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L'intervista

Ruggero Razza: “La Sicilia sfrutti gli investimenti europei, cruciale il ruolo dell’Isola nel Mediterraneo”

mercoledì 11 Settembre 2024

Ruggero Razza, eurodeputato di Fratelli d’Italia e componente delle Commissioni Budget e Sant (Bilancio e Sanità) del Parlamento europeo, ribadisce la futura centralità della Sicilia e del Mediterraneo in Europa negli anni a venire.

Come sta andando questo primo mese a Bruxelles?

“Sto cercando gradualmente di ambientarmi. Ci sono regolamenti e norme che devono essere conosciute e, quindi, per prima cosa si studia! Senza tralasciare di lavorare sui dossier delle due commissioni in cui sono presente. In Budget abbiamo avviato la discussione generale sul bilancio dell’Unione europea del 2025 e, in quella sede, ho presentato le nostre priorità: i primi emendamenti riguardano il ripristino delle risorse tagliate dal Consiglio in alcuni settori strategici. Abbiamo posto attenzione al programma investEU per sostenere con maggiori risorse i fondi di garanzia per gli investimenti che vengono realizzati dalle imprese. Siamo poi intervenuti per il potenziamento di Frontex, del fondo europeo di protezione civile, per il settore agricolo, per la ricerca scientifica e abbiamo chiesto di revocare tutti i tagli al programma EU4Health, che sostiene la sanità”.

 

Alla luce della crescente attenzione dell’Europa verso il Mediterraneo, quali sono le azioni concrete che il governo italiano e l’Unione Europea stanno pianificando per il futuro?

C’è una consapevolezza diffusa che il Mediterraneo, anche grazie all’azione del presidente Meloni con il nostro Piano Mattei, sia entrato finalmente nell’agenda politica dell’Europa. La presidente von der Leyen ha parlato della volontà di nominare un Commissario con competenze sul Mediterraneo. Ovviamente per noi non bastano gli atteggiamenti meramente dichiarativi, ma serve che ci siano azioni conseguenti, a partire da una più strutturata cooperazione tra l’Europa e l’Africa. Abbiamo visto che dove sono stati fatti accordi di collaborazione le partenze di migranti verso l’Europa sono diminuite fino al 70-80%. Finora questi erano temi che la sinistra europea non voleva nemmeno affrontare, mentre da qualche giorno, alla luce dei deludenti risultati dei socialisti in Germania, questo tema si afferma nell’agenda politica. Però il Mediterraneo non è soltanto contrasto all’immigrazione, ma è attenzione geopolitica ad un continente che oggi vede una preminenza di interessi russi e cinesi”.

La Sicilia è comunque un’Isola che si pone come piattaforma logistica ed energetica, una cerniera tra Sud e Nord del mondo.

“Certamente e non devo ricordare io come il governo nazionale abbia scommesso sulla Sicilia, proprio dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. Ma non si deve dimenticare il mare: il governo del presidente Meloni, con la istituzione del Comitato interministeriale per il mare, ha individuato un settore di centrale interesse nazionale. Nei giorni scorsi è stata pubblicata una ricerca che evidenzia come per l’Italia la risorsa mare valga 178 miliardi di euro. Un impatto così importante necessita investimenti crescenti, una pianificazione adeguata e una progettualità di lungo periodo. Non è un caso se il primo piano del mare sia arrivato nel primo anno di vita del governo Meloni, su iniziativa del presidente e del ministro Musumeci. La Sicilia deve essere pronta per questi importanti investimenti.

Che prospettive ci sono per la Sicilia in Ue?

“Diciamoci la verità: senza il contributo dell’Unione europea difficilmente avremmo potuto contare soltanto sulle risorse del bilancio. La somma dei fondi europei (Fesr, Psr, Fse+, Feamp, Fsc) e dei fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza supera la cifra di 30 miliardi di euro per il solo ciclo di programmazione che si chiude tra il 2026 e il 2027 quindi, sostanzialmente, viene dall’Unione la spinta alla crescita economica dell’Isola. Non deve meravigliare se tutti gli osservatori oggi parlano di riscossa del Mezzogiorno perchè l’impostazione di Fratelli d’Italia è credere nelle potenzialità di questo territorio: meno sussidi, più investimenti“.

Considerando il ruolo cruciale che la Sicilia potrebbe giocare nei grandi investimenti in ricerca e infrastrutture, quali strategie dovrebbero essere adottate per attrarre risorse europee nel settore della sanità? E per quanto riguarda le nomine dei manager?

“Per fortuna non entro più nelle vicende di sanità che riguardano la Sicilia da quasi due anni. Non è un tema di cui mi occupo e non mi pare elegante dare giudizi su chi oggi ha responsabilità. Quello che mi interessa, invece, è operare qui a Bruxelles per fare in modo che anche la Sicilia riesca ad essere attenta ai grandi investimenti che arrivano dall’Unione europea. Prima ho parlato dei fondi diretti per la ricerca, del programma EU4Health: mi piacerebbe che dalle nostre parti si abbia la voglia e la forza di guardare a queste opportunità, come accade nelle altre Regioni e negli altri Stati dell’Unione”.

Come giudica l’attuale governo regionale e le sue scelte amministrative?

“Io ho fatto parte di un governo che ha guidato la Sicilia per 5 anni. Quello di oggi è in continuità politica con quello a cui ho partecipato io, ma non è in continuità amministrativa. Per carità tutto legittimo, ma va detto che ci sono state scelte in alcuni casi diametralmente opposte e in altri mai discusse. Lo dico senza nessuno spirito di polemica, ma solo con l’auspicio che si possa aprire almeno una discussione perché confrontarsi sulle priorità non è mai una eresia. Il valore del confronto lo dimostra la serietà con cui il presidente dell’Ars, ad esempio, dialoga con tutta la maggioranza e garantisce terzietà all’opposizione”.

In più c’è un clima positivo tra Roma e Palermo che negli anni scorsi non esisteva.

“Certamente. Gli obiettivi più importanti finora raggiunti sono dovuti alla grande sensibilità con cui il governo nazionale di Giorgia Meloni guarda alla Sicilia. Capisco che le opposizioni preferiscano dimenticarlo, ma noi abbiamo il dovere di ricordarlo. Ovviamente nello spirito di unità e di lavoro comune, perché proprio l’esperienza di cinque anni difficili passati deve ricordarci che l’unità della coalizione è un bene da non sciupare perché offre l’indispensabile stabilità dalla quale derivano le azioni di buon governo del territorio”.

 

 

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