per il 2025 l’obiettivo è del 55% mentre al 2030 è del 60%.

E’ aumentato il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani a 214,4 euro per abitante dai 197 del 2023. Al Centro il costo più elevato con 256,6 euro/abitante, segue il Sud con 229,2 euro/abitante e infine il Nord con un costo pari a 187,2 euro/abitante.

Il Pnrr ha destinato 2,1 miliardi di euro alla gestione dei rifiuti e a progetti di economia circolare.

I dati regionali e comunali in Italia

Nella raccolta differenziata l’Emilia-Romagna è la regione che mostra il maggiore incremento, pari a 1,7 punti rispetto ai valori del 2023. Superano l’obiettivo del 65% anche Marche (71,8%), Valle d’Aosta (71,7%), Umbria (69,6%), Piemonte (68,9%), Toscana (68,1%), Basilicata (66,3%) e Abruzzo (65,7%).

Nel complesso, più del 72% dei comuni ha conseguito una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%. Nell’ultimo anno, l’89,7% dei comuni intercetta oltre la metà dei propri rifiuti urbani in modo differenziato.

Tra le città con oltre 200.000 abitanti dopo le prime quattro ci sono Firenze (60,7%), Messina (58,6%), Torino e Verona (57,4%). Più indietro, seppure in crescita, Genova (49,8%), Roma (48%), Bari (46%) e Napoli (44,4%).

Il recupero dell’organico avviene soprattutto negli impianti integrati anaerobico/aerobico (58,5% dei quantitativi trattati), seguiti dal compostaggio (34%) e dalla sola digestione anaerobica (7,5%). Il totale trattato biologicamente raggiunge circa 7,2 milioni di tonnellate, in aumento del 3,9% rispetto al 2023.

Diminuiscono i rifiuti urbani complessivamente smaltiti in discarica che rappresentano il 14,8% dei rifiuti prodotti (in termini quantitativi, oltre 4,4 milioni di tonnellate, in calo del 3,7% rispetto al 2023).

 L’Europa monitora con attenzione il flusso degli imballaggi, per i quali sono previsti obiettivi di riciclaggio molto ambiziosi al 2025 e 2030. Tutti i materiali di imballaggio hanno già raggiunto i target 2025: anche la plastica supera per la prima volta l’obiettivo, arrivando al 51,1% rispetto al 50% previsto.

Nel 2024 è stato esportato il 4,3% dei rifiuti urbani prodotti, 1,3 milioni di tonnellate, a fronte di 216mila tonnellate di rifiuti importati. Campania, Lazio e Lombardia sono le regioni che esportano i maggiori quantitativi. Danimarca, Paesi Bassi, e Austria sono i Paesi cui destiniamo più rifiuti urbani.

Il confronto regionale: la Sicilia in coda al Mezzogiorno

In questo scenario nazionale, la Sicilia si posiziona nella parte bassa della classifica per Raccolta Differenziata, con una media del 55,2% (dati 2023).

La distanza e il paradosso dei costi

regione siciliana palazzo d'orleans
Palazzo d’Orléans

La Sicilia, pur avendo migliorato la sua performance (+3,7% rispetto all’anno precedente), manca l’obiettivo del 65% di ben 10 punti percentuali. Nonostante si produca una quantità pro capite inferiore di rifiuti urbani (449,20 kg/ab, sotto la media nazionale di 496,06 kg/ab), i costi di gestione sono elevati.

  • Il costo elevato del servizio al Sud: Il costo medio annuo pro capite nel Sud è di 229,2 euro, un costo gonfiato dalle inefficienze logistiche e dalla necessità di ricorrere a smaltimento esterno. L’esempio delle province siciliane come Palermo (dove la TARI è aumentata del +6,7%) mostra chiaramente il paradosso: il cittadino paga di più per un servizio di qualità inferiore.

Il dato regionale è appesantito dal fallimento delle città metropolitane:

  • Virtuosismo (Trapani 78,0%, Ragusa 68,3%, Enna 65,9%): Queste province dimostrano che il know-how della raccolta esiste nell’Isola.

  • Criticità (Palermo 36,7%, Catania 55,8%, Siracusa 52,7%): Queste province, con la loro alta popolazione, affossano la media regionale e generano il maggior fabbisogno impiantistico non soddisfatto.

Questa profonda dicotomia interna è la prova che il problema siciliano non risiede nella volontà dei cittadini, ma nella capacità di governo del ciclo e, soprattutto, nella dotazione infrastrutturale.

L’anello mancante: Il nodo impiantistico in Sicilia, tra crisi locali e la leva del PNRR

Il vero elemento che impedisce alla Sicilia di allinearsi ai benchmark nazionali e di superare l’obiettivo del 65% è il gap impiantistico strutturale. Il Rapporto ISPRA 2025 non solo segnala le carenze, ma fornisce il contesto normativo per la loro risoluzione, legando indissolubilmente la crisi alla mancata attuazione della pianificazione e all’urgenza di sbloccare i fondi PNRR.

