Un sistema sanitario che arranca e non riesce a garantire standard minimi di equità e qualità. È questa l’immagine della Sicilia che emerge dall’8° Rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale. I numeri parlano chiaro e compongono una fotografia impietosa. Meno risorse rispetto alla media nazionale, aspettativa di vita più bassa, carenze di personale, squilibri strutturali e forti ritardi nell’attuazione degli interventi del PNRR.
Finanziamenti insufficienti e rinuncia alle cure
Il primo elemento che balza agli occhi riguarda il finanziamento del sistema sanitario regionale. Nel 2023 la Sicilia ha ricevuto un finanziamento pro-capite dal Fondo Sanitario Nazionale pari a 2.079 euro, cifra salita a 2.166 euro nel 2024. Un incremento che, tuttavia, non basta a colmare il divario con il resto d’Italia: la media nazionale si attesta infatti a 2.181 euro pro-capite. Il criterio demografico utilizzato per il riparto, che assegna meno risorse alle regioni con una popolazione più giovane, penalizza fortemente l’Isola.
Questo sottofinanziamento incide direttamente sull’accesso alle cure. Secondo i dati del 2024, infatti, il 9% dei cittadini siciliani – circa 432 mila persone – ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria. Una percentuale di poco inferiore alla media nazionale (9,9%), che tuttavia certifica le difficoltà crescenti di una parte consistente della popolazione ad accedere ai servizi.
Una vita più breve: Sicilia penultima per aspettativa
La condizione generale di salute dei siciliani trova un riflesso evidente nell’aspettativa di vita. Alla nascita, in Sicilia, un cittadino può contare in media su 82,1 anni, ben al di sotto della media nazionale di 83,4. Si tratta di un dato che colloca l’Isola al penultimo posto in Italia, confermando un divario che non è soltanto statistico, ma che incide concretamente sulla qualità della vita e sull’assistenza ai cittadini.
Personale sanitario: il nodo degli infermieri
Un altro capitolo critico è quello del personale sanitario. Nel 2023 la Sicilia contava complessivamente 9,4 unità di personale sanitario dipendente ogni 1.000 abitanti, contro una media nazionale di 11,9. Ma se i medici dipendenti risultano 1,94 ogni 1.000 abitanti, un dato leggermente superiore alla media nazionale (1,85), la situazione è allarmante sul fronte degli infermieri: appena 3,53 ogni 1.000 abitanti (media nazionale 4,7). È il valore più basso d’Italia.
Questo squilibrio si riflette nel rapporto medici/infermieri, che in Sicilia è pari a 1,82, contro una media nazionale di 2,54. In sostanza, il sistema siciliano è sbilanciato verso la presenza di medici, ma soffre di una carenza drammatica di infermieri, con effetti diretti sull’assistenza quotidiana e sulla presa in carico dei pazienti.
LEA: Sicilia penultima e inadempiente
L’incapacità di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) rappresenta un’altra ferita aperta. Nel 2023 la Sicilia ha totalizzato 173 punti su 300, piazzandosi penultima in Italia e risultando inadempiente secondo il Nuovo Sistema di Garanzia.
Nel dettaglio, l’Isola occupa il 21° posto per prevenzione collettiva e sanità pubblica, il 19° per assistenza distrettuale e il 13° per assistenza ospedaliera. Rispetto al 2022 il punteggio complessivo è peggiorato di 11 punti, segnale di un arretramento che pesa ulteriormente sulla capacità del sistema di rispondere ai bisogni della popolazione.
La fuga dei pazienti
Un altro indicatore delle difficoltà del sistema siciliano è rappresentato dalla mobilità sanitaria. Nel 2022 il saldo è stato fortemente negativo: -241,8 milioni di euro, con la Sicilia che si colloca al sesto posto per debiti. Molti cittadini, insomma, continuano a scegliere di curarsi fuori regione.
A ciò si aggiunge un ruolo marginale delle strutture private accreditate, che in Sicilia erogano solo il 37,6% del valore totale della mobilità attiva regionale, contro una media nazionale del 54,4%.
I medici di base: carichi più leggeri, ma numeri preoccupanti
Il quadro dei medici di medicina generale presenta luci e ombre. Se da un lato solo il 25,5% supera il massimale di 1.500 assistiti (contro una media italiana del 51,7%), dall’altro lato il numero medio di pazienti per medico è di 1.161, inferiore alla media nazionale (1.374). Questo dato potrebbe sembrare positivo, ma in realtà riflette una riduzione complessiva della capacità assistenziale, che non si traduce in un migliore servizio per i cittadini.
PNRR: pochi progressi, molti ritardi
Infine, il capitolo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza evidenzia ulteriori criticità. Al 30 giugno 2025, delle 161 Case della Comunità programmate, solo 9 hanno attivato servizi (5 con tutti i servizi previsti, di cui appena 2 con presenza di medici e infermieri). Situazione migliore per le Centrali Operative Territoriali, tutte pienamente funzionanti e certificate. Ma sugli Ospedali di Comunità il ritardo è pesante: su 48 programmati, solo 4 sono stati attivati, pari all’8%.
Una fotografia impietosa
Quella tracciata dal Rapporto GIMBE è una fotografia che non lascia spazio a interpretazioni. La sanità siciliana resta tra le più fragili d’Italia, penalizzata da sottofinanziamenti, squilibri strutturali, inefficienze croniche e ritardi nell’attuazione dei programmi di riforma.
I numeri non sono solo statistiche fredde ma raccontano il disagio quotidiano di centinaia di migliaia di cittadini che, nell’Isola, faticano ad accedere a cure tempestive e adeguate. E dietro questi dati si intravede un rischio ancora più profondo, quello di una strada spianata verso il privato, con un sistema pubblico sempre meno in grado di garantire universalità ed equità nelle cure.