Nonostante il lungo trascorrere del tempo, a 129 anni dalla nascita, il ricordo di Sandro Pertini nel cuore degli italiani è ancora vivo. È stato il presidente più amato dagli italiani e la sua popolarità oltrepassò i confini del Paese.
Molti ricordano la sua eccentricità, l’insofferenza per ogni inutile protocollo, la sua umanità e gli atteggiamenti spontanei, ma occorre anche ricordare che fu un saggio e rigoroso interprete della sua funzione di presidente della Repubblica.
Fu, infatti, rispettoso delle prerogative costituzionali in una Repubblica come la nostra che non è a regime presidenziale, ma questo non impedì anzi stimolò maggiormente Pertini ad intervenire con la presenza, con i messaggi, con i gesti, ogni qualvolta si manifestavano carenze, errori, ritardi del governo o del parlamento interpretando pienamente lo spirito e i compiti che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica.
A tal proposito occorre ricordare la dura protesta e la severa denuncia verso i ritardi degli aiuti da parte del Governo di fronte al terribile terremoto che aveva sconvolto l’Irpinia nel 1980.
Egli è stato un grande protagonista di una intera fase della storia d’Italia dando prova di una grande coerenza tra pensiero e azione, mostrando sempre grande coraggio, una tempra eccezionale forgiate prima tra le due Guerre Mondiali, poi la sfida allo squadrismo fascista, i lungi anni trascorsi in carcere per il suo antifascismo e poi la avventurosa evasione e l’esilio in Francia e poi la lotta clandestina, la Resistenza, e infine la costruzione della Repubblica e l’elezione alle più alte cariche dello Stato.
Si racconta che mentre si preparava l’evasione dal carcere di Regina Celi di un gruppo di detenuti antifascisti tra cui vi era Pertini e Giuseppe Saragat, anche egli futuro presidente della repubblica, entrambi socialisti, l’organizzatore dell’evasione fece sapere che dovevano essere solo cinque mentre quelli si erano organizzati per sei. A questo punto Pertini disse: “Rimango io, l’importante che da qui esca Saragat, che sarà più utile di me alla lotta partigiana”, riconoscendo al suo compagno di partito più di lui un valore e una maggiore utilità alla causa, ma a questo punto ci fu la reazione degli altri detenuti che dissero : o tutti e sei o nessuno, e cosi Pertini usci dal carcere.
L’idea e i valori ai quali Pertini rimase sempre fedele erano quelli del socialismo riformista e in particolar verso il suo fondatore Flippo Turati egli ebbe quasi una venerazione al punto che rispetto al tu che si usava tra i compagni della sinistra egli di rivolgeva a Turati dandogli rispettosamente sempre del lei. Un ideale socialista che per Pertini ebbe un momento alto nel sacrificio di Giacomo Matteotti, assassinato dai fascisti, per cui il legane tra socialismo e la libertà e la democrazia gli apparve cementato da un legane indissolubili.
In un tempo come quello che stiamo vivendo in cui prevalgono egoismi, individualismi e particolarismi che vengono addirittura presentati come valori positivi ammantati da successo individuale per cui i fini giustificano i mezzi, l’esempio di una vita vissuta con coerenza e con coraggio per il Bene Comune come quella di Sandro Pertini sono un punto di riferimento da cui trarre insegnamenti e stimolo per un rinnovato impegno civile in grado arrestare la regressione civile, democratica e umana che il mondo sta attraversando.
A tal proposito mi piace citare la testimonianza di Jorge Luis Borges che incontrò Pertini al Quirinale nel febbraio del 1985: “Non dimenticherò mai quel dialogo con Sandro Pertini……l’ultima caratteristica di un’anima è qualcosa che sentiamo immediatamente con certezza misteriosa. Mi bastò una mattinata di marmi e di sole per confermare ciò che già sapevo, ciò che nessuno ignora, sulla rettitudine e la visione di un uomo esemplare”.
Di Elio Sanfilippo