La criticità della raccolta dell’Organico a livello provinciale

La frazione organica è la componente più pesante e voluminosa dei rifiuti urbani, e la sua corretta gestione è cruciale per il dato di RD e per l’economia circolare. A livello nazionale, il 58,5% dell’organico viene trattato in moderni impianti integrati anaerobico/aerobico, che producono compost di qualità e biometano.

In Sicilia, la capacità di trattamento locale è drammaticamente insufficiente.

  • Palermo e Catania: L’export coatto: Le aree metropolitane, dove si concentra il maggiore volume di FORSU, non dispongono di biodigestori di prossimità sufficienti. Questo costringe le società di gestione (come la RAP a Palermo o l’appaltatore a Catania) a sostenere costi logistici esorbitanti per trasportare l’organico verso impianti distanti, spesso fuori regione. Tale inefficienza logistica si traduce in un costo energetico e ambientale elevato per i trasporti e, inevitabilmente, in un aumento della TARI per i cittadini.

  • La necessità a Enna e Ragusa: Anche province virtuose come Enna e Ragusa, pur gestendo meglio la raccolta, vedono limitato il potenziale di chiusura del ciclo. Per massimizzare i benefici dell’economia circolare (e la produzione di compost o biometano da riutilizzare in agricoltura, chiudendo il cerchio) è essenziale che anche questi territori, a basso fabbisogno, siano dotati di impianti di trattamento localizzati e dimensionati in modo ottimale

Il legame con la pianificazione e l’obiettivo 2029

Il Rapporto ISPRA sottolinea che le Regioni mantengono le competenze in tema di pianificazione e di scelta delle soluzioni impiantistiche.

La Regione Siciliana, con la D.G.R. n. 40/52 del 28/12/2022, ha fissato l’ambizioso obiettivo di raggiungere l’80% di raccolta differenziata al 31.12.2029. Questo traguardo, come riconosciuto dalla stessa delibera, è subordinato alla “progettazione di raccolte differenziate ad alta efficienza” e, implicitamente, alla realizzazione dell’infrastruttura necessaria per trattare le frazioni intercettate.

L’assenza di impianti non solo rende l’obiettivo teorico, ma impedisce ai comuni di adottare modelli di raccolta efficaci, sapendo che non avrebbero dove conferire le frazioni raccolte (il cosiddetto “effetto tappo”).

La soluzione del PNRR: ridurre il divario impiantistico

Pnrr

Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha destinato a livello nazionale 2,1 miliardi di euro per progetti di economia circolare e gestione dei rifiuti. Il monitoraggio del raggiungimento dei target del Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti (PNGR) è esplicitamente finalizzato alla “riduzione del divario di pianificazione e dotazione impiantistica tra le diverse aree del Paese”.

Per le province siciliane, l’utilizzo di questi fondi è cruciale e deve focalizzarsi su:

  1. Impianti di Trattamento Bio-Stabilizzazione: Realizzare una rete provinciale di biodigestori e compostaggio per eliminare la dipendenza dall’export della FORSU per tutte e nove le province.

  2. Tecnologie di selezione e recupero: Investire in nuovi impianti di selezione (CSS) e centri di recupero per aumentare la purezza del riciclato e ridurre il residuo da discarica, migliorando la qualità dei dati di RD (es. Catania e Palermo).

  3. Innovazione e digitale: Sostenere i comuni nella transizione alla Tariffazione Puntuale e all’ottimizzazione logistica.

La sfida della Sicilia non è più politica, ma esecutiva: i Piani regionali devono identificare le tipologie di impianti, la cui realizzazione deve essere accelerata tramite i fondi PNRR. Il successo dell’80% di differenziata al 2029 è direttamente proporzionale alla capacità di costruire e rendere operativi questi impianti nelle singole province, ribaltando una crisi decennale.

Aspetti economici e tariffari: il “Costo del Non Fare”

L’analisi dei costi di gestione rivela che l’inefficienza impiantistica si traduce in un costo sociale ed economico elevato. La gestione inefficiente nel Sud genera un costo medio pro capite di 229,2 euro, nettamente superiore al Nord.

Questo perché, in assenza di impianti di riciclo e valorizzazione, le province siciliane non solo pagano il trasporto per l’export dei rifiuti, ma perdono anche i ricavi derivanti dalla vendita di materiali riciclati di alta qualità e dall’energia prodotta.

La Sicilia vive un paradosso economico amaro. L’Isola ha una Produzione Pro Capite (TPR) di Rifiuti Urbani inferiore alla media nazionale (449,20 kg/ab contro 496,06 kg/ab). Logicamente, meno rifiuti prodotti dovrebbero significare costi totali inferiori. Invece, l’alto costo del Sud si riflette in Sicilia perché la frazione residua che non può essere riciclata genera costi esorbitanti di gestione e trasporto (export).

