In Italia, la rete delle Rsa rappresenta un pilastro fondamentale per la cura degli anziani, delle persone con disabilità, dei minori in difficoltà e di altri soggetti fragili. Tuttavia, un’analisi dei dati del rapporto dell’Istat sulle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari nel nostro Paese rivela un quadro profondamente disomogeneo: mentre il Nord offre un sistema di assistenza più capillare ed efficiente, il Sud e in particolare la Sicilia soffrono di gravi carenze strutturali, lasciando molte famiglie senza un supporto adeguato.
Un’Italia divisa: la distribuzione delle strutture residenziali
Al primo gennaio 2023, nel nostro Paese risultavano attivi 12.363 presidi residenziali, con un totale di circa 408mila posti letto. In media, ci sono sette posti ogni 1.000 residenti, ma questo dato nasconde enormi differenze territoriali. Nel Nord-Est, ad esempio, si arriva a 10 posti letto ogni 1.000 abitanti, mentre nel Sud questa cifra scende drasticamente a tre posti letto.
I DATI DEL REPORT ISTAT
Questa disparità si traduce in un accesso molto più limitato ai servizi di assistenza per gli abitanti delle regioni meridionali. Le conseguenze sono evidenti: maggiore carico sulle famiglie, strutture ospedaliere sotto pressione e un numero crescente di anziani e persone fragili che restano senza un’adeguata assistenza.
Gli ospiti delle residenze sono circa 362.850, di cui tre quarti sono anziani. Il personale impiegato nelle strutture ammonta a quasi 337mila lavoratori, ma a questi si aggiungono circa 33mila volontari e 3.700 operatori del servizio civile. Il 12% del personale è di origine straniera, con due terzi provenienti da paesi extraeuropei, un dato che conferma la crescente dipendenza del settore da lavoratori migranti.
Se si guarda alla situazione dei minori, emerge un altro elemento preoccupante: il 36% degli ospiti sotto i 18 anni è accolto nelle strutture residenziali a causa di problemi economici, incapacità educativa o difficoltà psico-fisiche dei genitori. Inoltre, tra gli anziani, l’81% risulta non autosufficiente e circa 174mila hanno più di 80 anni.
Tutto questo dimostra che il sistema di assistenza residenziale italiano è sotto pressione e fatica a rispondere ai bisogni crescenti della popolazione, specialmente nelle aree meno sviluppate.
Sicilia: una regione in emergenza
Se il Sud nel suo complesso soffre di una carenza strutturale nel settore assistenziale, la Sicilia si trova in una posizione particolarmente critica. Nell’isola, la disponibilità di posti letto è tra le più basse d’Italia: appena tre ogni 1.000 residenti, una cifra ben lontana dalla media nazionale e ancor più distante dagli standard delle regioni settentrionali.
Questa situazione diventa ancora più preoccupante se si guarda alla capacità di accogliere gli anziani non autosufficienti. Mentre nel Nord-Ovest si contano 28 posti letto ogni 1.000 residenti anziani e nel Nord-Est si arriva a 31, in Sicilia il numero si ferma a sei. Questo significa che per un anziano siciliano non autosufficiente è cinque volte più difficile trovare un posto in una struttura rispetto a un coetaneo residente nel Nord.
La mancanza di strutture adeguate costringe molte famiglie a farsi carico direttamente dell’assistenza ai propri cari, spesso senza un supporto adeguato da parte delle istituzioni. Inoltre, questa carenza aumenta il rischio di ricoveri impropri negli ospedali, che si trovano così a dover gestire pazienti che in realtà avrebbero bisogno di un’assistenza a lungo termine in una residenza specializzata.
Oltre al numero insufficiente di strutture, un altro elemento di difficoltà riguarda la loro gestione. Nel Nord, il settore pubblico è più coinvolto nella gestione diretta, mentre al Sud, Sicilia compresa, il peso degli enti non profit è molto più rilevante. Questo significa che spesso la qualità dell’assistenza dipende dalla capacità di queste organizzazioni di reperire fondi e gestire le risorse, con risultati variabili e discontinui sul territorio.
Inoltre l’isola è una delle regioni con il più alto numero di minori stranieri non accompagnati, una situazione legata alla sua posizione geografica e ai continui sbarchi di migranti.
Questo fenomeno pone problematiche enormi per il sistema assistenziale regionale, che spesso si trova a gestire un numero di minori superiore alle sue reali capacità. La mancanza di strutture adeguate costringe molti ragazzi a restare in centri di accoglienza temporanei per periodi più lunghi del previsto, con tutte le difficoltà che ne conseguono in termini di integrazione e benessere psicologico.
Anche per gli adulti in difficoltà la situazione non è migliore. Molti ospiti delle strutture residenziali siciliane sono senza fissa dimora, immigrati in condizioni di disagio economico o donne vittime di violenza. In un contesto dove il welfare locale è già fragile, queste categorie rischiano di essere ulteriormente penalizzate.
Perché la Sicilia è così indietro? E quali soluzioni?
Le cause di questa situazione sono molteplici secondo quanto indicato nel report. In primo luogo, c’è un problema di investimenti: i fondi destinati all’assistenza residenziale nelle regioni del Sud sono storicamente più bassi rispetto al Nord, e la Sicilia non fa eccezione.
Un altro fattore critico è la frammentazione della gestione. Molte strutture sono di piccole dimensioni e non sempre riescono a offrire un servizio efficiente e ben integrato con il sistema sanitario. Questo porta a una forte dipendenza dai servizi ospedalieri, che finiscono per essere sovraccaricati.
Inoltre, la Sicilia si trova a fronteggiare una forte pressione migratoria, che assorbe parte delle risorse disponibili e rende ancora più difficile garantire un servizio efficace a tutti i cittadini in difficoltà.
Per colmare il divario con il resto d’Italia, servirebbero interventi mirati su più fronti. Prima di tutto, sarebbe necessario un aumento significativo degli investimenti pubblici per creare nuove strutture e potenziare quelle esistenti.
Un altro aspetto importante riguarda la gestione: un maggiore coinvolgimento del privato sociale, con incentivi per le organizzazioni non profit, potrebbe migliorare la qualità del servizio. Inoltre, il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare potrebbe ridurre la necessità di ricoveri in struttura e migliorare la qualità della vita di molti anziani e persone fragili.
Non ultimo, anche la formazione e la stabilizzazione del personale sono elementi chiave: troppi operatori lavorano con contratti precari o a tempo parziale, il che riduce la qualità dell’assistenza.