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Rinfacciare e covare, le due facce della stessa medaglia

giovedì 7 Maggio 2020

È un’ironia della sorte il fatto che nel momento in cui le relazioni sono state spogliate quasi del tutto del loro stigma, almeno finché i caratteri pandemici non saranno più accentati, si stiano cominciando a rivalutare e ripensare i contratti matrimoniali, le relazioni familiari, le convivenze. Per agevolare la massima riflessione possibile, oggi vi parlerò degli errori evolutivi più comuni che danneggiano irreversibilmente i rapporti personali. Tali conseguenze, spesso, non si vedono agli arbori ma col tempo, quando, ormai, il dado è tratto e la degenerazione/fine del ciclo di amore è già iniziato. E questo non deve essere eccessivamente motivo di tristezza perché è indice del fatto che il partner, i nostri cari o noi stessi siamo chiamati a svolgere un compito ben più importante o diversamente nobilitante altrove.

Ecco il fallo più comune: l’attaccamento. Non si vuole mollare la presa, nonostante si possa farlo, proprio come le scimmie in Indonesia che infilano la zampa dentro una zucca svuotata e nella cui cavità viene inserita una succosa arancia, di cui questi animali sono molto ghiotti, e così vengono catturate (R. Poletti e B. Dobbs). Bisogna rinunciare a qualcosa per poter trarre altri vantaggi dalle situazioni, occorre sapere aspettare, come un giardiniere, che i germogli nascano dalle gemme delle piante che si sono coltivate (L.V. 2019).

La convivenza è un’impresa intrinsecamente difficile ed è oggettivamente soggetta all’assuefazione oltre che alle cattive abitudini. Questo compito, ultimamente, è stato complicato dalle restrizioni da COVID-19. Esistono, comunque, delle arti che si possono apprendere e affinare: l’arte di tacere, di farsi ragione, di essere utili, di non creare dispiacere ma piacere, di mantenere le distanze dei porcospini pur creando intimità e vicinanza e l’arte di parlare. I detti popolari ci danno delle ottime indicazioni su come e quanto regolare la macchina: “due parole sono poche e quattro sono troppe” e “quando l’altro è due passi avanti io sono due passi indietro e viceversa, quando lo sono io l’altro tenta di stare al mio passo, generando un continuo inseguirsi”. Sono aforismi noti ma non sempre facilmente declinabili. Una divagazione dal bene attraverso le parole sta nel rinfacciare un beneficio, una mancanza. Sembra l’unico modo possibile per sfogare una certa quantità di corrucci accumulati nel tentativo di persuadere l’altro che sia nel torto, che fa soffrire, etc. Tuttavia, alcune volte lo si fa perché non si riesce a tenere a freno la lingua e, quindi, per mancanza di serenità interiore. Non bisogna mai eccedere perché il confine fra la ragione e il torto è labile. Non ci vuole molto a scadere, rimproverando aspramente l’altro per delle carenze molto probabilmente dovute al fatto che si sta viaggiando, inconsapevolmente, su due binari diversi e che si nega, quindi, a se stessi e al compagno, la verità: che si vorrebbe altro. Ricordare certi particolari, in questi casi, dunque, non porta a nulla di buono, non è utile quanto il riflettere bene su ciò che si vuole veramente. A questo punto, possiamo avvalerci, per capire cosa è giusto fare, di un’altra massima conosciuta: “Meglio contare fino a 10 prima di parlare o dormirci sopra”. Proprio così: i litigi andrebbero sempre rimandati, ben riflettuti e discussi a mente fredda, non a caldo, quando gli animi sono infervorati e sulla difensiva. Il livello di motivazione a razionalizzare dipende dal grado di amore che si prova e da quanto si tiene a salvare la relazione.

Il rivangare ha un’altra faccia della stessa medaglia, sempre oscura e malevola: il covare. Che peccato vedere fare un uso improprio di un verbo così roboante: anzi che stare accovacciati sulle uova deposte per farle stare al caldo fino alla nascita dei pulcini, infatti, qui non si parla di protezione e amore ma di rancore e risentimento, di qualcosa che si rimugina fino allo sfinimento. Non si fa la conta per potere riparare a un danno fatto ma si complotta a discapito dell’altro, implodendo per un determinato periodo (che dura anche anni) fino all’esplosione di parole contro le quali si ha poco da ridire, non solo per la violenza agita ma anche perché, essendo trascorso tempo, non si ricorda più l’episodio a cui si fa infelicemente riferimento. Si tratta della faccia nascosta di alcuni soggetti, della maschera che tengono per tanto tempo, del fatto che non manifestano a cuore aperto ciò che li ha infastiditi, ingigantendolo e fagocitandolo nell’oscurità del loro io per un forte impulso alla vendetta e alla ripicca (decisamente infantile).

Non ha alcun senso stare con una persona, che sia un partner o che sia un familiare, se ci si intossica a vicenda in questo modo, se il rapporto anzi che essere vitalizzante e costruttivo, diventa una tomba, in tutti i sensi! Quanti, fra voi, hanno desiderato o immaginato la morte di un convivente perché certi di non poter uscire dalla prigione che vi siete costruiti, anche senza che vi siano grate alle porte. All’inizio, si è accattivati, come la scimmia, da quello che fa più gola, poi, via via, si rimane invischiati a causa dei divieti parentali acquisiti, delle convinzioni, dei preconcetti e delle paure predominanti.

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