Conseguenza diretta sulla TARI: Le province con il maggiore deficit impiantistico (Palermo, Catania) registrano le maggiori inefficienze, che si trasferiscono direttamente sulla TARI (Tassa sui Rifiuti). L’aumento dei costi operativi (dovuti all’emergenza) e la perdita dei ricavi derivanti dalla vendita di materiali riciclati e biometano gonfiano la bolletta del cittadino.

L’aumento tariffario registrato in alcuni comuni, come a Palermo, è la prova che si paga di più per un servizio di qualità inferiore a causa della mancanza di una gestione industriale efficace del ciclo.

La soluzione economica risiede nell’implementazione capillare della Tariffazione Puntuale, che premia chi produce meno indifferenziato. Il Rapporto ISPRA promuove questo sistema perché crea un incentivo economico che riduce la produzione e aumenta la qualità della RD. La lentezza nell’adozione della Tariffazione Puntuale nelle province siciliane più in crisi mantiene un regime tariffario iniquo e frena il potenziale di riduzione dei costi.

Il circolo virtuoso delle regioni settentrionali (alta RD, molti impianti, costi bassi) si contrappone al circolo vizioso siciliano (bassa RD, pochi impianti, costi alti). La messa a terra dei progetti PNRR è l’unica leva per rompere questa dinamica e garantire una futura riduzione della TARI, convertendo i costi di smaltimento in ricavi da valorizzazione.

La scommessa siciliana e i “Target 2030”

Il Rapporto ISPRA 2025 evidenzia che, nonostante i progressi nazionali, la Sicilia rimane una delle regioni chiave per il raggiungimento degli obiettivi europei del 2030. Le eccellenze provinciali come Trapani, Ragusa ed Enna dimostrano la fattibilità del riciclo, ma le crisi metropolitane di Palermo e Catania e il cronico deficit impiantistico condannano la regione a una gestione emergenziale.

La Sicilia si trova ora di fronte a un bivio: i fondi PNRR rappresentano l’ultima chiamata per finanziare l’infrastruttura (in primis i biodigestori per l’organico) e per conformare il Piano Regionale agli obiettivi nazionali (PNGR) e comunitari. Il fallimento in questa transizione condannerebbe l’Isola al mancato rispetto dell’obiettivo dell’80% di differenziata e al mantenimento di un divario economico e ambientale inaccettabile con il resto del Paese.

Il Rapporto ISPRA 2025 è un monito: l’Italia è in linea con gli obiettivi 2025, ma l’obiettivo del 60% di riciclaggio effettivo al 2030 dipende dal successo nel recupero del ritardo infrastrutturale nel Mezzogiorno.

I Target e gli impegni regionali

La Sicilia deve compiere un salto qualitativo enorme per raggiungere il target regionale dell’80% di Raccolta Differenziata al 31.12.2029, fissato dalla D.G.R. n. 40/52. Un aumento di quasi 25 punti percentuali in pochi anni non può essere raggiunto senza una rivoluzione impiantistica e amministrativa mirata sui grandi centri urbani.

Le priorità per la Sicilia:

  1. Sblocco e Attuazione Urgente dei Fondi PNRR: La priorità assoluta è la costruzione di una rete di Biodigestori Anaerobici e Impianti di Compostaggio distribuiti negli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) di tutte le nove province. Questi impianti sono vitali per eliminare la dipendenza dall’export della FORSU per Palermo e Catania, e per trasformare il rifiuto organico in risorse locali (biometano e compost).

  2. Omogeneizzazione dei Modelli di Raccolta: L’eccellenza di Trapani (78,0%) deve diventare il modello standard. I capoluoghi, specialmente Palermo e Catania, devono completare rapidamente la transizione al Porta a Porta Spinto, affiancandolo all’implementazione della Tariffazione Puntuale per garantire equità e incentivare l’azione civica.

  3. Rafforzamento della Governance e Conformità al PNGR: La Regione deve garantire la piena conformità dei Piani Regionali di Gestione dei Rifiuti al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti (PNGR). È fondamentale un maggiore controllo sulla qualità delle frazioni raccolte per assicurare che il dato di RD si traduca in materiale realmente riciclabile e vendibile.

  4. Il futuro della Sicilia dipende non solo da quanti rifiuti vengono raccolti, ma da quanti di essi vengono effettivamente valorizzati. Il Rapporto ISPRA 2025 è un invito esplicito a superare l’inefficienza e il gap impiantistico, trasformando la regione, entro il 2030, in un esempio di economia circolare nel Mezzogiorno.

 

FONTE DATI

1) RAPPORTO INTEGRALE Rifiuti Urbani Edizione 2025 dell’ISPRA 

2) DATI DI SINTESI Rifiuti Urbani Edizione 2025 dell’ISPRA

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